Coronavirus

Virus, gli imprenditori in ginocchio: "I soldi sono finiti"

"Abbiamo finito i soldi e lo Stato ci ha abbandonati". Il duro sfogo di Leopoldo, ristoratore romano simbolo di un'Italia in ginocchio

Virus, gli imprenditori in ginocchio: "I soldi sono finiti"

La saracinesca ancora un filo abbassata. Il marciapiede deserto davanti a lui. Quando arriviamo Leopoldo è fuori dalla porta del suo ristorante vicino Campo dei Fiori, nel centro di Roma. Grembiule, mascherina, guanti per proteggersi dal virus. Ci salutiamo da lontano con una stretta di mano virtuale e poi entriamo nel suo mondo. Piccolo e accogliente. La cucina è spoglia. Un solo cuoco armeggia ai fornelli. Le pentole sono riposte con precisione. Spenti i bollitori. Vuota la stecca dove si attaccano le comande. Da settimane ormai il ristorante di Leopoldo ha cambiato faccia. L’incasso giornaliero è andato giù incredibilmente. Gli ordini ridotti all’osso. “Io e il mio socio abbiamo due ristoranti a Roma. Uno ha già chiuso qualche settimana fa, mentre questo resta aperto…più per passione che per soldi. Siamo radicati nel quartiere e i nostri clienti, in questo momento difficile, a volte hanno bisogno di un mano”, ci racconta lo chef.

La saracinesca è chiusa. Nel locale non può più entrare nessuno, ma la cucina resta aperta a pranzo e a cena per qualche consegna a domicilio. Sono passate da poco le 12. Ancora, nessuna telefonata. Zero euro d’incasso. “Ieri abbiamo ricevuto 13 ordini in tutto il giorno”, racconta Leopoldo mentre osserva ancora incredulo gli scontrini della sera precedente. Scorre pensieroso con la mano sul monitor digitale. Una decina di piatti, poco di più. Che finiscono quasi per essere un timelaps delle sue ore passate in cucina. Ora che i clienti sono così pochi, Leopoldo li ricorda uno ad uno e con il sorriso ci racconta: “Questo è un signore anziano che mi ha chiesto un’amatriciana, questo qua sopra invece, ha chiesto una lasagna”.

La passione per il suo lavoro lo fa essere sereno almeno nel parlare di quel poco che riesce a fare. Sono i soldi il problema. Le spese da sostenere. I risparmi finiti in un mese. “Se non arrivano aiuti statali non so quanto possiamo andare avanti”, ammette Leopoldo. Le tasse da pagare. L’affitto, i fornitori. Diciannove dipendenti a contratto a cui dover pagare lo stipendio. “Ieri siamo riusciti a chiedere la cassa integrazione. Io non so come fare, ma queste persone hanno famiglia…è un disastro", continua. Leopoldo pensa a chi lavora con lui, ammette che non riuscirà a pagare nessuno questo mese e gli occhi diventano lucidi, il capo si china verso il pavimento. Ma anche lui ha una famiglia. Moglie e tre figlie a casa. “Non solo mi piange il cuore che non riescano a vedere mai la luce del sole, adesso arriveranno i problemi - aggiunge -. Quelli seri. Perché quando iniziano a mancare i soldi per la fare la spesa è dura.”

La preoccupazione del contagio del virus corre tanto forte quanto la paura di trovarsi spalle al muro senza i soldi per riuscire a campare. È questa la realtà che stanno vivendo la maggior parte degli imprenditori italiani che oggi hanno perso il lavoro e vivono nell’incertezza di un futuro che non si può prevedere, nella speranza che qualcuno li aiuti ad andare avanti. “È giusto stare fermi spiega - Ma per stare fermi ci servono gli aiuti. Lo Stato non può abbandonarci adesso. Non ci sono i soldi? Va bene. Fateci avere un accesso al credito. Ci serve liquidità. Oggi.”

Intanto il governo ha annunciato le prime misure economiche per far fronte all'emergenza conoravirus, nel decreto "Cura Italia”, che si limita alla prevista cassa integrazione in deroga per tutti e annuncia la sospensione dei contributi, per le imprese sotto ai 2 milioni di euro di fatturato, fino al giugno 2020. Tutto il resto rimane un enorme punto interrogativo. E c’è chi non ci stà. “È passato un mese…abbiamo bisogno di risposte”, ci dice lo chef romano.

Quando lo salutiamo dalla porta a vetri del suo ristorate sorride. “Ciao! E…speriamo bene!”

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