Cucina

Elettrica Firenze, tra stelle e lampredotti

La città medicea è depositaria di una tradizione gastronomica immutabile, che ha molti nobili esecutori, ma vive anche una scena creativa estremamente interessante, da De Santis a Hagen, da Mollica ai fratelli Gori di Burde. E poi c’è la mina vagante Xinge Liu

La sala di Atto di Vito Mollica
La sala di Atto di Vito Mollica

Firenze è una città enigmatica per i gourmet. Negli ultimi anni ha visto crescere la proposta fine dining ma i tantissimi turisti che arrivano in riva all’Arno sembrano cercare più la tradizione fatta di piatti robusti e rustici, come la monumentale Fiorentina, la Ribollita, il Lampredotto, la Panzanella, il Crostino, che vengono proposti da tanti indirizzi non sempre in maniera impeccabile.

Partiamo innanzitutto dai locali stellati, che in città sono sette. Il tempio dei gourmet è l’Enoteca Pinchiorri, tristellato da più di vent’anni. Un locale dai costi molto alti e dalla cantina spettacolare, che ha la sua musa in Annie Féolde, mogli del fondatore Giorgio Pinchiorri, che da qualche tempo ha lasciato i mestoli a Riccardo Monco, che non ha abbassato di un centimetro la qualità impeccabile della proposta. Un luogo da pellegrini foodies con il portafogli ben fornito, visto che i due menu degustazione costano 350 euro (Espressione) e 325 (Madre Terra) e naturalmente senza contare il beverage. In via Ghibellina 87, nel quartiere di Santa Croce.

Il Santa Elisabetta è invece un ristorante bistellato che si trova all’interno del Brunelleschi Hotel, in piazza Sant’Elisabetta, non lontano dalla cattedrale di Santa Maria del Fiore. Qui lo chef salernitano Rocco De Santis persegue lontano dai riflettori un’idea di cucina di radici e di memoria, stilisticamente assai personale. Tre i menu degustazione: la Chef Experience a mano libera (239 euro), l’avanguardista In-Contaminazione (219) e Tracce di innovazione (199), rispettivamente composti da 9, 7 e 5 portate. Tanti i piatti imperdibili, mi piace citare i Bottoni in farcia di provola e bietole in guazzetto di seppie all’inzimino.

Karime Lopez di Gucci Osteria
Karime Lopez di Gucci Osteria

Meritano una menzione (e una visita) gli altri cinque ristoranti stellati della città medicea. Primo tra tutti Atto di Vito Mollica, in via del Corso 6 in pieno centro, dove il passionale chef lucano conduce un itinerario di rara coerenza in un ambiente che ha pochi pari in Italia per bellezza, Palazzo Portinari, che stimola un’idea teatrale della cena (di cui l’idea di dividerla in “atti”). E il Risotto con melagrana con salmì di lepre è tra i migliori da me mangiati. Poi c’è Gucci Osteria niente di meno che in piazza della Signoria, al numero 6. Un locale che reca la firma nobile di Massimo Bottura e che in un ambiente “wesandersoniano” propone i piatti della brava cheffe messicana Karime Lopez e del giapponese Takahiko Kondo, ciò che trasforma la cena in un viaggio dei tre mondi. Due piatti a 120 euro, che diventano 140 con il dessert e 180 con l’aggiunta del botturiano Nostro Viaggio a Modena.

Firenze Ariel Hagen - Saporium
Ariel Hagen - Saporium

Il ristorante a mio avviso più interessante del momento a Firenze è però Saporium Firenze, al lungarno Benvenuto Cellini 63R, dove lo chef Ariel Hagen, nome esotico ma fiorentino doc, porta la sua idea di cucina che si nutre dei prodotti dei 13 ettari della tenuta di Borgo Santo Pietro, condotta in regime biologico e studiata come una vera e propria fabbrica della natura: orti, vigneti, allevamenti, alveari, frutteti, un caseificio, un forno, un laboratorio di macerazione. E un ristorante che lavora nella bella stagione ed è il fratello di quello cittadino, che conserva la stessa filosofia. Qui ho mangiato tra le altre cose un Agnello rimarchevole, con lattuga alla brace, arachidi di Venturina e mirtillo rosso.

