Vittorio “Gianni” Capovilla negli anni Settanta vendeva macchinari per l’enologia. Girava l’Europa e scoprì in questo modo che in Svizzera, Germania e Austria esisteva una profonda cultura della distillazione, molto superiore alla nostra, che pure qualche eccellenza la vantiamo. Era l’epoca in cui da noi, soprattutto nel Nord-Est, ognuno distillava in casa con metodologie oggi fuorilegge prodotti scadenti e talvolta pericolosi. Così Capovilla si appassionò agli alambicchi ben fatti, ne assemblò uno acquistato in Austria trafugandone i pezzi attraverso la frontiera e iniziò la sua avventura di distillatore di qualità. Partì dalle vinacce, da lui accuratamente selezionate, poi si spostò su quella che ora è la sua vera passione, la frutta. Oggi Capovilla è un’azienda culto, con sede a Rosà, nel Vicentino, che distilla la frutta prodotta nei quattro ettari dell’azienda agricola (“quella che può crescere bene qui”) e quella che lui stesso cerca incessantemente ovunque. “Tutto – ci dice - nasce da un’equazione semplice: con gli esperimenti che facevo, avevo capito che più buona è la frutta, migliore è il prodotto finale. Se parto da una materia prima eccezionale e straordinaria, l’unico rischio è quello di rovinarla… Io tutto sommato non invento niente, pertanto il primo vero e grande lavoro è quello di produrmi o andare alla ricerca delle materie prime migliori”.
I distillati Capovilla sono oggi famosi in tutto il mondo e alcuni ristoranti se ne contendono le bottiglie per arricchire il loro carrello dei liquori e in alcuni casi (come allo stellato Local di Venezia) per proporre i distillati in un accurato pairing con il cibo. L’altissima qualità è merito della frutta e delle materie prime utilizzate, che in alcuni casi Capovilla stesso, con i suoi familiari e i suoi amici va a carcare da solo, come le bacche e i frutti selvatici. Ma anche delle vinacce che Capovilla va personalmente a farsi diraspare nella Champagne da aziende come Philipponnat e Billecart-Salmon. E a certe macchine che non esistevano e che “Gianni” nel corso della sua attività si è fatto costruire appositamente per migliorare alcuni passaggi della produzione. Poi c’è la conoscenza dei tempi (“l’esperienza accumulata ti fa capire che ogni frutto ha un suo momento migliore per essere colto e lavorato”) e delle tecniche (“la resa in purea delle mele e delle pere è una pratica assai facile, invece per la frutta col nocciolo e altra frutta, la procedura varia da tipologia a tipologia. Per esempio le albicocche e le pesche hanno la mandorla amara e vanno completamente denocciolate, o meglio il frutto va schiacciato senza rompere l’osso e poi con un altro macchinario si denocciola, tenendo così solo la polpa”). Nessun frutto utilizzato da Capovilla ha pesticidi o anticrittogamici, ha una flora di lieviti indigena con cui si attivano fermentazioni spontanee.
Le bottiglie Capovilla sono essenziali, quasi nude. In carta ci sono i distillati di frutta (come le mele, cotogne e decio di Belfiore, le pere williams e buona Luisa, le ciliegie duroni, le albicocche, le pesche saturno, le susine mirabelle), di frutta spontanea (ciliegie e prugne selvatiche, ribes nero, bacche di sambuco, sorbo dell’uccellatore, more di rovo, corniole, sorbe), di uva (fragolino rosso e bianco, Moscato Fior d’Arancio e rosa), di birra. Poi ci sono le grappe da vari vini (Merlot, Cabernet Sauvignon, Amarone, Nebbiolo, Brunello, Traminer) e i rum che sono una passione successiva di Gianni. “Da grande importatore e conoscitore di tutti i rum e non solo, avevo la sensazione che si potesse fare qualcosa di diverso,
di meglio, senza usare distillazioni con colonne continue. Ho iniziato a girare, Nel 2005 sono andato nella Guadalupa, a Marie Galante, un’isoletta straordinaria, bella e tranquilla, ho incontrato Dominique Thiery. Abbiamo mandato a Marie Galante tutta la tecnologia ed è stato un anno di sperimentazione, dovevo conoscere la materia prima. Ufficialmente la prima produzione è uscita nel 2007”. Il rum prodotto da Capovilla è del tipo “agricole”, ovvero fatto direttamente dal succo della canna da zucchero e non con gli scarti della lavorazione dello zucchero. “Il nostro succo non è diluito, le nostre fermentazioni sono a temperatura controllata molto lunghe. E poi c’è la doppia distillazione a bagnomaria, come avviene per la frutta”. La passione per i Tropici ha portato con sé anche il sogno di realizzare distillati da frutta tropicale.
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