
L'Antimafia scoppia sulla scrivania del Procuratore nazionale Giovanni Melillo, costretto a degradare un magistrato di punta della Dna come Michele Prestipino, già capo della Procura di Roma, accusato di «rivelazione di segreto d'ufficio». La leggerezza di aver avvisato informalmente l'ex prefetto e amico Francesco Gratteri (oggi consulente per la sicurezza di Eurolink) di alcune indagini sulle cosche calabresi e sulle infiltrazioni dei clan nelle imprese del Nord gli costa la reputazione, la poltrona all'Antimafia e chissà cos'altro. Tirato per la giacchetta anche un altro (ex) supersbirro come Gianni De Gennaro, presidente di Eurolink, ovvero General Contractor per la progettazione e la costruzione del Ponte sullo Stretto, intercettato dalla Procura di Caltanissetta e presente anche lui allo sciagurato pranzo con Gratteri e Prestipino di qualche giorno fa.
Sappiamo così che l'ex capo della Polizia è intercettato dai pm di Caltanissetta che indagano sulle stragi mafiose del '92 e che hanno messo nel mirino anche il mentore di Prestipino, ovvero Giuseppe Pignatone, che con l'ormai ex pm antimafia ha lavorato a Palermo, Reggio Calabria e Roma, accusato a sua volta di aver insabbiato un dossier per favorire imprenditori in odore di mafia e aver compromesso così una delle piste investigative sui possibili veri mandanti della morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nella sciagurata estate del 1992.
Da inquirenti, Prestipino e Gratteri con De Gennaro hanno messo a segno diversi colpi contro le cosche calabresi e siciliane e sono da tempo in relazioni confidenziali. È naturale che il management di grandi società con un passato in divisa senta la necessità di interfacciarsi con inquirenti con cui si è lavorato, sono dinamiche che andrebbero «normate» più che impedite, in nome del comune interesse dello Stato e delle imprese di arginare il più possibile le inevitabili infiltrazioni. È per questo forse che Prestipino al momento si è avvalso della facoltà di non rispondere, strategia scelta dal suo legale Cesare Placanica contro accuse definite «lunari» e piene zeppe di altri «aspetti controversi» che verranno chiariti in un successivo interrogatorio. Ad aver tradito la confidenza di Prestipino sarebbe stato Gratteri, che secondo il Ros avrebbe rivelato ad alcuni indagati le informazioni segrete fornite da Prestipino, «vanificando così diverse inchieste».
Da qui la necessità di Melillo di sacrificare comunque il pm per non compromettere ulteriormente altre indagini sul condizionamento mafioso delle attività d'impresa collegate alla realizzazione del Ponte: «Con effetto immediato gli ho revocato le deleghe di coordinamento investigativo a lui attribuite», scrive il Procuratore nazionale antimafia, che rassicura «sulla completezza e sulla tempestività delle investigazioni» della grande opera in mano a Webuild, «da sempre impegnata sul fronte del contrasto delle infiltrazioni mafiose in tutti i cantieri secondo le policy di legalità e trasparenza», dice una fonte vicina alla società.
«Ci sono molti dubbi sulle accuse - dice invece il legale di Prestipino - sia in ordine alla utilizzabilità del materiale probatorio su cui si fonda la provvisoria incolpazione, sia rispetto alla competenza territoriale del tribunale di Caltanissetta». In effetti, di chi sia l'indagine è un bel rebus. Più che della procura nissena o di Perugia, Procura che indaga sui presunti reati compiuti dai magistrati capitolini, c'è una recente sentenza della Cassazione che - visto il ruolo di Prestipino nella Direzione nazionale antimafia - darebbe la competenza Roma, vedi il caso dell'ex pm antimafia Antonio Laudati, coinvolto nel presunto dossieraggio dell'ufficiale Gdf Pasquale Striano, già passata da Perugia a Piazzale Clodio.
Uno scenario che potrebbe ripetersi, con una Procura chiamata a indagare sul suo ex capo mentre il vero capo Francesco Lo Voi è nel bel mezzo di un braccio di ferro con il governo sul caso Almasri e il pasticcio Paragon.
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