Restano da segnalare gli ultimi due ristoranti stellati: il Borgo San Jacopo all’omonimo indirizzo, con meravigliosa vista sull’Arno e i piatti dello chef Claudio Mengoni. E Il Palagio del Four Seasons Hotel al 99 di Borgo Pinti, la cui cucina è guidata dall’emiliano Paolo Lavezzini.

Ma per fortuna non di solo fine dining vive Firenze. Piena di locali più tradizionali di ottima qualità. Per trovare la migliore trattoria fiorentina bisogna uscire dal centro, recarsi al numero 154 di via Pistoiese e scoprire Da Burde, dove i fratelli Gori, Paolo (chef) e Andrea (sommelier) vi faranno vivere un’esperienza magnifica in un’atmosfera da antica stazione di posta. Qui ho mangiato il migliore Peposo della mia vita ma tutto (antipasti, minestre, paste asciutte, secondi dalla griglia, anche i dolci) sono popolani e gustosissimi. Occhio, è aperto solo a pranzo, salvo il venerdì quando si cena anche.

Fratelli Gori
Fratelli Gori

Altre buone trattorie fiorentine sono Il Cibreino, fratello minore del ristorante Il Cibreo, entrambi locali dove vive ancora l’anima del fondatore Fabio Picchi, che creò questo posto al 122r di via de’ Macci ed è scomparso due anni fa. Da provare il Lampredotto in umido. Il Latini, trattoria storica in via de’ Palchetti 6R dove con un solo menu degustazione a 60 euro provate tutto quello che c’è da sapere sulla cucina fiorentina (antipasto di formaggi, salumi e crostini, ribollita, pappa al pomodoro, la fiorentina al sangue, cantucci e vin santo). Il Del Fagioli, locale storico in corso Tintori 47 R, che propone ricette storiche in versione super-ortodossa e un’atmosfera decisamente calda. Il Santo Bevitore è un ristorante che ha lavato i piatti in Arno, elegante nella forma ma assai sostanzioso nella proposta, con una delle migliori pappe al pomodoro in città (via Santo Spirito 64/66R). Poi c’è Zeb, una sorta di gastronomia contemporanea dove si mangiano piatti tipici piacevolmente contemporaneizzati issandosi su un lungo bancone (in via San Miniato 2 Rosso). Podere 39 si trova sulla via Senese39R ed è un incrocio tra una bottega e una locanda, che si serve dei prodotti dell’omonima azienda agricola. Spicca anche per i piatti di pesce. Prezzi un po’ alti per lo standard.

Mi piace concludere con due ristoranti diversi ma molto interessanti. Uno è Ora d’Aria, dove lo chef Marco Stabile da anni realizza una cucina di stagione che ha conosciuto momenti entusiasmanti. Notevoli l’Animella di vitello al vin santo e nocciole, e il Piccione con melagrana, guancia affumicata, cibreo. In via dei Georgofili 11R. L’altro è il Gusto di Xinge, in viale Belfiore 2, locale che rappresenta in modo plastico la bizzarra Weltanschauung di Xinge Liu, una giovane eterea cinese con il fisico da mannequin e la visione da artista che ha dato vista a un locale bellissimo e spiazzante. La sua tavola è fatta di piatti cinesi resi eleganti e da condivisione: i migliori dim sum della città, bao e piatti come Dream of Red Chambers, polpette fritte di scampi e mozzarella, e poi l’incredibile Pollo Shibari, una ricetta antichissima che Xinge ha modernizzato rendendola anche esteticamente sorprendente.

Infine, qualche indirizzo sparso ma affidabile: l’innovativo Locale in via delle Seggiole 12R, il Cibleo, versione asiatica del Cibreo con in cucina una brava chef coreana (via Andrea del Verrocchio 2R), il bistrot Konnubio (via dei Conti 8R), l’elegante Nugolo (via della Mattonaia 27R), Cestello Firenze, specializzato in cucina di pesce (piazza di Cestello, 8), il minimale Essenziale (piazza del Cstello, 3R) e Io Osteria Personale in Borgo San Frediano 167R.

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