Coronavirus

I vaccini abbattono la variante Delta? Ecco la verità

Mentre la variante Delta si diffonde, preoccupa la "tenuta" dei vaccini: in gran Bretagna si è vista un'efficacia minore rispetto al ceppo inglese. Abbiamo chiesto il parere di tre esperti che ci hanno detto la loro anche sul mix dei vaccini

I vaccini abbattono la variante Delta? Ecco la verità

Le notizie all'ordine del giorno riguardano, purtroppo, la variante Delta del Covid-19 (ex variante indiana), sempre più dominante in Europa ma anche in Italia e la più pericolosa tra tutte le mutazioni che Sars-Cov-2 ha fatto dalla sua prima comparsa. Da poche ore c'è anche la notizia che riguarda la mutazione della mutazione, la variante Delta plus che sta mettendo in allarme l'India con una trasmissibilità ancora maggiore.

Quanto sono efficaci gli attuali vaccini?

Adesso che la campagna di vaccinazione procede spedita ed i casi giornalieri (assieme ai decessi) sono ai minimi storici da inizio pandemia, a preoccupare è quanto i vaccini perdano di efficacia nei confonti del virus mutato. Come ci siamo occupati in questo articolo, oltre ad essere più trasmissibile del 60% rispetto alla variante inglese, soprattutto quando si è ancora con una singola dose, i rischi di contrarre la malattia aumentano esponenzialmente. "La dose unica potrebbe non coprire", ha recentemente affermato Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute, preoccupato principalmente dalla velocità di diffusione di come sta evolvendo questa nuova situazione. Ma qual è la reale riduzione della capacità dei vaccini? "Se si fa soltanto una dose di un vaccino a vettore virale la copertura è del 37%, se è un vaccino ad Rna è del 50%. La copetura sale di molto a 15 giorni dalla seconda dose, è assolutamente necessaria la doppia dose di vaccino: nel primo caso arriva all'80%, nel secondo al 90%. È anche importante non allungare il periodo che intercorre tra prima e seconda", ha affermato in esclusiva per ilgiornale.it Massimo Ciccozzi, Responsabile di epidemiologia del Campus Bio-Medico di Roma.

Cosa dice il report scozzese

Dal 1° maggio alla fine del mese, la variante Delta ha sostituito per tre quarti quella inglese, si diffonde meglio ed è più contagiosa della inglese che a sua volta era più contagiosa del ceppo originario, ed è un primo fatto. E poi, secondo i numeri scozzesi, la Delta sembra dare maggiore probabilità di ospedalizzazione e non è certamente una buona notizia. "Per quanto riguarda la protezione offerta dai vaccini, in Scozia hanno fatto per la maggior parte due dosi di Pfizer o una di AstraZeneca e la seconda con Pfizer. Loro fanno un confronto generale rispetto alla variante vecchia, cioè l'inglese, con una copertura del 72% sull'ospedalizzazione che con la variante Delta arriva al 62%", ha affermato al nostro giornale Giovanni Di Perri, Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale Amedeo di Savoia e della Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive dell’Università degli Studi di Torino. "Invece, scomponendo i vaccini, per quanto riguarda l'infezione normale si vede che, sulla Delta, Pfizer dà il 79% di efficacia nel prevenire la malattia mentre AstraZeneca è al 60%. Sono valori leggermente inferiori ma questi ultimi riguardano la vaccinazione 28 giorni dopo la prima dose,quando non si ha una copertura totale". Di Perri ci spiega che in Regno Unito hanno 4 differenti categorie di valutazione: chi ha ricevuto la prima dose ha un rischio medio di ospedalizzazione del 35%; con le due dosi, due settimane dopo la seconda, invece, il rischio di ospedalizzazione è del 30%, quindi diminuisce leggermente. Questo discorso è sui vaccinati in generale senza distinguere la tipologia. Per quanto riguarda l'infezione normale, invece, i numeri sono simili a quelli della variante inglese: "vuol dire che la variante Delta risente della vaccinazione anche se qualcosa si perde. Questa variante ha due caratteristiche: è maggiormente trasmissibile e l'altra è un po' meno sensibile all'immunizzazione", aggiunge l'infettivologo.

