Le università migliori ancora una volta sono quelle a stelle e strisce. Nella classifica stilata da Times Higher Education, World Reputation Rankings, al primo posto troviamo il California Institute of Technology mentre Harvard (Usa) viene spinta al quarto posto dopo l’ateneo di Oxford (UK) e quello di Stanford (Usa). In Europa, purtroppo, Italia, Spagna, Austria, Portogallo e Grecia non sono pervenute: neppure un ateneo tra i primi 200. Bene invece l’Olanda con 12 atenei e la Germania con 11.
L’America domina con 7 atenei nei primi dieci posti e complessivamente 76 fra i primi 200. Un dominio però che negli ultimi anni è messo in discussione dalle istituzioni universitarie emergenti dei paesi asiatici. Una scalata che è dovuta soprattutto ai massicci investimenti di questi paesi nel settore dell’istruzione. Proprio quello degli investimenti è uno dei criteri qualificanti per entrare nella classifica di Times Higher Education. Tra gli altri parametri messi in campo la valutazione della qualità didattica; l’ambiente universitario; la ricerca e la valutazione che ne viene fatta dall’ambiente universitario nel suo complesso; l’innovazione:;l’internazionalizzazione del personale docente e amministrativo e anche degli studenti. Times Higher Education è una classifica prestigiosa e riconosciuta ma anche molto criticata ed infatti si discosta per alcuni aspetti da altre classifiche internazionali come quella Ocse, nelle quali ad esempio gli Atenei italiani ricoprono posizioni più alte.
Nella lista appena pubblicata l’Italia compare con 14 università ma per trovarla occorre scendere al numero 276 occupato da Bologna. Perchè? Una delle ragioni è strettamente economica: troppo scarsi i finanziamenti e altrettanto scarsi gli aiuti per gli studenti. Proprio la mancanza di fondi , si osserva nella ricerca, non lascia molte speranze di miglioramento per gli atenei italiani. Le cose vanno anche peggio per la Spagna, la peggiore performance in Europa, mentre è stata una pessima annata per l’Austria esclusa dalle top 200 dopo aver occupato il posto 162. Il governo è intervenuto parzialmente alzando le rette ma per i ricercatori gli interventi non sono sufficienti e non possono garantire un miglioramento. Regge bene invece l’Inghilterra che vanta 31 atenei fra i primi 200 ma soltanto uno, Oxford, tra i primi 10.
Continuano invece la loro scalata gli atenei cinesi come la Peking University che passa dal 49 al 46 e Tsinghua che salta ben 19 posti piazzandosi al numero 52. La numero uno tra i paesi asiatici però resta l’Università di Tokyo al numero 27.
Bernd Huber, presidente della Lega Europea delle Università di Ricerca, lancia un monito sul futuro degli atenei del vecchio continente. «Anche se sono ancora presenti molti prestigiosi atenei con gloriose tradizioni è ovvio che l’Europa è rimasta indietro nel settore sempre più competitivo dell’istruzione superiore», avverte Huber che ritiene ci siano molte buone università ma poche in grado di competere a livello mondiale.
Phil Baty, il curatore di Times Higher Education, sintetizza le ragioni dela “decadenza“ occidentale rispetto all’escalation dei paesi asiatici in modo semplice: Cina, Singapore, Taiwan e Corea del Sud investono in innovazione e ricerca mentre in occidente si tagliano i fondi.
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