Dura all'incirca una mezz'ora il faccia a faccia di Palazzo Chigi tra Mario Draghi e Matteo Salvini. Un incontro piuttosto rapido, ma nel quale i due cercano di non tralasciare nessuno dei temi chiave. Quello più caro al premier è la proroga dello stato d'emergenza, questione delicatissima e non certo perché l'ex numero uno della Bce ambisca davvero - come gli imputa qualcuno - ai pieni poteri. Il punto, invece, è che il regime straordinario - in vigore fino al 31 luglio - permette al governo di muoversi senza rimanere impantanato nelle pieghe della. Per Draghi, infatti, il tema non è tanto la possibilità di andare avanti con la stagione dei Dpcm (ormai, peraltro, molto rari), quanto poter continuare a far gestire la campagna vaccinale al generale Francesco Figliuolo nella sua veste di commissario straordinario. È questo, secondo il premier, il fronte sul quale non possiamo permetterci passi falsi, soprattutto con la cosiddetta variante Delta, che si va diffondendo in Gran Bretagna e che è ormai arrivata anche in Italia.
Campagna vaccinale e rischio varianti, dunque, sono i due punti su cui Draghi ha battuto per sensibilizzare Salvini sullo stato di emergenza. Se servirà una proroga, è il ragionamento del premier che ancora una volta si è appellato al pragmatismo, lo capiremo davvero solo più avanti, come sempre in base a «valutazioni concrete e scientifiche». E, soprattutto, indipendentemente dalle pressioni dei partiti, solo alla ricerca di un facile consenso.
La questione, dunque, va archiviata per almeno un mese: se ne riparlerà nell'imminenza della scadenza e sarà allora che si faranno tutte le valutazioni del caso. Ragione per cui, è stata la richiesta di Draghi, sarebbe bene evitare di usarlo come argomento di propaganda. Un invito che Salvini ha raccolto, tanto che appena uscito dall'incontro si è ben guardato dal far polemiche. «Lo stato d'emergenza? Ne parleremo a fine luglio», ha tagliato corto a favore di telecamere formalizzando una sorta di tregua con Palazzo Chigi. Dove, d'altra parte, sul tema sono molto sensibili. Al punto che negli ultimi due giorni ci sarebbe stata una certa tensione pure con il ministro della Salute, Roberto Speranza. Che, forse cercando di scrollarsi gli abiti del «chiusurista» senza se e senza ma, aveva auspicato pubblicamente la fine dello stato d'emergenza. Un'uscita che gli è valsa una discreta ramanzina, esattamente con gli stessi argomenti esposti ieri da Draghi a Salvini.
Il presidente del Consiglio, invece, è stato molto possibilista sull'eventualità di consentire finalmente agli italiani di circolare senza mascherina all'aperto entro la fine di giugno. Una decisione potrebbe essere presa già in uno dei prossimi Consigli dei ministri e, in questa direzione, potrebbe anche arrivare un'indicazione dalla riunione del Cts in programma oggi. Il tema è oggetto di valutazione, tenendo conto dei dati sanitari, del fatto che altri Paesi europei (vedi Francia) si sono mossi seguendo questa linea e considerando l'impatto psicologico che avrebbe la decisione di rimuovere l'obbligo di indossare quello che è ormai uno dei simboli della guerra alla pandemia. Un'apertura accolta ovviamente con grande soddisfazione da Salvini, che nel pomeriggio sul tema ha deciso di lanciare una sorta di sondaggio sui social. Scontata la risposta, come lo sarebbe quella a un referendum sull'abolizione delle tasse.
Alla fine, però, a decidere sarà ancora una volta Draghi. Che sui dossier chiave ha più volte dimostrato di non farsi dettare l'agenda dai partiti. Ieri, per dire, ne ha fatto le spese il ministro del Lavoro, Andrea Orlando.
Che su RaiUno spiegava come sul green pass non ci fosse ancora un'intesa ma molti «problemi» a «coniugarlo con le norme del nostro ordinamento». Proprio mentre Orlando parlava in tv, a Palazzo Chigi Draghi aveva già firmato il decreto sul certificato digitale verde.
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