Cronache

Ue e Berlino fanno melina. Ma in Italia si sapeva già

All'Università di Urbino una ricerca (finanziata dall'Europa) aveva svelato il trucco delle emissioni

Ue e Berlino fanno melina. Ma in Italia si sapeva già

Bruxelles e Berlino tentano ancora di negare l'evidenza, ma che i test sulle auto diesel non funzionassero era il più pulcinelliano dei segreti. E, beffa delle beffe, a certificarlo nero su bianco c'erano da mesi i pareri degli esperti di un progetto europeo e di un ente pubblico tedesco. Il primo tassello per ripristinare la verità su come viene gestita in Europa la problematica delle emissioni inquinanti delle auto diesel arriva dall'università di Urbino, dove Michela Maione, docente di chimica ambientale, coordina Sefira, un progetto finanziato dall'Unione europea per valutare l'efficacia socio economica delle politiche contro l'inquinamento. A dicembre 2014 il gruppo di ricerca internazionale aveva prodotto una nota in cui si rilevava «la relazione controversa tra le emissioni dichiarate, testate e rilevate nei cicli di guida reale». Ma ci sono anche interventi precedenti. «Noi non abbiamo misurato nello specifico i veicoli Volkswagen - spiega la professoressa Maione - ma vari studi hanno evidenziato che in generale le tecnologie attuali applicate alle auto diesel non sono in grado di rispettare i parametri di emissioni di ossido di azoto fissati e i risultati dei test in laboratorio sono molto inferiori a quelli in situazione di guida reale. Le misurazioni della qualità dell'aria lo confermano: negli ultimi vent'anni non c'è stata l'atteso miglioramento della qualità dell'aria». «Molto probabilmente anche altre compagnie attuano la stessa tecnica della Volkswagen - accusa il professor Martin Williams, docente del King'S College di Londra e partner del progetto Sefira - ci sono prove circostanziali».

Alle pesanti affermazioni del professor Williams fa eco la testimonianza di una portavoce del Lubw, l'ente di protezione ambientale della regione tedesca del Baden-Wüttemberg: «Quando abbiamo avviato i test su tre modelli diesel con un sistema di misurazione portatile in condizioni “reali” ci aspettavamo di trovare una differenza di risultato rispetto ai dati dei test in laboratorio: ma non ci aspettavamo di trovare emissioni otto volte maggiori». Tre le auto omologate «Euro 6» testate nei primi mesi del 2015 e solo una era Volkswagen, ma anche una Bmw e una Mazda. La Passat modello «Blue Tdi», nome che ora risulta beffardo, è quella che ha avuto i risultati peggiori, con emissioni quattro volte più alti della Bmw su alcuni percorsi. Ma tutti e tre i modelli sono risultati fuori norma: la normativa Euro 6, la più avanzata dal punto di vista ecologico, prevede un massimo di emissioni di ossidi di azoto, sostanze accusate di provocare gravi danni al sistema polmonare, pari a 80 milligrammi per chilometro. Le tre auto variavano tra i 130 e i 676 milligrammi.

Come mai risultati così clamorosi e denunce provenienti da autorevoli fonti scientifiche sono passate sotto silenzio in Europa? È la domanda scottante cui Bruxelles e Berlino dovrebbero rispondere in modo più convincente di quanto fatto finora. Anche per evitare di far crollare la fiducia nel sistema degli Euro Standard che in questi anni ha costretto gli europei ad aggiornare costantemente il parco auto.

«Il sistema funziona perfettamente per le auto a benzina ma non con le diesel - spiega Michela Maione - ma c'è un problema di comunicazione trasparente al consumatore: sulle vetture a gasolio era stato tolto il superbollo ed erano diventate le auto da preferire perché producono meno anidride carbonica.

Ma ora quelle a benzina non sono da meno e in più rispettano le emissioni di ossidi di azoto».

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