Cronache

Terremotati e mazziati: agli allevatori danno stalle inutili

Gli imprenditori del Centro Italia vogliono stalle provvisorie in legno. Ma Errani li obbliga alle tensostrutture. Che crollano

Terremotati e mazziati: agli allevatori danno stalle inutili

“Peggio del sisma c'è solo la burocrazia”, dicono all'unisono e con l'amaro in bocca gli allevatori del Centro Italia. Imprenditori terremotati che dopo quella maledetta sequela di scosse di agosto, ottobre e gennaio ora si trovano pure a combattere contro i ritardi e le assurdità nella gestione della ricostruzione.

Prendete il problema delle stalle, che dopo lo sciame sismico e l'ondata di maltempo sono crollate quasi tutte. Per sostituirle il governo ha previsto le famose tensostrutture, ovvero tunnel in acciaio ricoperti da un telo sotto cui far riposare le bestie. Belle, per carità. Peccato che gli allevatori le ritengano “inadeguate” per alcuni semplici motivi: "Con l'escursione termica - spiega Marco, imprenditore maceratese - si crea così tanta condensa all'interno da bagnare gli animali. Poi non ci sono finestre, la ventilazione è inesistente e le esalazioni del letame rendono l'ambiente insalubre, buio e invivibile". Una piaga, insomma. "Inoltre non proteggono gli animali dall'assalto dei lupi e non reggono neppure i carichi di neve". Lo si è visto quest'inverno: sotto il peso della neve, a Saletta (Rieti) e Gualdo di Macerata sono crollati due tunnel adibiti a stalle, mentre a Pieve Torina (Macerata) ha ceduto l'asilo provvisorio.

Investire sulle tensostrutture sembra dunque un inutile spreco di risorse. Gli allevatori non le amano e vorrebbero delle stalle in legno: costano come i tunnel (circa 35mila euro), ma sono più resistenti e adeguate alle esigenze degli animali. L'assurdità è che nessuno abbia pensato di chiedere prima agli allevatori cosa preferissero. E così la burocrazia inesorabile ha fatto il suo corso. Per ottenere le stalle ora gli imprenditori possono scegliere se demandare il tutto alla Regione oppure organizzarsi in autonomia, chiedendo poi il rimborso agli enti locali. E qui sorge l'ulteriore beffa. Logica vorrebbe che chi opta per la soluzione autonoma sia libero di scegliere la struttura che predilige. E invece un'ordinanza firmata dal commissario alla ricostruzione,Vasco Errani, li obbliga comunque a costruire le tensostrutture. Perché? "Dicono che quelle in legno sono strutture definitive anziché provvisorie - spiega Scolastici - Ma non è vero: si smontano nello stesso tempo e con una spesa identica". Tutte scuse, insomma.

Intanto i giorni passano e gli imprenditori devono fare i conti anche con i ritardi nei pagamenti. Molti allevatori non hanno ricevuto in tempo neppure i soldi delle “indennità compensative”, elargizioni concesse alle aziende agricole che lavorano in zone montane in cui è difficile fare impresa. Le risorse provengono dal Programma di Sviluppo Rurale dell'Ue e sono gestite dall'Italia attraverso l'ente pubblico “Agea”: l'Ue finanzia, Agea paga e gli allevatori incassano. Semplice. O almeno così dovrebbe essere. Gli imprenditori infatti hanno atteso inutilmente il bonifico entro dicembre e l'hanno ricevuto solo mercoledì, due mesi oltre la scadenza e dopo un tira e molla tra il governo e l'Unione Europea.

E pensare che quelle somme avrebbero alleviato le ferite dell'emergenza. "Se ci fossero arrivati subito i 2mila euro dell'indennità compensativa – dice Silvia, allevatrice - avremmo potuto comprare una roulotte e rimanere vicini alle pecore". Invece sono stati trasferiti per mesi in un hotel sulla costa. “La burocrazia post-terremoto è l'ennesima mazzata", lamenta avvilita.

"Se l'obiettivo del governo è quello cacciarci da queste montagne, ci sta riuscendo".

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