MilanoJulio Cruz l'ha fatto ancora. Entra, sta lì qualche minuto sulle ginocchia, sembra sempre che gli manchino le forze per reggersi, poi all'improvviso decide la partita. Con il Lecce, 24 settembre, segna l'1-0 finale sette minuti dopo il suo ingresso, con l'Anorthosis fa il 3-3 quando era in campo da una ventina di minuti, ieri ha atteso il primo dei supplementari per stendere l'Udinese. Non si è ancora capito quale modo abbia di esultare dopo una rete perché i compagni lo fanno sempre sparire sotto una montagna di abbracci. Magari ieri pomeriggio, quando mancava un quarto d'ora scarso alle cinque, avrebbe messo il dito anche lui davanti al naso per far zittire qualcuno. In fondo ne avrebbe il motivo, gol pesanti ma mai una gara iniziata da titolare su sedici. E poi quando entra significa che la squadra è in difficoltà e serve qualcuno che la metta in porta, quindi in genere il suo ingresso avviene in un clima teso, fra fischi che riceve senza colpe. Quel gol al 92' di ieri potrebbe avere un valore immenso sulla classifica finale, visto l'equilibrio che governa questo campionato. Julio però, anche dopo essere uscito da quella montagna umana che lo aveva sommerso, non ha mostrato il dito a nessuno.
Josè invece non ha retto la tensione, un attaccante scarica in porta, un allenatore scarica su chi gli dà più fastidio. E ieri pomeriggio Mourinho s'è dato da fare parecchio, prima Sky, poi la Rai, prima un antipatico siparietto con un giornalista in studio, poi un auricolare che schizza come una tinca, ma prima ancora quel gesto diretto in tribuna del dito davanti al naso appena Morganti ha fischiato la fine di Inter-Udinese. Rivolto a chi? Mourinho ha fatto il nome di Costinha (?), che in tribuna lo stressava in continuazione ricordandogli che la partita non era ancora finita. In realtà è parso un gesto di manciniana memoria, uno sfogo verso quella parte di tribuna o tifoseria che durante la partita si ricicla in grande motivatrice e non la smette di insultare. Lo fece Roberto Mancini dopo la rete di Recoba in Inter-Parma e un incredibile rimonta sullo 0-2 negli ultimissimi minuti. Curioso che Mourinho abbia avuto questa reazione, perché l'argomento erano proprio i confronti con il passato e il Mancio in particolare.
Curioso perché Mourinho sembra si stia mancinizzando, un effetto comune a tutti gli allenatori che trascorrono parte della loro carriera all'Inter. C'è chi costruisce gabbie, Orrico, chi alza muri, Lippi, chi entra nella centrifuga, Trapattoni, su un lunghissimo lenzuolo che prese tutta la curva Nord, a Bagnoli scrissero: liberaci dalle tue ansie.
Quando è arrivato in conferenza stampa, verso le sei del pomeriggio, Josè Mourinho aveva ancora il respiro pesante.
L'Inter ieri non l'ha aiutato molto, la prima cosa seria che si è vista è stata un'azione di Ibrahimovic sulla sinistra dell'area di Handanovic, un'azione di forza che si è conclusa con un destro che il portiere ha respinto dalle parti di Balotelli, nuova mischia questa volta nell'area piccola, un po' di lotta e prima conclusione dell'Inter: era il 12' del secondo tempo.
Il resto una minestra con dentro tanta roba ma senza sapore. Mourinho alla vigilia si era lamentato dell'Udinese perché non si riesce mai a capire come gioca. Ieri invece era evidente: appena uno a caso recuperava la palla, la scagliava rapido per i tre lì davanti, uno più veloce dell'altro. Ma erano contropiede sempre ben congegnati, con gli altri due subito in appoggio. Già all'undicesimo Copelli, il guardalinee sotto la tribuna, aveva fermato un contropiede friulano per fuori gioco apparso dubbio. E quelli dell'Udinese, nonostante avessero giocato giovedì in Uefa, non si sono mai fermati, a cinque dalla fine sono scattati in cinque su una palla rinviata nella metà campo dell'Inter. Ma è altrettanto vero che nei secondi 45' sono stati schiacciati in trenta metri e da lì non ce l'hanno più fatta ad uscire.
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