
Vel. In latino è un avverbio e una congiunzione, per lo più con valore disgiuntivo, come “oppure”. A Milano, in via Bergamini, a due passi dalla Statale, è l’acronimo dei nomi dei tre protagonisti di una delle più interessanti aperture gastronomiche degli ultimi mesi nel capoluogo lombardo: Valerio Dallamano, lo chef; Enrico Nicolini, direttore di sala e maître; e Laura Bettio, che amministra la baracca, perché qualcuno deve pur far tornare i conti.
I conti in cucina tornano benissimo. Grazie alla bravura di Dallamano, chef brescianissimo con notevoli esperienze per lo più nel Nord-Est italiano (è stato stella Michelin al Wisteria di Venezia, che ha lasciato da qualche mese) e autore di una cucina che rifugge dalle etichette e che lui definisce “estremamente personale, la mia cucina sono io”. Nei suoi piatti si leggono le tante influenze e i tanti magisteri seguiti: principalmente quelli del grande Massimiliano Alajmo, tre stelle Michelin alle Calandre di Rubano, nel Padovano e di Emanuele Scarello, di Agli Amici a Udine. Il risultato è una cucina profondamente contemporanea, tattile, brutalista, che rifugge da decorazioni e arabeschi ed esplora sapori talvolta inconsueti ottenuti grazie a tecniche ben utilizzate (affumicature, fermentazioni, estrazioni) e applicate senza mai forzare su ingredienti freschi, stagionali e di alta qualità. La filiera è corta per quanto possibile: per dire, le erbe selvatiche arrivano dal Parco del Ticino, le farine di grani antichi provengono dalla Brianza. Ma Dallamano non è un pasdaràn del chilometro zero.
Vel propone il menu degustazione dal nome impegnativo, Rivelato, che comprende sei piatti a un prezzo di 160 euro (tra essi A un passo dal frutteto, Sgombro e melanzane e i Maltagliati di polenta ai pepi, schiuma di ricotta di capra e tartufo estivo), un più agile percorso di cinque portate a sorpresa, che ovviamente richiede curiosità e mente aperta (95 euro), oppure la possibilità di pescare da una carta due piatti più dessert a 120 euro e tre piatti più dessert a 135.
Io ho pescato qua e là dai vari menu, facendomi guidare dallo stesso chef: partenza con un gioco di illusionismo, una finta tartare realizzata con melograno e more, un tuorlo d’uovo con punta di arancia, carote e zenzero e una salsa di soia. Un piatto molto tecnico ma anche assai piacevole. Poi, dopo un bicchiere di kombucha di zenzero e una Giardiniera fatta in casa di grande classe, ecco l’Indivia rossa con caffè bianco e una bagna cauda vegetale realizzata con aglio arrosto, coriandolo e santoreggia che riproduce quasi fedelmente la nota pungente dell’alice. Poi ecco la Triglia in tabbouleh mediterraneo, un esercizio di temperature e consistenze assai interessante. Poi un insolito Cavallo di origine padovana sul suo fondo bruno, con due salse (una alla crema di nocciola, l’altra non ricordo). Poi un fresco predessert e un dolce-presepe che mette in scena uno stagno di montagna (ricordo d’infanzia delle visite alla nonna nella sua casa in provincia), con vari ingredienti a riprodurre i vari elementi: l’avocado ricorda la vegetazione, il mango un sasso mango e così via.
Un’esperienza piuttosto avvincente: “Vogliamo che ogni piatto sia parte di un racconto più ampio - spiega Dallamano - in cui la tecnica rigorosa si lega a gesti essenziali, capaci di suscitare emozioni immediate e inaspettate”.
Bello anche il décor: il ristorante si trova all’interno di un palazzo d’epoca, oggetto di una recente riqualificazione. Atmosfera elegante e contemporanea, tavoli in legno senza tovaglie, sulle pareti in cemento levigato opere astratte dell’artista Alvaro Occhipinti, poi pannelli in rovere, lampade in ottone e sedute in velluto. Carta dei vini interessante ma da rimpolpare con il tempo per assecondare le ambizioni del locale. Servizio perfetto di Adal, che è anche una brava bartender.
Un
locale che i milanesi devono ancora scoprire. Il tempo non manca, il talento nemmeno.Vel, via Bergamini 11, Milano. Tel. 3273135559. Aperto dal martedì al sabato a pranzo e a cena. Chiuso la domenica e il lunedì. info@velristorante.it