La cronaca narra di una telefonata in tarda mattinata tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Con l'ex premier che dà il suo via libera alla prima riunione di quella che assomiglia molto a una sorta di cabina di regia del centrodestra di governo. Un coordinamento sollecitato dal leader della Lega e che dovrebbe tenersi in settimana. Quando intorno allo stesso tavolo - non è ancora chiaro se a Roma o ad Arcore - siederanno Berlusconi, Salvini e i sei ministri di Forza Italia e Lega. Per fare il punto - spiega l'ex titolare dell'Interno a margine dell'udienza Open Arms che si tiene a Palermo - su legge di bilancio, concorrenza, riforma degli appalti e delega fiscale.
La politica racconta però una storia ben più complicata, che si inerpica su un doppio binario alquanto spinoso. C'è il tema dei ministri di Forza Italia e Lega che si muovono mostrando una certa autonomia dalle rispettive leadership. Ma c'è anche un Berlusconi che è tornato in prima linea come non accadeva da tempo e un Salvini che fa sempre più fatica ad intestarsi la linea della cosiddetta «Lega di governo». Senza considerare che il fronte aperto dai ministri azzurri - Renato Brunetta, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna - è in evidente polemica proprio con l'approccio sovranista di Salvini. Una linea, peraltro, sposata convintamente dal leghista Giancarlo Giorgetti. La prossima settimana, quindi, si vedranno tutti insieme. Ma difficilmente supereranno le incomprensioni. Soprattutto quelle incrociate, tra i tre ministri azzurri e il leader della Lega. Sono più o meno sotto traccia da molto tempo, con diverse occasioni di polemica anche pubblica. Brunetta, Carfagna e Gelmini, però, non hanno alcuna intenzione di andare allo scontro. E, dunque, pur non gradendo affatto di doversi ritrovare allo stesso tavolo con un Salvini che proverà a imporgli la linea, evitano volutamente polemiche. Si sono sentiti più volte ieri e quel che è emerso è una linea comune piuttosto netta: «Ben venga il coordinamento con i ministri della Lega, la nostra priorità è muoverci d'intesa nell'interesse del Paese e sostenendo a pieno Draghi». E su questo approccio i tre azzurri hanno il pieno supporto di Giancarlo Giorgetti, uno dei ministri più ascoltati dal premier. Il summit a otto della prossima settimana, dunque, sancirà con ogni probabilità una sorta di tregua. Perché fino all'elezione del capo dello Stato - che si terrà a metà gennaio - la politica resterà sostanzialmente congelata. Tagliato quel traguardo, comunque vadano le cose, ci sarà il liberi tutti. Ed esploderanno le contraddizioni, soprattutto nel centrodestra. Brunetta, Carfagna e Gelmini, per dire, si guardano bene dal polemizzare. Ma quello che si sono detti tra loro più volte in queste ore è che «il coordinamento con i ministri della Lega c'è sempre stato». Ne sa qualcosa Carfagna, che con Giorgetti ha condiviso i provvedimenti sulle politiche industriali al Sud o sugli ecosistemi di innovazione, un'azione di riqualificazione del territorio con 350 milioni di euro messi a disposizione dal bando finanziato con le risorse complementari del Pnrr. E che con il ministro leghista Erika Stefani ha coordinato gli investimenti sul trasporto scolastico per persone disabili. Un approccio di totale collaborazione che vale anche per Gelmini. Che in qualità di ministro degli Affari regionali si interfaccia quotidianamente con governatori di ogni colore, compresi i leghisti. Lei e Giorgetti, per dire, fanno politica gomito a gomito almeno dal 2006, quando in Lombardia una era coordinatrice regionale di Forza Italia e l'altro coordinatore regionale della Lega.
Insomma, per dirla con il ragionamento che ieri faceva il ministro Carfagna, «il coordinamento tra noi e i ministri della Lega è da sempre quotidiano», ma «ben venga qualunque ulteriore iniziativa» in questo senso perché «non può che fare bene».
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