Scena del crimine

"Io, tiratore scelto, vi racconto l'orgoglio nel salvare le persone"

Un'attività piena di rischi che necessita molta preparazione fisica e mentale. Il maresciallo maggiore Massimo Vicini racconta la sua esperienza a IlGiornale.it

"Io, tiratore scelto, vi racconto l'orgoglio nel salvare le persone"

Un lavoro particolare, che diviene fondamentale in quei momenti di estrema delicatezza in cui si gioca tutto. Stiamo parlando dell’attività del tiratore scelto, la cui specializzazione vede questo professionista coinvolto in interventi diretti a interrompere un sequestro oppure azioni di fuoco di un folle o di un terrorista nei confronti di una o più persone.

Il suo ruolo richiede elevate capacità che vanno da una notevole competenza di carattere tecnico a un ottimo equilibrio psico-fisico, necessari per misurare le distanze, dirigere il tiro in condizioni di alta tensione senza mai cedere a stanchezza fisica o mentale. Come si prepara il tiratore scelto per lo svolgimento del suo lavoro? Ce lo spiega su IlGiornale.it il maresciallo maggiore Massimo Vicini il quale puntualizza che “Il possesso di determinati requisiti uniti a un’ottima preparazione fisica sono fondamentali".

Partiamo da una distinzione basilare. Che differenza c’è tra il Police Sniper e il Military Sniper?

“I due compiti hanno certamente in comune le basi che riguardano l’utilizzo e l’impiego dell’arma di precisione in dotazione, ma i differenti impieghi richiedono caratteristiche priorità, responsabilità e rischi diversi. Il Police Sniper opera di massima in un contesto urbano ove vi sono numerosi civili da salvaguardare. Il Military Sniper sovente opera in teatro di guerra a fronti contrapposti. Dunque correndo maggiori rischi”.

Quali sono le attività che un tiratore scelto svolge quotidianamente per tenersi in forma?

“È richiesta una ottima preparazione fisica e il possesso di particolari requisiti. Sicuramente al Military Sniper può essere richiesta maggiore prestanza fisica, vista la necessità di infiltrarsi in ambiente ostile, anche percorrendo lunghe distanze, trasportando anche il necessario al sostentamento per un periodo di permanenza medio lungo”.

Quanta resistenza si può richiedere in termini di ore durante un intervento? Fino a quanto si può arrivare?

“Il primo ricarico chiesto al tiratore scelto è quello di osservazione del proprio settore di tiro, comunicando o ingaggiando quanto prima l’eventuale minaccia individuata. Tale servizio richiede resistenza fisica e mentale che viene incrementata grazie all’addestramento. Il Police Sniper, al fine di garantirne la massima efficienza, ha maggiori probabilità di essere sostituito dopo un periodo di servizio medio lungo pari a 8/10 ore giornaliere. Il Military Sniper, in considerazione del luogo di impiego (teatro operativo sovente infiltrato in territorio nemico), raramente può ricevere il cambio sul posto per motivi tattico/operativi. Quindi il suo impiego nel luogo di osservazione può avere durate maggiori”.

Quanto conta il “peso" della responsabilità durante un intervento? Lo si avverte? O in quel momento si pensa soltanto ad agire?

“Il carabiniere, all’atto dell’arruolamento, viene sottoposto a visite psicoattitudinali al fine di verificare la sua idoneità. Lo stesso, dal momento del suo arruolamento, è cosciente delle proprie responsabilità convivendoci. Allo stesso modo, durante un’operazione, deve gestire le proprie reazioni emotive al fine di rimanere lucido. Il tiratore scelto viene sottoposto a un'ulteriore visita medica e psicoattitudinale per accertarne la specifica idoneità a svolgere tale particolare servizio. Tali selezioni, molto severe, hanno lo scopo di individuare tutta una serie di peculiarità caratteriali che mal si conciliano con l’incarico (impulsività, emotività e così via). Sicuramente, il 'peso' della responsabilità lo si avverte, ma questo rafforza la fermezza e la concentrazione nello svolgere il proprio servizio, con la consapevolezza che un eventuale errore può essere fatale”.

Tiratori scelti

Ha mai pensato di morire in quei frangenti?

“Nella mia carriera, anche precedente a quella da tiratore scelto, ho effettuato molti interventi, dai più rischiosi a quelli meno rischiosi, ma per entrambi come per tutti gli interventi ho sempre misurato i rischi e le possibili diverse conseguenze che potevano presentarsi. Ritengo che questa sia la caratteristica di tutti i carabinieri che, dal momento del loro arruolamento, accettano consapevolmente il rischio che con l’addestramento, la professionalità, la preparazione e l’analisi delle variabili e dei diversi fattori si cerca di attenuare”.

Al termine di un intervento per quanto tempo ci si porta dietro il ricordo di quello che si è fatto?

“Dipende dal tipo di intervento e dall’esito di quest’ultimo. Il 'Post Traumatic Stress Disorder' è ormai un dato di fatto che è stato ampiamente studiato e questo da solo fa capire che il ricordo rimarrà e che dipende dal singolo operatore saperci convivere”.

Perché ha scelto di intraprendere questo tipo di attività?

“Ho intrapreso questa attività perché appassionato della specifica materia e in special modo del tiro di precisione con tutte le sue variabili riferite alla balistica e agli studi che è necessario seguire”.

Il lavoro che svolge incide sulla sua vita privata?

“No. Cerco sempre di lasciare le problematiche professionali al di fuori della mia vita privata e coniugale. Indirettamente incide, naturalmente, il lungo tempo che dedico al servizio e che sottraggo alla sfera personale, ma non mi pesa assolutamente. Questo fa parte del Dna, o almeno così dovrebbe essere, di tutti coloro che si dedicano quotidianamente alla salvaguardia della sicurezza e dell’incolumità altrui. Aver svolto bene e professionalmente il proprio compito giornalmente, dedicandosi con passione e determinazione per aggiungere questi scopi è motivo per me di grande orgoglio e soddisfazione.

Una vera e propria ricompensa quotidiana, giammai un peso”.

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