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Il vizio dei tennisti-travet che giocano per perdere

Benoit Paire è in fondo la terza via nella guerra non più strisciante tra chi sta con gli organizzatori dei tornei e chi invece vorrebbe mettere in mano tutto il bottino ai giocatori: lui, semplicemente, se ne frega.

Il vizio dei tennisti-travet che giocano per perdere

Forse per far paura alle critiche il Barbablù delle racchette si è fatto crescere ancor di più il pelo intorno al mento. Ma Benoit Paire è in fondo la terza via nella guerra non più strisciante tra chi sta con gli organizzatori dei tornei e chi invece vorrebbe mettere in mano tutto il bottino ai giocatori: lui, semplicemente, se ne frega. Chiamiamolo nichilismo tennistico, in un momento in cui le bolle dello sport hanno alzato l'insofferenza contro le prigioni, seppur dorate, dei tornei. Ma soprattutto si chiama «tanking», ovvero l'abitudine di iscriversi sapendo di non voler andare più in là del primo turno. A volte per scommessa (illegale), spesso solo per stupida furbizia. Basta fare come Benoit, insomma: magari anche fingere di impegnarsi per arrivare al terzo set e poi sparare gli ultimi due punti in piccionaia, possibilmente con doppio fallo annesso. La sportività? Non alloggia sicuramente negli hotel dei Barbablù, visto tra l'altro che con i loro mezzucci possono rovinare un sacco di colleghi alla disperata ricerca di un posto al sole. Per dire: a perdere al primo turno di uno Slam si guadagna di più che vincere, facendo una fatica del diavolo ai confini del mondo, sei tornei Challenger. E per ogni posto che occupa il Paire di turno c'è un plotone di volenterosi tennisti che restano fuori dal tabellone e quindi da un (grande, per loro) bottino che basterebbe per salvare una stagione. E sfamare la famiglia. Ma tant'è: nel circuito i professionisti del mestiere - quelli che si potrebbero considerare il tennisti-travet - si conoscono, eppure la partita è impari. Nessuno per dire riesce a fermare gente come Bernard Tomic o Kei Nishikori, specialisti nel far comparire qua e là qualche dolorino improvviso. Oppure uno come Nick Kyrgios, capace di appoggiarsi a fondo campo e mettersi per qualche game in modalità blackout. E per una multa che arriva ogni tanto, suona molto più spesso il registratore di cassa a premiare la mancanza di rispetto nei confronti di colleghi e spettatori. Perché arrivare alla prova provata è spesso un esercizio complicato. A meno che però non ti trovi davanti uno come Benoit, che te lo dice candidamente pure in faccia e con l'aria un po' schifata.

Che dire: da perfetto Barbablù, lui è davvero una favola.

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