Guerra in Ucraina

Quella tragedia trasformata in burla

Una volta, ormai tanto tempo fa, ai tempi della prima e della seconda Repubblica, se c'era un argomento su cui non si scherzava, cioè su cui non si inscenavano diatribe per guadagnare qualche voto, quello era la politica estera

Quella tragedia trasformata in burla

Una volta, ormai tanto tempo fa, ai tempi della prima e della seconda Repubblica, se c'era un argomento su cui non si scherzava, cioè su cui non si inscenavano diatribe per guadagnare qualche voto, quello era la politica estera. Per un motivo semplice quanto sensato: un conto dare spettacolo nel cortile di casa, un altro sul palcoscenico internazionale non fosse altro per non farsi ridere dietro o, alcune volte, per non far piangere il mondo intero. Nella terza Repubblica, caratterizzata dall'approdo dei grillini in Parlamento, anche questa bella abitudine è andata in gloria. In fondo un partito fondato da un comico non può che dar spettacolo, appunto.

Solo che, al solito, i 5stelle a digiuno di politica non sono capaci di scegliere il momento opportuno per la loro tradizionale pagliacciata: un conto infatti è atteggiarsi a rivoluzionari appoggiando il Venezuela di Maduro, nel qual caso si resta nell'ambito della commedia o al massimo rubi il mestiere ai clown; ma se la stessa operazione la tenti mentre è in corso una guerra a poco più di un migliaio di chilometri da noi, mettendo in piedi una sceneggiata sulla fornitura di armi all'Ucraina per intercettare il voto di tutti i putiniani del Belpaese, rischi che la commedia si trasformi in tragedia. Ti ritrovi ad essere lodato solo dall'ambasciatore russo a Roma, con Zelens'kyj che ti tira in ballo implorando il Parlamento italiano a non glissare sul tema degli armamenti e con il tuo ministro degli Esteri Luigino Di Maio, che pure ne ha viste tante vendendo bibite allo stadio San Paolo, che è costretto ad arrossire per la vergogna, a chiudersi in un silenzio imbarazzato e a mettere l'avviso: cercasi partito.

Fin qui la tragedia. Ma l'esperienza insegna che nella cosmologia grillina alla fine la tragedia torna sempre a rincontrarsi con la commedia. Così quando l'ex-premier Giuseppe Conte, che ha abitato per tre anni a Palazzo Chigi, che ha avuto a che fare con le cancellerie e le diplomazie di tutto il mondo, che ha giocato con i servizi segreti, che ha bazzicato magari senza capirci molto l'Alleanza Atlantica (e pensare che Il Foglio lo aveva pure lodato) rammenta il suo passato, si rende conto che in certi frangenti non si può scherzare. A quel punto se non vuole impegnare il resto della sua vita nel ruolo di istrione di piazza ha due strade: o ammette pubblicamente che il suo è stato solo un bluff, che non può chiedere al governo di rimangiarsi la scelta di fornire armi a Kiev, ma la sincerità non è roba da grillini. O si adegua alla tecnica dello struzzo: non pretende il no alle armi nella risoluzione del governo, accetta che non se ne parli, così lui insisterà a predicare il pacifismo disarmato e il governo continuerà a spedire obici e munizioni a Kiev. Insomma, si acconcia al bluff camuffato, al paradosso del doppio bluff. Un'altra burla.

L'unica consolazione è che fra meno di un anno, se gli italiani recupereranno finalmente il senno, nel nuovo Parlamento di burle del genere non ne vedremo più.

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