È stata aperta un'inchiesta in merito al suicidio di Roberto Del Gaudio, morto suicida all'interno di una cella della casa circondariale delle Vallette di Torino, dove si trovava detenuto. A finire al centro delle indagini avviate dai pubblici ministeri Francesco Pelosi e Giulia Marchetti della procura della Repubblica torinese, gli agenti della polizia penitenziaria presenti al momento del drammatico episodio.
Del Gaudio, 65enne residente nel quartiere di Santa Rita con la moglie Brigida De Maio, di un anno più giovane, finì dietro le sbarre proprio in seguito all'omicidio della consorte, avvenuto durante la mattinata dello scorso 18 agosto. In seguito ad un litigio, l'uomo aveva ucciso la 64enne servendosi di una sgorbia da falegname.
Poche ore dopo l'accaduto, gli agenti della questura di Torino avevano raggiunto l'appartamento sito in corso Orbassano in seguito ad una segnalazione, ed avevano provveduto a porre in stato di fermo Del Gaudio, poi tradotto in carcere.
A pochi mesi di distanza dall'ordinanza di custodia cautelare, il suicidio.
Durante la serata di domenica 10 novembre, il 65enne, che soffriva di problemi mentali, aveva infatti posto fine alla propria vita, impiccandosi all'interno della sua cella con l'ausilio di alcuni indumenti.
Inutile il tempestivo intervento dei soccorsi, allertati subito dopo il rinvenimento del detenuto. Del Gaudio è deceduto quel giorno stesso.
Sul caso è stata dunque avviata un'inchiesta, così da far luce sulle esatte dinamiche della vicenda e risalire alle eventuali responsabilità del personale del penitenziario. Ciò che gli inquirenti tentano di capire è se il 65enne si sarebbe potuto salvare e che cosa stessero facendo le guardie nei momenti in cui l'uomo si stava preparando a compiere il gesto estremo.
Dai primi accertamenti è subito emerso un fatto piuttosto grave: i monitor attraverso i quali gli agenti di polizia penitenziaria hanno il compito di sorvegliare i detenuti, soprattutto i più “difficili” come Del Gaudio, del quale già si temevano gesti pericolosi, non erano funzionanti.
Non solo. Grazie alle immagini registrate dalle videocamere presenti all'interno della struttura penitenziaria è emerso che il 65enne ha impiegato almeno 20 minuti per prendere il proprio pigiama, scelto come mezzo tramite cui impiccarsi, legarlo fermamente alla finestra della cella ed uccidersi.
Durante quell'arco di tempo, nessuno avrebbe controllato il detenuto, che ha quindi potuto agire senza che uno degli agenti in servizio intervenisse per fermarlo.Queste sono le dichiarazioni dei pm, che richiamano i poliziotti alle loro responsabilità. Se le accuse dovessero rivelarsi fondate, gli agenti coinvolti potrebbero essere accusati di omicidio colposo.
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