Csm, Mancino apre alla riforma. Toghe in rivolta

Fa discutere la posizione del vicepresidente del Csm che vuole una riforma che preveda la riduzione a un terzo dei componenti nominati dalle toghe. La magistratura insorge. L'Anm: "Parole preoccupanti". Il Csm: "Sconcerto e amarezza". Baldassarre: "Meglio la proposta di Violante"

Csm, Mancino apre alla riforma. Toghe in rivolta

Roma - Torna a far discutere la riforma della giustizia propostadal Guardasigilli Angelino Alfano. Ad aprire, questa volta, è il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, che ha parlato di una riforma che preveda la riduzione a un terzo dei componenti nominati dalle toghe. Immediata la reazione della magistratura che volta le spalle a Mancino. Così, mentre l'Anm parla di "parole preoccupanti", il Csm esprime "sconcerto e amarezza". Sotto accusa soprattutto la "correntizzazione" del Csm, avanzata da Mancino.

Mancino apre alla riforma La giustizia è un terreno sul quale "le distanze tra maggioranza e opposizione andrebbero superate". In un’intervista al Corriere della Sera, il vice presidente del Csm, Nicola Mancino, si definisce "fiducioso che una maggioranza parlamentare solida come quella uscita dalle ultime elezioni abbia una responsabilità in più nella ricerca del dialogo". Mancino concorda con la proposta del ministro ombra del Pd per la Giustizia Lanfranco Tenaglia di tre giudici anziché uno per decidere sulle restrizioni alle libertà personali e spiega che per scongiurare il rischio della scarsità dei giudici si dovrà "attingere dai concorsi in atto" e "recuperare magistrati attraverso la riforma delle circoscrizioni giudiziarie, chiudendo gli uffici che non hanno più ragione di esistere". Un compito, quest’ultimo, "difficile e impopolare" che "spetta al ministro della Giustizia". Il vicepresidente del Csm parla di "gravi anomalie" nelle inchieste di Pescara e Potenza e spiega che la corruzione "va colpita, ma con provvedimenti giudiziari che rispondano a requisiti di equilibrio e giustezza". Le intercettazioni "devono servire a completare, non dare inizio a un’indagine". A chi mette in discussione il principio di obbligatorietà dell’azione penale sancito dalla Costituzione, Mancino risponde che "in tempi di emergenza come quelli attuali, se si vuole evitare che la scelta dei processi sia operata dai pubblici ministeri, solo il Parlamento a maggioranza qualificata può stabilire le priorità". Ed invoca una riforma del Csm, che riduca la componente togata nella composizione dell’organo: "Sono contrario - dice - ad aumentare il peso dei laici rispetto ai togati, ma l’attuale differenza è eccessiva" e finora "ha giocato più a favore della correntizzazione, che non di una libera rappresentanza delle diverse componenti in seno al Csm". 

L'Anm: "Parole preoccupanti" L’Associazione nazionale magistrati esprime "stupore e preoccupazione per le dichiarazioni rese dal vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura in una ampia intervista pubblicata oggi su un quotidiano nazionale". Accanto a valutazioni "condivisibili" in tema di indipendenza e collocazione ordinamentale del pubblico ministero, di efficienza del sistema giudiziario e di revisione delle circoscrizioni giudiziarie,la Giunta esecutiva centrale dell’Anm punta il dito contro la "valutazione nettamente negativa su procedimenti penali in corso" fatta da Mancino e della sua proposta di modificare la costituzione della composizione del Csm con una riduzione della componente eletta dai magistrati, con l’effetto di renderla minoritaria. "Il diritto di critica dei provvedimenti giudiziari è - prosegue la Giunta dell’Anm - connotato fondamentale e imprescindibile del sistema democratico, ma il delicato ruolo istituzionale di vicepresidente del Csm e di Presidente della Sezione disciplinare impone particolare prudenza e moderazione nella comunicazione all’esterno di valutazioni sul merito di procedimenti penali in corso".

