Cronache

"Toscani non sa nulla del popolo veneto..."

Eddy Furlan, presidente emerito dell’Associazione Italiana Sommelier, risponde a Toscani

"Toscani non sa nulla del popolo veneto..."

“I veneti sono un popolo di ubriaconi, alcolizzati atavici, i nonni, i padri, le madri: poveretti i veneti, non è colpa loro se uno nasce in quel posto, è un destino. Basta sentire l'accento veneto: è da ubriachi, da alcolizzati, da 'ombretta', da vino”: ipse dixit, lui così parlò, laddove lui sta per Oliviero Toscani, fotografo e provocatore di professione. L’intemerata anti-veneta durante la diretta radiofonica della trasmissione “La zanzara” del 2 febbraio 2015. Quattro giorni fa la sentenza 24065 della V sezione penale della Cassazione ha confermato l’archiviazione disposta dalla sentenza d’appello. Quattro cittadini veneti avevano infatti denunciato Toscani per violazione della legge Mancino che sanziona tutti i gesti aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali.

“Pensi che a Oliviero Toscani abbiamo dedicato un’ampia intervista proprio sulla rivista dei sommelier del Veneto. A saperlo prima…”. La prende con filosofia Eddy Furlan, da Nervesa della Battaglia, cuore del Montello trevigiano, veneto fino al midollo, una personalità di primo piano nel mondo della comunicazione del vino. Sommelier dal 1974, miglior sommelier d’Italia nel 1980, presidente dell’Associazione Italiana Sommelier dal 1993 al 1999, di cui oggi è presidente emerito.

Presidente Furlan, al di là dell’assoluzione, come valuta la frase di Toscani?

“Rientra nel suo registro comunicativo, la provocazione. Non varrebbe nemmeno la pena di parlarne, non fosse che dalle sue affermazioni si capisce che del popolo veneto non sa un bel nulla…”

Lo ha mai conosciuto di persona?

“Sì, in occasione di “Gusto in villa”, una rassegna enologica organizzata da Ais Veneto per valorizzare lo straordinario patrimonio artistico della nostra terra. Già allora, non c’erano ancora state le sparate in radio, non mi era troppo piaciuto. Aveva detto frasi contro il lavoro di noi sommelier, con ironie del tutto fuori luogo sulla roteazione del calice e sulle altre tecniche di degustazione, quelle che insegniamo durante i corsi professionali dell’Ais. Poi però ha accettato l’intervista con tanto di foto sulla rivista di noi sommelier. Si vede che aveva cambiato idea, vai a capirlo!”.

Perché un’affermazione sui “veneti ubriaconi” è anche falsa oltre che offensiva?

“Storicamente il nostro popolo è legato alla cultura della vite e dell’uva, vero pilastro assieme al maiale del Veneto contadino. Come per il suino, anche del grappolo non si buttava via niente. E questo ha dato la stura alla scoperta e poi all’esplosione del mondo dei prosecchi, ad esempio. Io stesso ricordo che da bambino sentivo nella cucina dei miei nonni l’odore del caffè corretto con la grappa, ovviamente fatta in casa”.

Che cos’è la terra di San Marco oggi?

“Oggi il Veneto è una realtà da 14 vini Docg, ma non è solo una questione di vino. Il Veneto è un brand, come si dice, che ha un successo crescente all’estero, anche grazie ai nostri primi ambasciatori, i veneti che sono nel mondo (circa 260mila persone, ndr). L’imprenditore Ermenegildo Giusti è emigrato in Canada da ragazzo come gli altri “poareti” con la valigia di cartone, è tornato qui ed ha piantato 25-30 ettari di vigneto. Una storia di orgoglio e di attaccamento alle proprie radici”.

A proposito di vigneto, anche Oliviero Toscani fa il vino. Che giudizio ne dà da sommelier?

“Dopo quel nostro famoso incontro in Villa dei Cedri a Valdobbiadene, ci eravamo lasciati con la promessa che lo avrei assaggiato. Lui mi rispose che ero il benvenuto in Toscana, da lui. Ma nelle enoteche anche importanti della zona non sono riuscito a trovarlo. Potevo provare al Vinitaly, ma ho avuto altro da fare!”.

Con quale calice veneto bere alla salute di un popolo e anche a quella di Toscani?

“Amo i nostri rossi tradizionali a base di cabernet sauvignon e merlot, come vini da consumare a pasto. E poi il mondo dei prosecchi, come abbiamo detto, con il ritorno all’origine della rifermentazione in bottiglia”.

Nelle vere osterie venete cosa avrebbero risposto a Oliviero Toscani con assoluta lucidità e sobiretà?

“Ce l’avrebbero mandato. Ma la parola per esteso non la dico. Inizia per “emme” e finisce per “a”. È abbastanza conosciuta anche fuori dai confini del Veneto…”.

Questioni di diritto a parte, la frase di Oliviero Toscani è sgradevole e offensiva come tutto ciò che pesca nel mazzo dei luoghi comuni.

Che si possono a volte tollerare in un discorso, a patto di considerarli come quelle spezie dal sapore deciso, che nelle giuste dosi possono esaltare il piatto o rovinarlo del tutto in quelle sbagliate. Oppure, come in questo caso, far diventare il vino aceto… ma non certo il vino veneto!

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