Sotto la tettoia di legno si sono radunati in una quindicina, quattro famiglie che abitano lungo via Einstein a Massa Finalese. Due tavoli uniti, seggiole pieghevoli, in un angolo la griglia per la carne, su uno sgabello la macchina per il caffè espresso. In una vaschetta di plastica nuota un pesce rosso, unico sopravvissuto dell’acquario mandato in frantumi dalle scosse. Per terra un boccione d’acqua dal quale grandi e bambini si tengono a distanza: è il loro personalissimo sismografo. La superficie che s’increspa è il segnale dell’ennesima scossa. E ieri la terra non ha smesso di tremare.
Davanti, lungo la strada, sono parcheggiati i loro giacigli. Auto dai vetri appannati piene di coperte, piumini, maglioni, peluche. Una felpa pende dallo specchietto retrovisore. Una bimba mostra un bernoccolo rosso sulla fronte: «Sono caduta correndo giù dalle scale». Gli adulti fanno il conto delle industrie inagibili, sarebbero oltre cinquemila i posti di lavoro a rischio. Poco distante, di un capannone è rimasta soltanto la facciata fronte strada e lungo un canale di bonifica l’ex salumificio Bellentani, una lunga costruzione in mattoni abbandonata da fine anni ’70, è un rudere irto di travi spezzate che spuntano dalle macerie.
Siccome sono costretti a stare a casa, meglio organizzarsi. Uno pensa a dove recuperare una piattaforma per sistemare le tegole, un altro raccoglie gli ordini per la spesa in uno dei rari supermercati aperti in zona: bisogna ripristinare le scorte, il cibo comincia a scarseggiare. È la vita dello sfollato. In paese la gente perde ore davanti alla camionetta rossa dove i vigili del fuoco raccolgono le segnalazioni di verifiche urgenti.
Piove a dirotto e fa freddo. Il sole si è fatto largo soltanto dopo le due del pomeriggio. La vita tra auto e tettoia è dura. Ma nessuno pensa a trovare riparo nella tendopoli allestita nel campo sportivo. Succede a Massa Finalese come in tutti i centri colpiti dal sisma. Meglio dormire in macchina piuttosto che nel pantano.
Gli ingressi delle tendopoli sono presidiati da stranieri. Nigeriani, marocchini, egiziani, slavi, tantissime donne velate. Gli uomini si appoggiano alle auto, le donne cercano di farsi largo e conquistare le tende. Anche il terremoto ha la sua burocrazia. Chi vuole un posto al coperto deve presentarsi alle roulotte-anagrafe del comune con i documenti, compilare moduli e dimostrare di abitare in una casa inagibile. Precedenza ad anziani, disabili e famiglie con bambini, poi tutti gli altri. Se l’abitazione non ha lesioni, gli abitanti devono tenersi la paura e rassegnarsi all’auto.
Ma anziani e handicappati vengono tenuti dai parenti in casa, se è agibile, oppure in macchina. «Non lascerei mai i miei genitori soli in questi momenti», dice una signora davanti a una gelateria di Sant’Agostino. Così la precedenza nelle prenotazioni delle tende va alle mamme con bambini. Che sono tutte, o quasi, straniere.
Da Sant’Agostino a Finale Emilia, le tendopoli ospitano pressoché solo immigrati. Arrivano con i piccini in braccio e abitano in edifici rurali danneggiati. I più fortunati dispongono di tende blu con luce e riscaldamento, per gli altri è questione di pazientare qualche altra ora.
Pochissimi italiani hanno scelto le tendopoli. Preferiscono arrangiarsi anche per farsi da mangiare o sistemare i tetti pericolanti. Le operazioni di controllo sulla staticità degli edifici potrebbero durare settimane e il fai-da-te non ha alternative. Il numero degli sfollati è cresciuto rispetto alle prime stime di circa tremila persone. Ieri erano quasi il doppio: tremila in provincia di Modena, 1.500 nel Ferrarese e il resto tra le province di Bologna e Mantova. Entro oggi dovrebbe essere completato l’allestimento dei campi di prima accoglienza sotto il coordinamento della Regione Emilia Romagna e la collaborazione di altre cinque regioni (Umbria, Marche, Trentino, Friuli Venezia Giulia, Toscana). I volontari coinvolti sono un migliaio. Prima di montare le tende occorre eliminare il pantano, e decine di camion fanno la spola da una tendopoli all’altra scaricando ghiaino.
Tra domenica e ieri la gran parte delle popolazioni senza tetto ha dormito in auto.
I posti tenda erano ancora pochi e comunque tanti hanno preferito non allontanarsi troppo dalle proprie abitazioni. La casa, la famiglia, i parenti più bisognosi. Il terremoto ha costretto la gente d’Emilia a rifare ordine tra le loro priorità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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