Coronavirus

Ci sono davvero meno contagi? Cosa si nasconde dietro i dati sul coronavirus

La curva dei 'nuovi casi' e quella dei 'positivi' al coronavirus. Esperti fiduciosi, ma è presto per gioire: cosa dicono i numeri

Ci sono davvero meno contagi? Cosa si nasconde dietro i dati sul coronavirus

Ieri, dopo il consueto bollettino della Protezione Civile, quasi tutti i giornali esultavano: "Per il terzo giorno consecutivo cala il numero di nuovi positivi al coronavirus in Italia". Il numero è incoraggiante, certo. Tuttavia può trarre in inganno. Non è infatti vero, come molti titolavano, che ieri nel Belpaese sono "calati i contagi" da Covid-19. Sarebbe bello, ma le evidenze statistiche - per ora - non forniscono ancora questa informazione.

Va detto che non è così semplice analizzare i dati sul virus "cinese". Intanto perché sono influenzati dalle diverse scelte regionali in tema di tamponi (la Lombardia, per dire, non riesce più a farli a tutti i sintomatici, ma si riserva di sottoporre a test soltanto quelli così gravi da finire in ospedale). E poi perché per parlare di un "rallentamento" servirebbe qualche giorno in più, così da "sterilizzare" eventuali oscillazioni straordinarie dovute - magari - a esiti diagnostici che arrivano in massa in una sola giornata. È meglio dunque fare un po' di chiarezza.

Partiamo da qui. Il totale delle persone colpite da coronavirus dall’inizio dell'epidemia italiana ieri è salito a 69.176 persone, cioè 5.249 unità in più rispetto a lunedì. Questo vuol dire che l'incremento c'è, intorno all'8%, anche se è decisamente inferiore a sei giorni fa, quando il ritmo di crescita correva del 15%. Quel che però bisogna evitare, è lasciarsi ingannare dalla curva degli "attualmente positivi", cioè quelle 54.030 persone con l'infezione attiva. Questo dato infatti può essere significativo per valutare la pressione del coronavirus sul sistema sanitario nazionale, ma non è indicativo per l'andamento generale dei contagi. Più utili sono le curve sui "nuovi casi" o quelle su ospedalizzati e terapie intensive, che riflettono meglio l'andamento dell'epidemia.

grafico protezione civile

(Fonte: Ministero della Salute)

Va detto innanzitutto che il trend degli infetti continua a crescere e non ha iniziato ad appiattirsi (cioè martedì erano più di lunedì), anche se l'incremento è via via meno sostenuto. Molti gioivano perché gli "attualmente positivi" ieri sono stati "solo" 3.612 in più del giorno precedente, mentre lunedì erano cresciuti di 3.780 unità rispetto a domenica. Come potete vedere dal grafico qui sotto (clicca qui), se ci basassimo sulla curva dei "nuovi attualmente positivi" si potrebbe affermare che da tre giorni stiamo osservando un calo dei contagi. Ma in realtà non è questa curva a dircelo. È vero che l'incremento appare meno consistente in questi ultimi tre giorni (giovedì erano stati +4.480, venerdì +4.670, sabato +4.821), ma il dato è influenzato dall'andamento dei morti e dei guariti. I "nuovi attualmente positivi" infatti derivano dai nuovi contagi totali (5.249), cui vengono sottratti i morti (743) e i guariti (894). Paradossalmente, ieri abbiamo esultato per un calo che è dettato dall'enorme numero di decessi e guariti registrati nelle ultime 24 ore. Più gente muore o guarisce, minore è il numero degli "attualmente positivi". Ragionando per assurdo, se il sistema sanitario franasse e i medici non fossero più in grado di intubare i nuovi pazienti che arrivano in ospedale, la curva degli "attualmente positivi" crollerebbe. Ma non ci sarebbe nulla di cui andare fieri.

Grafico contagi nazionale

(Elaborazione ilGiornale.it su dati Ministero della Salute)

Per capire come procede l'epidemia italiana bisogna dunque affidarsi all'andamento dei "nuovi casi". Quanta gente in più è risultata infetta rispetto al giorno precedente? Secondo le statistiche diffuse in serata da Angelo Borrelli, dopo due giorni di riduzione il dato è tornato a crescere. Ieri la variazione giornaliera segnava un +5.249, rispetto al +4.789 di lunedì. Ma potrebbe essere una fluttuazione statistica. È presto infatti per scoraggiarsi, così come lo era gioire per il calo dei due giorni precedenti. È certo incoraggiante il fatto che martedì l'incremento sia stato comunque inferiore al picco registrato sabato. Ma solo quando in tutta Italia il numero assoluto dei nuovi casi sarà minore a quello precedente, e lo sarà per qualche giorno di fila, allora potremo dirci fuori dal pericolo.

Grafico regionale 25 marzo

(Elaborazione ilGiornale.it su dati Ministero della Salute)

Anche perché per ora l'epidemia colpisce in modo differente il Paese, avanzando in maniera asimmetrica lungo lo stivale. Nel grafico qui sopra (clicca qui) abbiamo preso ad esempio quattro regioni che, per numero di casi registrati, ci apparivano maggiormente significativi. Come si può notare, lì dove sono state adottate misure restrittive più drastiche (Lombardia e Veneto), l'incremento dei "nuovi casi" da sabato sta registrando un lieve rallentamento. Diverso il discorso per Emilia Romagna e Liguria, dove solo ieri è apparso un primo calo della curva: mentre domenica e lunedì Milano e Venezia regredivano, Genova e Bologna continuavano a crescere. Per questo è sempre bene osservare le progressioni regionali e non solo quella nazionale.

Attenzione, infine, alla curva dei "nuovi casi" della Lombardia. Tra il 14 e il 17 marzo si è verificato un andamento molto simile a quello che stiamo registrando in questi ultimi tre giorni a livello nazionale: per due volte l'incremento dei casi è rallentato, poi però è tornato a crescere in maniera vertiginosa. Non è detto che succeda di nuovo, anche perché ora sono passati 14 giorni dall'introduzione delle misure restrittive, e quindi c'è da essere fiduciosi. Ma è ancora presto per tirare un sospiro di sollievo.

E sarebbe sciocco abbassare proprio adesso la guardia.

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