Terremoti? Il 44% del Paese è soggetto

Il territorio italiano è ad alto rischio naturale. Con il 44 per cento del Paese che può essere colpito da terremoti e il 60 per cento degli edifici costruiti prima delle norme antisismiche, intervenire per gli adeguamenti delle costruzioni appare di massima urgenza

Il territorio italiano è ad alto rischio naturale. Con il 44 per cento del Paese che può essere colpito da terremoti e il 60 per cento degli edifici costruiti prima delle norme antisismiche, intervenire per gli adeguamenti delle costruzioni appare di massima urgenza. Così come con il 10 per cento del territorio esposto al rischio frane e alluvioni si dovrebbe al più presto mettere in sicurezza fiumi, torrenti e colline. Invece, la prevenzione rimane lettera morta. Secondo i dati diffusi nel primo Rapporto Ance-Cresme sul tema, le aree a elevato rischio sismico interessano il 36% dei comuni e vi risiedono 21,8 milioni di persone, con 5,5 milioni edifici tra residenziali e non. Le aree a elevata criticità idrogeologica interessano, invece, cioè l’89% dei comuni, dove abitano 5,8 milioni di persone e vi sono oltre 1,2 milioni di edifici. Come si è visto in Emilia, particolarmente esposti al rischio sono i capannoni, che richiedendo ampi spazi costruttivi e spesso si trovano ai margini delle città. Al convegno il presidente dell’Ance, Paolo Buzzetti ha invocato una sorta di piano «keynesiano» per la «manutenzione del territorio, per salvare vite umane e per creare sviluppo e occupazione». Anche per il ministero dell’Ambiente è urgente un piano nazionale per la sicurezza e la manutenzione del territorio, con investimenti ventennali pari a 1,2 miliardi di euro all’anno, ma dal 1991 al 2011 risultano finanziati interventi per circa 10 miliardi di euro, meno di 500 milioni all’anno, per l’80% gestiti dal ministero. E anche quelli sono in larga parte finiti ad altro. Per il viceministro delle Infrastrutture Mario Ciaccia «i tempi tecnici per l'avvio del Piano nazionale per la manutenzione e la messa in sicurezza del territorio dai rischi idrogeologici e sismici richiederà un arco di tempo non breve, data l'esigenza di conseguire il concorso regionale e suggerirei uno strumento ausiliario che possa fare da scintilla per accendere subito i motori del Piano:far leva direttamente sui Comuni, con nuove risorse da reperire nelle pieghe del bilancio oltre alla già molto utile riduzione dei vincoli del Patto di stabilità». Quanto alla governance di questo «motore di avviamento» del Piano, per Ciccia, «può immaginarsi una sorta di Cabina di regia, da porsi nell’ambito del Ministero dell’ambiente e composta da rappresentanti dei vari livelli di governo interessati, per selezionare i progetti di intervento presentati dai Comuni». Il Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, teme però che «i registi senza copione facciano fatica a lavorare» e chiede ai costruttori di partecipare ad un gruppo di lavoro per esplorare meccanismi finanziari per far ripartire gli investimenti. La proposta di Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti e quella di identificare e perimetrare, con la collaborazione di alcuni Comuni, aree a grave rischio idrogeologico o sismico, nelle quali la situazione di degrado del patrimonio edilizio si accompagni a quella sociale. Si dovrebbe poi disegnare, su queste «Zone-Zero», un masterplan che abbia il compito di definirne esclusivamente le volumetrie ed i profili, indipendentemente dalla pianificazione già approvata, lasciando che le uniche regole siano: il consumo del suolo a zero, la sicurezza sismica, la passivazione degli edifici, il ciclo dei rifiuti risolto alla fonte, una mobilità alternativa, il risparmio idrico, il rispetto dei vincoli monumentali. I fondi necessari per gli interventi previsti dai piani regionali per l’assetto idrogeologico, hanno il valore di 40 miliardi di euro (68% al Centro-Nord e 32% al Sud). Finora si è investito molto meno. Secondo l’Ance è in calo il mercato dei lavori per il dissesto idrogeologico.

«In 10 anni (2002-2012) i bandi di gara per lavori di sistemazione e prevenzione del dissesto idrogeologico rappresentano, rispetto all’intero mercato delle opere pubbliche, solo il 5% per numero di interventi e il 2% per importi di gara. A partire dal 2007 il mercato ha registrato un deciso ridimensionamento, e la situazione potrebbe aggravarsi stando al debole risultato dei primi 6 mesi del 2012 (solo 301 gare)».

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