"Vi spiego perché mio fratello, militare caduto ad Herat, è una vittima di serie b"

ilGiornale.it ha intervistato Vincenzo Frasca, il fratello del Caporal Maggiore Capo, Mario Frasca, caduto in Afghanistan, che si batte per conferire a tutti i caduti italiani nelle missioni internazionali le stesse onorificenze

"Vi spiego perché mio fratello, militare caduto ad Herat, è una vittima di serie b"

Vincenzo Frasca è il fratello del Caporal Maggiore Capo, Mario Frasca, caduto durante la missione ISAF in Afghanistan nel settembre del 2011, e presidente dell'associazione Onlus a lui intitolata. IlGiornale.it lo ha intervistato oggi davanti alla Camera dei Deputati, al sit-in organizzato dall'associazione per chiedere il riconoscimento unico per tutti i militari italiani caduti nelle missioni internazionali di pace, senza differenze tra vittime del "terrorismo", del "dovere" e del "servizio".

Avete ripetuto più volte durante la manifestazione che vi sentite discriminati dallo Stato italiano, perché?

Perché in nessuno Stato esistono militari di ‘serie a’ e militari di ‘serie b’, ed è per questo che ci sentiamo discriminati. Questo è il motivo per cui siamo scesi in piazza: per chiedere al ministero della Difesa che prenda provvedimenti per livellare questa discriminazione, affinché i 54 caduti in Afghanistan siano riconosciuti tutti allo stesso modo. E non solo in Afghanistan: anche in Libano, in Iraq, in Kosovo, ci sono molte missioni in cui i caduti vengono riconosciuti in modo diverso e ci sono moltissime famiglie che si trovano nella nostra stessa condizione. Noi non c’eravamo in Afghanistan, e non possiamo giudicare e sapere nel dettaglio cosa è successo ad ognuno dei nostri ragazzi. Ma noi familiari andiamo oltre e chiediamo, prima di tutto, il rispetto per una vita che non c’è più. Siamo pronti ad ascoltare le esigenze e le problematiche del ministero, ma il nostro obiettivo è che accanto a tutte le foto dei ragazzi caduti dal 1950 ad oggi compaia finalmente una medaglia.

Lei ha scritto per questo anche al presidente della Repubblica, che però non l’ha ricevuta. Come si sente?

Mi sento indignato e discriminato. Molti hanno affrontato i propri problemi privatamente, in silenzio e sono stati ricevuti da chi di dovere. Io invece sto manifestando pubblicamente, faccio casino e per questo non vogliono ricevermi.

Oltre alle medaglie vi sentite discriminati anche sul piano economico rispetto ai familiari delle vittime che definite di ‘serie a’?

La nostra non è una questione economica. L’estensione dei benefici a tutti i familiari è una questione secondaria perché non risolve il problema, ma continua ad affermarlo. Noi chiediamo di mettere prima sulla carta il rispetto per il caduto: di concedere lo stesso status, lo stesso riconoscimento, le stesse onorificenze. La differenza che poggia sul concetto di ‘gesto eroico’ infatti, è superata perché il concetto stesso di ‘gesto eroico’ è superato. Il gesto eroico è già il fatto stesso che un ragazzo di 17 anni lasci la propria casa, i propri affetti e la propria vita per servire la propria nazione all’estero. Mio fratello è partito volontario, e questo per me è già un gesto eroico.

Perché chiedete l’estensione dei benefici a tutti i familiari superstiti?

Perché, nel caso in cui il caduto, ad esempio, è coniugato, ai genitori e ai fratelli, non spetta nessuna indennità. Per i parlamentari invece mi risulta che l’estensione di alcuni benefici sia prevista fino ai nipoti.

Qual è il vostro appello al governo?

Noi chiediamo che queste normative vecchie, che non sono mai state ridiscusse, vengano finalmente

affrontate e rinnovate. Dal 1950 ad oggi tutti i militari sono caduti per una sola bandiera, quella italiana, e quindi, a tutti loro spetta un uguale riconoscimento per il loro sacrificio.

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