Cronache

"Vengo lì, ti spiego". Così il padre di Saman ha nascosto tutto

Parla il datore di lavoro del padre di Saman Abbas: l'uomo aveva promesso di tornare e spiegarsi, ma intanto Saman potrebbe non avere giustizia

"Vengo lì, ti spiego". Così il padre di Saman ha nascosto tutto

Il mistero della scomparsa di Saman Abbas è racchiuso nel mistero della sua famiglia, che ancora non è stata trovata dagli inquirenti.

A “Chi l’ha visto?” è stato ascoltato William Bartoli, fondatore dell’azienda agricola di Novellara in cui lavoravano gli Abbas. Bartoli descrive il capofamiglia Shabbar come un uomo sereno e integrato, afferma di non averlo mai visto arrabbiato, che “aveva imparato a fare le pizze”, che era “bravo, affidabile” sul lavoro.

Bartoli aggiunge di non aver immaginato nessun dissidio in famiglia, né il matrimonio forzato cui sarebbe stata costretta Saman o la violenza lamentata dalla ragazza alle autorità italiane. Se avesse saputo, assicura l’uomo, avrebbe cercato di riportare Shabbar a più miti consigli. Prima che Saman si rifugiasse in una dimora assegnata dai servizi sociali italiani infatti, la polizia internazionale aveva contattato Shabbar Abbas: la polizia era stata allertata a causa di presunte percosse e lancio di un colltello ai danni di Saman, e l’aveva chiamata Said, l’amico afghano dal quale Saman era precedentemente scappata in Belgio e a cui la giovane aveva raccontato tutto.

William Bartoli è stato uno degli ultimi a sentire telefonicamente Shabbar. “Mi ha detto: ‘Il 10 vengo e ti spiego tutto - racconta - Poi hanno detto che Saman era andata all’estero, in Belgio”. Il fondatore dell’azienda dice inoltre che gli Abbas “sono andati via alla svelta” e che quello che Shabbar ha promesso, compresa l’idea di tornare in Italia per spiegarsi, erano “balle”.

Dov’è Saman?

Io penso che qui non ci sia - chiarisce Bartoli, aggiungendo che gli inquirenti hanno cercato ovunque nell’azienda di Novellara - Secondo me l’hanno messa da un’altra parte”. L’uomo ha anche indicato una zona cieca dell’azienda, una minuscola porzione di terreno che le telecamere di sorveglianza non vedono: lì qualcuno avrebbe potuto portare un veicolo per trasportare Saman altrove. Tra le ipotesi degli inquirenti ci sono il fatto che il corpo della giovane pakistana sia stato gettato nel Po, oppure, come afferma il fratello, che sia stato fatto a pezzi e portato a Guastalla.

Se tutto dovesse restare com’è ora, la giovane pakistana rischierebbe di non avere giustizia: non c’è un corpo, non ci sono i presunti colpevoli, c’è solo un indiziato, un cugino della ragazza, in custodia in Italia. “Le indagini devono proseguire finché la ragazza non sarà trovata - chiosa Claudio Falleti, legale di Saqib, il giovane pakistano residente nel Frusinate e fidanzato di Saman - Invito la comunità pakistana a rompere il velo dell’omertà”.

Le autorità italiane indagano infatti per presunto omicidio: si è ipotizzato che Saman sia stata uccisa perché si opponeva al matrimonio forzato con un cugino pakistano trentenne e per i suoi "comportamenti occidentali", dalla voglia di continuare gli studi agli abiti.

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