Politica

Csm: è battaglia tra le correnti sui nuovi consiglieri di Cassazione

L’anticipazione di una norma della riforma Castelli scatena la bagarre

Anna Maria Greco

da Roma

Anche al Csm l’aria da campagna elettorale (a luglio ci sarà il rinnovo) infiamma gli animi. E nel plenum i togati si scontrano per 5 ore e mezza in una lotta senza quartiere, con colpi di scena, eccezioni di tutti i tipi, scambi di accuse furibonde tra le correnti. Qualcuno, addirittura, evoca una «guerra di religione». E tutto questo perché?
Si discute, nell’assemblea di palazzo de’ Marescialli, se anticipare quella parte della riforma dell’ordinamento giudiziario che modifica l’organico dei magistrati di Cassazione, consentendo l’accesso con promozione a 24 consiglieri d’appello. Malgrado le tante grida d’allarme sulla Suprema Corte al collasso per le nuove leggi, le correnti di sinistra Magistratura democratica e Movimento per la giustizia si oppongono strenuamente, ma alla fine perdono la battaglia. Così, il 5 maggio, quando entrerà in vigore uno dei decreti attuativi della riforma Castelli, la Cassazione avrà 41 toghe in più, per colmare in gran parte i suoi 61 posti vuoti: 24, grazie all’applicazione d’urgenza della nuova norma e 17 per l’esito di un normale concorso.
La giustificazione di tanta litigiosità vuole apparire politica, ma dietro ci sarebbe in realtà una lotta di potere tra i diversi gruppi del Palazzaccio, uno scontro intestino tra le correnti anche in vista delle prossime elezioni al Csm. I laici dei due poli (i 4 della Cdl e Luigi Berlinguer dei Ds) assistono quasi da spettatori allo scontro e poi si schierano con Unicost e Magistratura indipendente. Mentre si dividono i due membri di diritto del Csm della Cassazione, il primo presidente Nicola Marvulli pro correnti di sinistra e il procuratore generale Francesco Favara contro e si astiene il vicepresidente Virginio Rognoni. Sia Marvulli che Favara sono in scadenza (il primo lascerà quest’estate e il secondo ad aprile), e l’attesa dei sostituti rende ancora più importante la battaglia per gli equilibri in Cassazione. Che sarà rappresentata a palazzo de’ Marescialli anche da due magistrati eletti.
Md e Movimento, osteggiano in tutti i modi la proposta della maggioranza, sostenendo di non voler applicare in anticipo quella che l’Anm considera una «controriforma» e lo stesso Csm ha giudicato «incostituzionale». Accusano le correnti moderate Unicost e Mi di «un’inversione di rotta». Per loro, è sufficiente provvedere subito alla copertura dei 17 posti messi a concorso l’estate scorsa.
«Non è vero che questa sarebbe la prima applicazione della riforma dell’ordinamento giudiziario - obiettano i togati moderati -, ci sono dei precedenti. La questione viene enfatizzata strumentalmente. Noi difendiamo solo il principio di garantire efficienza e funzionalità alla Cassazione».
C’è chi dice che sulla controversia pesa anche il fatto che l’applicazione della riforma nuocerebbe alla candidatura al Csm di due consiglieri d’Appello della sinistra, c’è chi lo nega. Comunque, sembra strano che chi ha gridato alla paralisi della Cassazione (per ultimo per la legge sull’inappellabilità, come Marvulli), poi giudichi poco urgente l’ingresso di 24 toghe di rinforzo.
Che il restroscena della questione di principio sulla riforma Castelli stia negli equilibri tra correnti della magistratura, è confortato da un altro fatto. Mentre le correnti si scontrano e si dividono sui nuovi magistrati che entreranno al Palazzaccio, quasi in una «lotta di bande», da 3 anni non si preoccupano di nominare i 6 avvocati (2 per ogni anno) che, come stabilisce la Costituzione, devono entrare alla Suprema Corte per «meriti insigni». È stato fatto il bando, sono state presentate le domande dei partecipanti, tante volte la pratica è arrivata inutilmente in plenum, il Consiglio nazionale forense ha protestato per il ritardo, ma al Csm non ci si è mai messi d’accordo su chi meritasse la toga d’ermellino.

In questo caso, le preoccupazioni di coprire vuoti in organico e di far funzionare meglio la Suprema Corte sono passate in secondo piano.

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