Coronavirus

Il trionfo del buonsenso sulle opposte ideologie

Forse davvero la guerra sta per finire. L'epidemia è agli sgoccioli e quella cappa di paura che da due anni ci sovrasta sta per essere spazzata via

Il trionfo del buonsenso sulle opposte ideologie

Forse davvero la guerra sta per finire. L'epidemia è agli sgoccioli e quella cappa di paura che da due anni ci sovrasta sta per essere spazzata via. Certo, ancora ieri ci sono stati 395 morti, il tasso di contagio è al 12,3%, ma intanto gli ospedali si stanno svuotando e appare sempre più chiaro che il virus nell'ultima variante non fa più paura come quello di un tempo. Anzi, se fossimo tutti vaccinati potremmo già oggi scrivere su questa tragedia la parola fine. Ma anche nella condizione in cui siamo, stanno venendo meno velocemente, una dopo l'altra, le restrizioni - a cominciare da quelle che riguardano la scuola - che hanno limitato le nostre libertà in questi due anni. È molto probabile che volteremo pagina allo scadere dello stato d'emergenza, a marzo, che non sarà rinnovato. Ma già nelle prossime settimane sarà fissato un calendario in cui, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, saranno eliminate le norme che hanno regolato la nostra vita negli anni della pandemia.

Avviene in Italia come nel resto d'Europa. E se ci fosse un minimo di misura nei giudizi, se ci fosse quell'imparzialità che nel Paese dei Guelfi e dei Ghibellini non ha mai trovato casa, si dovrebbe gioire per il trionfo del buonsenso e del pragmatismo. Di un'idea di lotta al Covid basata sui dati reali, sull'esperienza accumulata sul campo di battaglia di un nemico che due anni fa era del tutto sconosciuto. In due parole: sulla razionalità e sulla scienza. Un'idea che rifugge l'ideologia applicata ad una questione squisitamente sanitaria, che interessa la salute di tutti e che non ha mai avuto nulla a che vedere con i principi che riguardano le libertà individuali e collettive.

Ecco, possiamo dirlo finalmente, ora che l'incubo sta per finire. È stato sbagliato mettere in piedi un'ideologia, un credo, quasi una religione contro il vaccino, contro il green pass, scambiando una necessità per un'operazione dai contorni poco chiari, di stampo autoritario, che metteva in pericolo, secondo i suoi seguaci, addirittura la nostra democrazia. Menate che oggi fanno ridere più che mai. Come pure è stato un errore perpetrare una sorta di cultura dell'emergenza, delle restrizioni, che si è cibata delle regole, anche le più confuse, scoordinate e irrazionali, perché basata più sulla paura che non su una visione attenta della realtà.

La lezione di questi due anni che può essere applicata non solo alla pandemia, è che il governo di un Paese, nell'emergenza come nella normalità, non deve essere basato sull'istinto e sull'ideologia, ma sull'assennatezza, sull'equilibrio, sulla competenza e sulla praticità. Lo avremmo dovuto capire già dopo l'esperienza del «Secolo breve», il '900, in cui le ideologie hanno determinato tragedie, guerre e persecuzioni.

Anche se le pseudo-ideologie di oggi, nate sui vaccini e sulle «restrizioni», sono folklore rispetto ai drammi del passato, questi due anni ci insegnano che per gli interessi di un Paese sono nefaste e non c'entrano un tubo.

Commenti