
C’è il «Cardinale che ha svuotato gli alcolici del minibar di Santa Marta pensando che fossero gratis». C’è «La dolce vita dei cardinali prima del Conclave, tra cene, liquori e carciofi alla romana». C’è il Cardinale Müller fotografato al ristorante con la glacette e la bottiglia di bianco. E c’è la fotogallery del Cardinal Re, fra party e banchetti, che ha ispirato il prelato-gastronomo del film La grande bellezza... Fa sorridere, sì; ma stupisce che i giornali, con scandalizzati retroscena, si siano eccitati nel sottolineare il rapporto, a loro dire profano, ma in realtà sacro, fra la Chiesa e il vino.
Noè che addomesticò la vite selvatica e produsse il primo vino. Il sangue e il vino dell’Ultima cena. Gli ordini monastici e l’estensione della coltura della vite. La birra dei monaci trappisti. La storia antica degli amari e dei liquori prodotti nei conventi. Lo Champagne che deve il nome al monaco Dom Pérignon...
E il «Cardinale», a dirla tutta, è anche un cocktail, parente stretto del Negroni: 1/3 gin, 1/3 vermut dry, 1/3 Campari Bitter; guarnizione: scorza di limone.
Voglia Dio che i cardinali si concedano vino e Sapienza. In vino Veritas. Ma anche Fides.
L’astinenza dall’alcol lasciamola all’islam,
agli eco-fanatici del vino analcolico e ai morigerati (di solito i più dissoluti). Noi teniamoci il Vin Santo.E speriamo che il Conclave sia tutto: veloce, lungo, imprevedibile, sorprendente... Ma, almeno questo, non sobrio.
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