Voto di scambio in salsa grillina

È difficile, anche in un Paese strano come il nostro, inventarsi una ragione per votare 5stelle.

Voto di scambio in salsa grillina

È difficile, anche in un Paese strano come il nostro, inventarsi una ragione per votare 5stelle. Dopo la fallimentare esperienza - per usare un eufemismo - dei due governi Conte o devi essere affetto da puro masochismo, o devi essere del tutto fuori di testa, o deve piacerti il travaglismo più «hard» se desideri davvero rivedere i grillini alla prova. Eppure a guardare i sondaggi Conte e soci sono ancora là. Attorno al 10%. E dalla analisi accurata delle indagini che ha riportato ieri su questo giornale Paolo Bracalini le zone dove lo zoccolo duro grillino appare più radicato sono al Sud, in particolar modo dove c'è una maggiore presenza di percettori del reddito di cittadinanza. Una situazione che rende difficile per i candidati degli altri partiti in loco proporre almeno una riforma della legge viste le tante distorsioni che presenta. Alla fine c'è chi preferisce perdere i freni inibitori come Dario Franceschini che, candidato in Campania dove il reddito di cittadinanza ha assunto il valore del dogma, ha rimosso del tutto dalla sua mente le cronache delle truffe che hanno costellato l'applicazione della norma e lo ha trasformato in un tabù ideologico che precede pure l'agenda Draghi. «Giù le mani dal reddito» è il suo slogan elettorale: punto e basta.

Ma nel Paese che si è inventato il reato del «voto di scambio», nel quale c'è una larga applicazione di quelli sulla «corruzione elettorale» o «sul traffico di influenze», dove per una raccomandazione per un lavoro finisci dietro le sbarre, stride o almeno suscita un minimo di ironia che il meccanismo del «do ut des» sia stato addirittura istituzionalizzato: tu mi garantisci quella cifra (che a seconda dei nuclei famigliari va da 500 a 1200 euro) per starmene a casa e io ti voto. Perché alla fine di tutti i discorsi e di tutti i ragionamenti la sostanza è questa.

E lo «scambio» non si chiude in un'elezione come le scarpe che Achille Lauro prometteva agli elettori, cioè una prima del voto e una dopo, ma si prolunga nel tempo perché l'unico argomento che hanno i 5stelle in questa campagna elettorale è la promessa che il reddito non sarà cancellato o, magari, riformato. Per cui anche chi lo prende di straforo, anche chi truffa guarda ai grillini. Così il «do ut des» rischia di essere perpetuo: il reddito in cambio del voto per una vita.

Eppure il provvedimento è pieno di lacune, era stato immaginato innanzitutto per trovare un lavoro ai disoccupati. Addirittura era stata introdotta la figura dei «navigator» per raggiungere questo obiettivo ma da questo punto di vista la legge si è rivelata un fallimento. Ha creato, però, un meccanismo paradossale: i candidati grillini promettono di garantire il reddito ai loro elettori che lo percepiscono in poltrona a casa e in cambio si assicurano una poltrona in Parlamento e uno stipendio da parlamentari. Reddito per reddito. Una furbizia ben congegnata. In linea con la filosofia grillina, ma che a quanto pare sta facendo adepti in un Pd sbandato che non trova argomenti. Vedi, appunto, Franceschini.

E se questo è il ricatto è difficile che questa norma piena di limiti sarà mai riformata. Continuerà a non trovare lavoro chi non ne ha, ma nel contempo proseguirà questa sorta di «voto di scambio» tra nullafacenti della società civile e nullafacenti del Palazzo.

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