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Via uno zero per ripartire

Sostiene il patron del Real Madrid, Florentino Perez, che "se noi non guadagniamo moriremo e con noi il calcio, che è in rovina"

Via uno zero per ripartire

Sostiene il patron del Real Madrid, Florentino Perez, che «se noi non guadagniamo moriremo e con noi il calcio, che è in rovina». Doveva essere l'argomento decisivo, il ricatto dei big al sistema pallone per porre la Superlega come unica alternativa per la sopravvivenza. Quindi adesso cosa succederà? Se la Superlega non si fa più significa che il calcio chiude bottega? No, non sarà così perché quello di Perez e degli altri 11 golpisti del football europeo era un grande bluff. Dove, non a caso, tutti si dimenticano di raccontare come stanno realmente le cose. Il calcio non sta morendo per il Covid: «Per colpa della pandemia - ha detto ancora Perez - ha perso 5 miliardi. Noi 100 milioni nel 2020 e 300 in questa stagione. Bisogna far qualcosa, bisogna cambiare». Ma prima del Covid? Prendiamo, per esempio, l'ariete italiano della Superlega, la Juve. Il bilancio 2018-19 ha raggiunto i 621 milioni di ricavi, ben 116 in più dell'anno prima. Eppure ha chiuso con 40 milioni di perdite, il doppio dei 19,2 del 2018. E sapete perché? «Per i maggiori costi per il personale tesserato, per 68 milioni» oltre a più ammortamenti e svalutazioni. La sostanza sta tutta qui: le grandi società di calcio, chi più, chi meno, vivono da anni nella situazione di sostenere gli abnormi costi degli stipendi di manager e calciatori senza che questi siano coperti da ricavi almeno equivalenti. È così che vincono i campionati di calcio. Ma anche quelli dei debiti: per restare alla Juve - non se la prendano i suoi tifosi, è che la società bianconera, essendo quotata in Borsa, ha il bilancio più trasparente di tutti - nello stesso bilancio al 30 giugno 2019 registrava 463 milioni di debiti, 153 in più dell'anno prima (effetto Ronaldo).

Lo stesso ragionamento vale per tutti: per gli 8 milioni che pare non bastino a Gigio Donnarumma, portiere del Milan, come per i 12 milioni che l'Inter versa al suo allenatore Antonio Conte. Qualcuno obietta che si tratta di cifre di mercato. Ed è il secondo bluff. Non è così: il mercato è un meccanismo razionale. Ma se la domanda del lavoratore manda a gambe all'aria il suo datore di lavoro c'è qualcosa che non funziona. In quel caso si tratta di un prezzo cosiddetto «fuori mercato». Ed è il caso della Superlega, un'industria finita fuori mercato esclusivamente per la propria incapacità di gestire procuratori, calciatori, allenatori e manager. Ecco chi ha mandato il calcio «in rovina» come dice Florentino. Non il Covid. La soluzione? Semplicissima: siamo nell'era della sostenibilità? E allora anche il calcio si adegui. Basta togliere uno zero. Quanto guadagna Ronaldo, 31 milioni? Beh dall'anno prossimo fanno 3,1, che resta una bella cifretta, o no? Per Conte fanno 1,2. E così via. Perché, come diceva proprio l'avvocato Agnelli, «la festa è finita». Se poi, dopo, alla fine della stagione, la società guadagna finalmente qualche euro, allora ok, si premino i migliori.

Ma dopo, quando si vede se i soldi ci sono, oppure no.

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