Coronavirus

Tracciare i malati e fare più tamponi: l'Italia studia il modello sudcoreano

L'Italia continua a studiare il modello coreano e guarda sempre di più alla strategia adottata dalla Corea del Sud per contenere la diffusione del nuovo coronavirus

Tracciare i malati e fare più tamponi: l'Italia studia il modello sudcoreano

Utilizzare la tecnologia per tracciare i malati ed effettuare ancora più tamponi, alla ricerca dei casi sommersi. L'Italia continua a studiare il modello coreano e guarda sempre di più alla strategia adottata dalla Corea del Sud per contenere la diffusione del nuovo coronavirus.

Il problema più grande, concordano gli esperti, è dato dagli asintomatici. Con questo termine si indicano quei soggetti che non mostrano alcun sintomo ricollegabile al Covid-19 ma che possono comunque infettare decine e decine di persone. Il problema è che gli asintomatici non sanno di esserlo, quindi, continuano a vivere come se niente fosse e spargono il virus ovunque si spostino. L'obiettivo delle autorità sanitarie, dunque, è quello di scovarne quanti più possibile, onde evitare la nascita di nuovi focolai.

Il problema degli asintomatici

Per farlo è necessario imparare alcune lezioni provenienti dall'estero. Hong Kong, che conta 7,5 milioni di abitanti, fino alla scorsa settimana doveva fare i conti con 518 casi di Covid-19 e appena 10 morti. Viste le cifre relativamente basse, il governo locale ha deciso di riaprire cautamente teatri e ristoranti ma, subito, i numeri si sono impennati con 65 nuovi casi in 24 ore. Cosa ci insegna tutto questo? Che la fase 2, cioè la “convivenza con il virus” rischia di essere molto problematica senza le dovute precauzioni.

Qui tornano in campo gli asintomatici. Come sottolinea il quotidiano Il Messaggero, la difficoltà numero uno che incontreranno le autorità nella fase 2 sarà quella di gestire il numero di contagiati asintomatici. Già, perché se i bollettini ufficiali parlano di 115mila contagiati, gli infetti, a detta degli esperti, potrebbero essere molti di più. C'è addirittura chi dice tra i 400 e i 600mila, ovvero un italiano ogni 100. Molti, ovviamente, sarebbero asintomatici.

I tre pilastri del metodo sudcoreano

In un contesto del genere, come fare per tornare alla normalità? Seguendo il modello Corea del Sud. Il governo sudcoreano ha avuto poco più di 10mila contagiati e non ha mai chiuso del tutto bar, ristoranti, uffici e fabbriche.

Tre sono i pilastri che hanno consentito a Seul di compiere un mezzo miracolo: l'elevato numero di tamponi per scovare subito gli asintomatici, il contact tracing via cellulare per comunicare gli spostamenti di un contagiato agli altri cittadini (così da far evitare loro i luoghi a rischio contagio) e, infine, il sistema di cure, che non è solo ospedaliero ma che assicura anche adeguate quarantene agli infetti.

Seguire una strategia del genere, per quanto riguarda il tracciamento dei malati, scoperchia la polemica sulla privacy e sulla riservatezza della salute delle persone. Certo, i coreani non raccolgono i nomi di nessuno, ma le segnalazioni rispettano la privacy finché siamo in una grande metropoli come Seul.

Ma che cosa succederebbe in un piccolo centro di poche migliaia di abitanti? Le autorità italiane sono al lavoro per sciogliere tutti i nodi.

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