Evviva i Re, i Santi e i Leoni

E’ il nome del ristorante di Nola di proprietà di Lucio Giordano e con la cucina di Luigi Salomone, un vero gioiello della ristorazione campana. Tre i menu di differenti dimensioni e grado di evoluzione, ma lo sguardo è sempre sulla tradizione reinterpretata e sulla prevalenza del sapore. Molto elegante il locale, ricavato da un edificio ottocentesco ristrutturato con molti tocchi contemporanei

Re Santi e Leoni, lo chef Luigi Salomone
Re Santi e Leoni, lo chef Luigi Salomone
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C’è un piccolo gioiello a Nola, nel vasto hinterland napoletano. Si chiama Re, Santi e Leoni ed è ospitato in un palazzo borghese dell’Ottocento a due passi dalla piazza centrale della città, qualche anno fa soggetto a un suggestivo restauro firmato dall’architetto Giuliano Andrea Dell’Uva che unisce in modo disinvolto antico e contemporaneo, così come del resto fa la cucina dello chef Luigi Salomone, che a nemmeno quarant’anni ha già portato il locale (che appartiene all’imprenditore Lucio Giordano) nel novero dei più interessanti ristoranti della regione, stellato fin dal novembre del 2020, quando erano trascorsi pochi mesi (e un’intera pandemia) dalla sua apertura.

Re Santi e Leoni, il locale
Re Santi e Leoni

Re, Santi e Leoni sono i nomi dei tre menu degustazioni proposti dal locale: il primo è il più conservatore e il più breve: quattro portate a 80 euro; il secondo è intermedio sia come creatività sia come lunghezza, sei piatti a 95 euro (prezzi che a Milano sarebbero impensabili in uno stellato); il terzo è il più coraggioso e avanguardista (ma sempre con un senso della misura) è a mano libera, interpretato ogni giorno da chef Salomone in base al mercato, alla fantasia e anche alle preferenze dei clienti, tenendo chiaramente conto di eventuali allergie o intolleranze, gusti o disgusti. Per chi non vuole essere costretto in un format troppo rigido esiste la possibilità di una carta piuttosto estesa.

Io mi sono affidato allo chef e ne sono stato ripagato con un percorso rigoroso e pieno di sapori equilibrati verso un volume piuttosto alto, perché Salomone certo non è uno che ha paura delle sensazioni forti. Sono partito alla grande con un Cannolo ai cereali con manzo e ricci di mare e sarà stato il buon appetito ma ne avrei mangiati cinque. Poi un’Ostrica con melagrana salicornia e tabasco e quindi, a concludere il preludio, una spassosa Piadina con ventresca di tonno scottato, alga wakami, peperoncini verdi, maionese al wasabi e semi di sesamo tostati, da arrotolare con le mani e mangiare a mozzichi. Così dovrebbe essere l’alta cucina: sempre in contatto con la vita vera, quella quotidiana, e non su una torre d’avorio di fumi, sfere e provette.

Re Santi e Leoni, il locale
Re Santi e Leoni

Andiamo avanti: arrivano i pani, una pagnotta con il suo storico lievito madre, un pezzo di focaccia, un tarallo sugna e pepe, il tutto con burro italiano con scarole, acciughe, uva passa e pinoli. Perfetti per accompagnare i piatti che seguono, che sono l’interessantissimo Scampo con lardo e tre diverse interpretazioni del fico (fresco, in forma di latte e in quella di melassa); il Tuorlo d’uovo marinato alla birra con un cremoso di stravecchio, erbe amare, tartufo e castagne affumicato, che ha il solo limite di una certa difficoltà tecnica a comporre il boccone perfetto; e il confortevole Coniglio all’ischitana in crosta di pasta sfoglia magra con fondo di coniglio, salvia e rosmarino: un piatto che lo stesso chef definisce “piacione” e chi sono io per contraddirlo?

Poi i primi: il Tagliolino con tartufo, mela verde e aringa affumicata, il Risotto bagnato con brodo di foglie di limone, burro di gelsi affumicato, bottarga, nocciola e lime, quasi perfetto se non fosse che il riso dovrebbe a mio avviso cuocere un minuto in meno, quindi un Fungo con mandorla fermentata, e il magnifico Agnello laticauda con gomasio, senape e friarielli, piatto della serata per distacco.

Ecco i dolci, a cura del pastry chef Alessio Iovine: un tris di apripista (Sorbetto agli agrumi, Cioccolato bianco salvia fritta e semi di zucca tostato, Caramello e cremoso di carota), una Pastiera di cui viene presentata la parte esterna (la sola che lo chef da bambino mangiava) con sopra ricotta e canditi e a lato fano, gelato alla pastiera e arancia caramellata

Del pensiero di Salomone mi sono piaciuto molto la rinuncia a troppe manipolazioni, il rispetto del sapore (e con esso del cliente stesso), la tecnica mai ostentata, la pulizia stilistica, la delicatezza che gli fa dire: “Spesso mi dicono che ho una mano femminile”. Il menu è un accorto alternarsi di piatti rassicuranti e di episodi meno immediati, ma l’impressione di insieme è che lui mai cerchi il colpo a effetto. A ciò lo incoraggia, oltre alla grande fiducia di Giordano e a una brigata giovane e affiatata (e molto fedele) il fatto che il locale prospera anche grazie a un efficiente e richiestissimo servizio di catering che consente a Salomone di sottrarsi, nella cucina di RSeL, a logiche prettamente mercantili e a portare avanti il suo pensiero senza compromessi.

Del locale, molto confortevole e luminoso, ho ben detto. La cantina è gestita da Salvatore Matarazzo, la cui carta (600 referenze) è chiara e ben articolata, tra Campania, Francia e uno sguardo completo e competente sulla Francia.

Nella mia serata ho potuto quindi scoprire realtà lontane dal mainstream, anche se i poco avventuristi hanno di che star tranquilli. Il servizio al mio tavolo è stato curato dal giovanissimo Raffaele Semplice, simpaticamente sfrontato.

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