Rinasce il rum di Monte Carlo. Il Principato torna alla terra

L'antica ricetta della Mesccia riportata in vita dal Principe Alberto e dal super esperto italiano Luca Gargano

Rinasce il rum di Monte Carlo. Il Principato torna alla terra

nostro inviato a Monte Carlo

Qui dove oggi un appartamento nel super esclusivo nuovo quartiere di Mareterra costa oltre centomila euro al metro quadro, una volta era tutta campagna. O meglio, tecnicamente era tutto mare, dato che questi sei ettari sono stati strappati al Mediterraneo e consegnati all'edilizia solo pochi anni fa. Ma c'è stato davvero un tempo in cui Monte Carlo era solo un piccolo e bucolico angolo di Riviera tra Nizza e Mentone dedito ad agricoltura e artigianato.

Carlo III e la storia (con un aiutino dell'economia...) hanno poi portato il Principato di Monaco ad essere prima una meta di turismo d'élite e poi lo Stato più ricco al mondo - 180mila dollari di Pil pro-capite -, fino a diventare lo zenit del lusso, dal Grand Casinò alla Société des Bains de Mer, dal Gran Premio di Formula 1 al Salone nautico. Tuttavia, paillettes, finanza e champagne oggi rischiano di offuscare l'anima più autentica di Monte Carlo, le sue radici appunto. Proprio quelle che il Principe Alberto II vuole riscoprire e valorizzare.

Per farlo, l'erede della più antica dinastia del mondo (era il XIII secolo quando il guelfo genovese Francesco Grimaldi detto «Malizia» conquistò il castello locale travestito da monaco), si sta impegnando da anni sul piano culturale e ora, da buon gourmand, anche su quello gastronomico. Niente stoccafisso né fougasse o barbajuan, ma la «resurrezione» di un prodotto dimenticato: la Mesccia, ovvero lo spirito monegasco per antonomasia.

Cosa sia questo enigmatico liquore è presto detto. Nel Seicento, i marinai genovesi si fermavano nel porto di Monte Carlo a fare incetta di agrumi per combattere lo scorbuto durante i lunghi mesi di navigazione. In cambio, lasciavano barili di rum caraibico, che poi la popolazione locale mescolava con vermut, vino aromatizzato, marsala e Ouzo greco. Come spesso accade alle bevande alcoliche, anche la Mesccia passò di moda e pian piano sparì, finché negli anni '70 qualcuno provò a rilanciarla, con esiti discutibili.

Sembrava un capitolo chiuso, finché dagli Archivi di Stato sono riemerse tracce e ricette storiche e al Principe è venuta la pazza idea di ricominciare a produrla per farne una sorta di ambasciatore liquido del vero gusto monegasco. Cosa complicata, perché a Monaco di canna da zucchero ne cresce pochina. Inizialmente si è provato con la canna di provenienza andalusa, ma «durante la fermentazione sviluppava note di tartufo». Non l'ideale, in un rum. Dunque si è andati avanti per tentativi, finché il destino non ha portato nel 2021 il team del Principe a bussare a Villa Paradisetto, proprio in quella Superba Genova con cui i monegaschi condividono la paternità della Mesccia.

Genova è infatti la sede di Velier, l'azienda di importazione e distribuzione di distillati di proprietà di Luca Gargano, unanimemente considerato il più profondo conoscitore del rum a livello mondiale. A lui, anarchico avventuriero e grande imprenditore, hanno chiesto consiglio. Da lui il Principe si è recato per una visita di un'ora ed è rimasto a chiacchierare di rum per una giornata. E a lui si deve «l'uovo di Colombo»: distillare la canna migliore in assoluto («se si distilla un angelo si ottiene un arcangelo», è il motto), ovvero la varietà Crystalline di Haiti, una delle pochissime non ibridate, per creare una versione moderna e decisamente più fine dell'originale. Cioè non mescolata ad altri liquori, cosa che darebbe uno «spiced rum» poco attraente per i consumatori odierni, ma invecchiata in barili che avessero contenuto in precedenza vermut e marsala. «Semplice, ma nessuno ci aveva pensato - sorride lo stesso Gargano durante la presentazione ufficiale al Théâtre du Fort Antoine, nella Monaco vecchia - Ho commissionato un alambicco a fuoco diretto e ad Haiti abbiamo fatto una prima distillazione di puro succo. Il risultato è stato spedito a Monte Carlo per la seconda distillazione di quella che è a tutti gli effetti la madre della Mesccia».

La palla è dunque passata a Philip Culazzo, figlio di un diplomatico italiano nonché master distiller della Distillerie de Monaco, l'unica distilleria del Principato. Inaugurata nel 2017 in un ex negozio di caccia e pesca nei viottoli del quartiere Condamine, produce un gin agli agrumi e due splendidi liquori che contribuiscono a ricreare il vero sapore di Monte Carlo: uno utilizza le arance amare altrimenti destinate al compostaggio e uno è a base di carrube, che nell'Ottocento salvarono la popolazione dalla carestia e la cui pianta è diventata albero nazionale del Principato. Ecco, in questa minuscola boutique craft-deco-chic, in un alambicco tedesco Kothe, Philip distilla per la seconda volta il rum bianco haitiano, dandogli un'impronta raffinata e molto monegasca. Nasce così «Mother Mesccia», il prodotto che riporta il rum a Monte Carlo e che è stato appunto lanciato sul mercato in questi giorni.

«Da sempre Monte Carlo è crocevia di culture - ha spiegato orgogliosamente il Principe Alberto - La Mesccia, che in dialetto monegasco significa miscela è il traguardo di un percorso collettivo di rivalutazione del terroir monegasco, una maniera di far conoscere il nostro patrimonio storico e un'immagine del Principato più legato all'umanità delle persone che qui vivono e lavorano».

Se «Mother Mesccia» arriverà presto sugli scaffali, per la Mesccia invecchiata bisognerà aspettare che il tempo e i barili facciano il loro corso: «Nessuno ha mai fatto maturare rum all'ombra della Rocca di Monte Carlo - sorride Gargano -, ma questo progetto pazzo ci

piace anche per questo. Vedremo come evolverà. Intanto vi posso dire che la versione non invecchiata è fra i tre rhum blanc migliori al mondo».

A Monte Carlo sono fatti così: non riescono a non scommettere sull'eccellenza.

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