Cuba, l'elisir di lunga vita di Castro e suo fratello Eterne nuove promesse e mai nessuna riforma

La Rivoluzione che si converte al capitalismo? L’ennesima finta svolta di L'avana. E Raul proclama: governanti via dopo 10 anni. Ma lui ne ha già 79... I due fratelli sanno che cambiare la dittatura è più difficile che abbatterla

Cuba, l'elisir di lunga vita di Castro e suo fratello 
Eterne nuove promesse e mai nessuna riforma

A un certo punto del fluviale discorso con cui ha aperto il VI Congresso del Partito comunista cubano - il primo dal 1997 - a Raul Castro è scappata la verità: «Quasi tutti gli accordi presi nei congressi precedenti sono stati dimenticati senza essere stati realizzati» ha detto testualmente. «Mi vergogno di confessarlo pubblicamente». Raul, 79 anni, ma da soli cinque presidente in carica dopo la rinuncia del fratello Fidel, può accampare la scusa che nelle precedenti occasioni non era lui a fare la musica, ma i cubani avranno egualmente tratto le loro conclusioni: da sempre il regime promette riforme, ma poi se le dimentica nei cassetti. La ragione, secondo Yoani Sanchez, leader dei dissidenti e famosa per il suo blog, è molto semplice: il sistema cubano, basato sui divieti, non è riformabile e cercare di aprirlo e perfezionarlo può soltanto provocare la sua fine.
Se si prende per buona questa diagnosi, e nello stesso tempo si presta fede agli impegni presi sabato, stavolta Raul rischia grosso. A richiamare l'attenzione non è tanto l'impegno di limitare d'ora in avanti a due mandati quinquennali tutti gli incarichi pubblici - data l'età, egli e i suoi sodali non corrono rischi - quanto la serie di innovazioni annunciate in campo economico: nuove aperture alla iniziativa privata dopo la legalizzazione di 178 piccole attività, decentramento della produzione e della commercializzazione dei prodotti agroalimentari, maggiore apertura ai capitali stranieri, autorizzazione alla compravendita di case e automobili, concessione di terra demaniale in usufrutto ai contadini. A queste misure liberalizzatici, che sicuramente faranno piacere alla maggioranza dei cubani, fanno peraltro da contraltare alcune altre che potrebbero provocare reazioni negative: il taglio del venti per cento della forza lavoro statale, la introduzione di un sistema fiscale per le nuove attività e soprattutto la (graduale) abolizione della "libreta", la tessera annonaria che da 48 anni garantisce a tutti i cittadini una certa quantità di prodotti alimentari a prezzi calmierati.

Non è la prima volta che Raul parla della necessità di «adattare il socialismo alle sfide del futuro» e di costruire per le nuove generazioni una Cuba diversa. Quanto quella attuale sia tuttora legata al passato è stato simbolicamente dimostrato dalla presenza esclusiva, nella grande parata militare che ha aperto il Congresso per celebrare la continuità della rivoluzione, di vecchie armi fornite dall’Urss. A rappresentare la nuova Cuba, a marcare la differenza con quella «ortodossa» del vecchio Fidel (fisicamente assente da questo Congresso, ma ancora ben presente come padre della patria) ci sono invece fino adesso soprattutto innumerevoli primitive bancarelle dove giovani e vecchi, donne e bambini, cercano di vendere ai passanti poveri oggetti o si offrono di effettuare piccole riparazioni: sono le 200.000 nuove «piccole imprese» che il regime si vanta di avere creato con le riforme del 2009, ma che non danno certo l'impressione della nascita di un libero mercato.

È probabile che Raul, forse impressionato anche dalla rivolta della piazza araba, sia sincero quando afferma che «lo Stato deve diventare più leggero» e il sistema deve «uscire dall'inerzia». Anche il suo sfogo contro i conservatori del partito, che si oppongono alle innovazioni, e il suo lamento per l'assenza di una classe dirigente di ricambio devono essere presi sul serio. È evidente, infine, che gli piacerebbe migliorare i rapporti con gli Stati Uniti, tanto che alla vigilia del Congresso ha concesso a Jimmy Carter di visitare l'isola per tre giorni, incontrare numerosi dissidenti e parlare perfino alla televisione. Ma Castro jr. sa anche benissimo che i sistemi comunisti come il suo possono essere abbattuti, come è accaduto in Unione Sovietica e nei Paesi dell'Europa orientale dopo il fallito tentativo di perestrojka di Gorbaciov, ma difficilmente possono essere cambiati.

Perciò, è improbabile che alle promesse faccia seguire in tempi brevi riforme vere, che modifichino la società dalle fondamenta; cercherà, piuttosto, di arrivare alla fine del suo ciclo concedendo il minimo necessario per non essere sbalzato di sella.

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