"Mix di vaccini legati alla morte di Camilla"

Un problema al problema è legato, adesso, anche al cambiamento della strategia vaccinale italiana: indipendentemente dalla variante Delta che potrebbe rendere meno efficaci i vaccini, si sta procedendo al mix di vaccini dopo i casi di trombosi tanto discussi di AstaZeneca culminati con la morte della povera 18enne Camilla. Il Prof. Di Perri, però, non è molto convinto e ci dice qual è la sua tesi. "I piccoli numeri degli studi effettuati dicono che l'immunizzazione è buona come quella fatta con due dosi dello stesso vaccino, forse anche migliore. C'è un leggero aumento, però, degli effetti collaterali banali quali febbre e un po' di astenia in chi ha fatto la seconda dose Pfizer dopo la prima con AstraZeneca, questo è quello che si sa". Il problema nasce, però, quando si è stabilito di fermare definitivamente il siero anglo-svedese dopo l'ok definitivo appena poche settimane prima: un mese e mezzo fa c'erano 5 casi di trombosi atipica ogni milione di vaccinati in Europa, un numero esiguo che aveva fatto continuare la campagna di vaccinazione. "Quando ho saputo che il ministero dava direttive nel fare la seconda dose con Pfizer dopo la prima con AstraZeneca - continua Di Perri - ho pensato che avessero dati sulla seconda dose che non fossero buoni come era accaduto un mese e mezzo prima ma pare che non sia così. Sembra che questa decisione sia abbastanza legata a quella disgazia capitata a Genova, alla morte di una ragazza di 18 anni che, però, sembra che oggettivamente avesse importanti fattori di rischio, un importante disordine immunitario delle piastrine e che fosse in trattamento con due farmaci ormonali. La situazione estrapola la disgrazia da quello che è il rischio generico che avevamo imparato a misurare".

"Procedura non sperimentata..."

"È abbastanza sorprendente che venga presa una decisione così diversa rispetto a quella presa in precedenza sulla base di un caso che non è inquadrabile come rischio generico ma, come scritto dalla stampa, aveva alcuni fattori individuali che controindicavano la vaccinazione con AstraZeneca - continua Di Perri - Rimango interdetto perché ho sempre pensato che avessero dei dati che in realtà non ci sono e sorprende la storia della seconda dose: in chi ha fatto la prima e non ha avuto problemi, si riteneva che la seconda fosse priva di rischi particolari ma evidentemente hanno deciso in maniera diversa". Insomma, per l'infettivologo torinese, la decisione dell'Aifa e del Ministero della Salute è figlia della disgrazia avvenuta a Genova. Lo stesso primario ci dice che l'ortodossia vorrebbe che, se si inizia un ciclo vaccinale con un vaccino, si finisca con quello. "Per carità, non che mi aspetti chissà cosa, ma certamente è una procedura non sperimentata: tutti i vaccini hanno ormai milioni di somministrazioni ma in questo modo incrociato no".

"Ben venga il mix dei vaccini"

Sul mix di vaccini abbiamo sentito in esclusiva anche il parere di Matteo Bassetti, Direttore della Clinica di malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, che abbiamo intervistato in esclusiva un paio di giorni fa (qui l'intervista completa), assolutamente favorevole alla seconda dose con un vaccino diverso per le evidenze continui dei nuovi studi. "Mi preme dire una cosa importante: la Scienza è giusto che cambi, uno scienziato che ha un'idea oggi ed avrà la stessa idea tra un anno non è uno scienziato bravo. Lo scienziato è quello che guarda l'evoluzione dei lavori scientifici, degli esperimenti e delle teorie - afferma il Prof. Bassetti - Qualcuno si lamenta dicendo che adesso AstraZeneca si può mischiare mentre un mese fa si diceva che non poteva essere. Certo, perché un mese fa non c'era nessun dato. Oggi abbiamo tre grossi studi, uno inglese già pubblicato, uno spagnolo ed uno tedesco che dicono che mischiare vaccini addirittura porta ad una risposta anticorpale migliore, quindi ben venga che si mischino. Dov'è il problema? Si fa già per altre malattie come per il pneumococco: oggi si mischiano due vaccini che hanno sierotipi diversi per amplificarne l'efficacia, non ci trovo nulla di strano. Ovviamente, per poterlo promuovere e spingere, bisogna avere dei dati che due mesi fa non avevamo ma oggi si".

Le "previsioni" per l'autunno

Favorevole anche il parere del Prof. Ciccozzi, il quale afferma che in un periodo di emergenza non possiamo pensare che un trial possa essere fatto su decine di migliaia di persone, ci troviamo in emergenza quindi anche su 800 persone un'indicazione la dà. "Dal punto di vista immunologico si può fare, i trials sono stati fatti in Spagna e Scozia e sembra che l'efficacia sia addirittura maggiore facendo prima AstraZeneca e poi Pfizer. Non penso ci siano grossi effetti collaterali se non quelli che conosciamo già". Con la bella stagione in atto, al momento, la situazione è sotto controllo ma cosa dobbiamo temere per l'autunno? "Previsioni non ne faccio mai, andiamo avanti facendo capire alle persone che mascherine e distanza vanno mantenute almeno per tutta questa estate. Poi vediamo, sono i dati che guidano le nostre decisioni

608px;">", conclude Ciccozzi.

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