Il Csm: "Sconcerto e amarezza" Le dichiarazioni rilasciate da Mancino "suscitano in noi sconcerto e amarezza". Lo scrivono in un documento firmato da tutte le correnti dei togati, tranne quella di Magistratura Indipendente, i consiglieri di Palazzo dei Marescialli, sottolineando il proprio "sconcerto in particolare in riferimento alla 'correntizzazione' del Consiglio e alla necessità di evitarla con una diminuzione percentuale del numero dei componenti togati eletti dai magistrati". Tale riferimento, aggiungono i togati, da un lato "non rende giustizia per la sua genericità e indeterminatezza, alla faticosa e impegnativa attività consigliare tesa a dare leale attuazione a una riforma dell’ordinamento giudiziario che pure ha incontrato resistenze diffuse in ampi settori della magistratura e, dall’altro non si preoccupa di argomentare come le modifiche proposte darebbero maggiore razionalità ed efficienza al governo autonomo della magistratura". Sotto accusa sono, in particolare, le parole pronunciate da Mancino sulla 'correntizzazione' del Csm, ma soprattutto "l’auspicio di una riforma del Csm attraverso modifiche della Carta fondamentale" e le "valutazioni espresse sul merito di processi in corso, che sono demandate - sottolineano i consiglieri - ove ne esistano i presupposti, ad atti formali del Consiglio". I consiglieri fanno presente che non intendono "contestare la libertà di ciascuno di esprimere convincimenti e opinioni" ma che vogliono "sottolineare la necessità che anche il cammino delle riforme, di cui pure la giustizia ha bisogno, si compia in modo rispettoso degli interessi in gioco e senza pericoli di delegittimazione della difficile attività che il Consiglio è proprio in questi tempi chiamato a svolgere". I sottoscrittori del documento sottolineano, inoltre, che il riferimento fatto da Mancino alla "correntizzazione del Consiglio non rende giustizia, per la sua genericità e indeterminatezza, alla faticosa e impegnativa attività consiliare, tesa a dare leale attuazione ad una riforma dell’ordinamento giudiziario che pure ha incontrato resistenze diffuse in ampi settori della magistratura". Inoltre, i togati rimproverano a Mancino di non aver argomentato "come le modifiche proposte darebbero maggior razionalità ed efficienza al governo autonomo della magistratura". Quanto all’auspicio di una riforma del Csm attraverso modifiche alla Carta fondamentale, "contraddice - affermano i consiglieri - la nostra comune convinzione della piena validità dell’assetto costituzionale".

Baldassarre appoggia Violante Meglio modificare il Csm come ha proposto Luciano Violante "ricalcando una vecchia idea di Sandulli" (un terzo dei componenti eletti dal Parlamento, un terzo dal Capo dello Stato e un altro terzo dai magistrati), anzichè la riforma prospettata da Nicola Mancino che "rischia di essere inopportuna se si pensa che al Capo dello Stato, ora organo super partes, potrebbe essere attribuito il potere di creare una sua corrente". Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte Costituzionale, concorda solo a metà con quanto proposto dal vicepresidente del Csm. "Sulle priorità dei reati da perseguire sono da sempre favorevole - dice -. L’affollamento dei processi è tale che l’obbligatorietà dell’azione penale è solo teorica. Quindi fa bene Mancino a sostenere che debba essere il Parlamento a indicare quali sono i reati di maggiore allarme sociale da perseguire. In questo modo non si incide sull’obbligatorietà dell’azione penale: gli uffici giudiziari più efficienti possono sempre perseguire tutti i reati, gli altri invece quelli che più allarmano. Non serve neppure una modifica costituzionale, ma solo una legge ordinaria".

Quanto alla critica mossa dall’Anm a Mancino di aver delegittimato, con le sue proposte, l’organo di autogoverno della magistratura, Baldassarre ritiene che "il vicepresidente della magistratura può sempre rilasciare interviste; certo - conclude - un pò di prudenza sui casi ancora in corso forse era consigliabile: non credo che Mancino abbia le carte per dire se a Potenza o a Pescara i magistrati abbiano sbagliato o no".

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