Cultura e Spettacoli

Roberto Benigni compie 70 anni. I 5 film che non potete non aver visto

Da "Non ci resta che piangere" a "La tigre e la neve": i 70 anni dell'eterno fanciullo del cinema italiano

Roberto Benigni compie 70 anni. I 5 film che non potete non aver visto

È un attore che ha lasciato un’impronta indelebile nel cinema nostrano e in quello internazionale. Amato per un’impareggiabile verve comica e per essere un uomo di grande cultura. Oggi Roberto Benigni compie i suoi "primi" 70 anni e, nonostante l’età che avanza, non ha mai perso il suo spirito da eterno ragazzino. Una particolarità che è diventata una sorta di "marchio di fabbrica". Dicevamo, è un comico ma è anche un provocatore e un trasformista, celebre per la sua "irruenza" verbale e gestuale. Ha mosso i suoi primi passi nel teatro, per trovare spazio – a inizio degli anni ’70 – al cinema e poi in tv. Roberto Benigni ha ridefinito il concetto stesso di comicità, arrivando persino agli Oscar del cinema (con La vita è bella) e, tra l’altro, è stato l’unico interprete maschile che ha vinto un premio Oscar come miglior attore protagonista recitando nel ruolo principale in un film in lingua straniera. Un primato che, prima di lui, è stato vinto solo da Anna Magnani nel 1956 e da Sophia Loren nel 1962.

Non solo, più volte ha confessato il suo amore per i versi di Dante, impegnandosi come lettore e interprete di alcuni versi della Divina Commedia, ricevendo consensi da parte del pubblico. Un uomo di spettacolo a tutto tondo, capace di essere sia un comico che un attore. E, alla soglia dei settanta anni di età, è giusto ricordare il "genio" di Roberto Benigni attraverso i suoi film più celebri e indimenticabili. Ne abbiamo selezionati cinque.

Non ci resta che piangere

Scritto e diretto dallo stesso Roberto Benigni, il film è uscito nelle sale italiane nel lontano 1984 e ha segnato un sodalizio (di amicizia e di lavoro) con il compianto Massimo Troisi, co-protagonista insieme a Benigni. Baciato da ottimi incassi ma con recensioni discordanti, oggi Non ci resta che piangere viene ricordato soprattutto per l’ottima alchimia dentro e fuori dal set tra Troisi e Benigni, e per quella satira pungente e melanconica del rinascimento italiano. La trama, infatti, è molto singolare. Mario è un bidello e Saverio è un insegnate. Fermi a un passaggio a livello si confidano a vicenda. L’auto resta in panne e si trovano costretti a dormire per una notte in un’anonima locanda. Il giorno dopo, per una strana coincidenza, si risvegliano in un immaginario borgo toscano del 1492. Di questo film furono girati tre diversi finali, di cui l’ultimo (frutto di un nuovo montaggio) è stato trasmesso esclusivamente per il pubblico televisivo, nella sua prima visione di Canale 5.

Piccolo diavolo

Roberto-Benigni-film

Diretto e interpretato ancora una volta da Benigni, la pellicola è arrivata nei cinema nel 1988 e all’epoca è stato presentato nella Quinzaine Des Rèalisateurs al festival di Cannes. Famoso per le sue gag comiche, Piccolo diavolo è stato per Roberto un importante banco di prova, tanto da riuscire a "reggere" il film da solo e sulle sue sole gambe, regalando al pubblico un’interpretazione comica da antologia. L’attore ha interpretato Giuditta il quale afferma di essere il figlio del diavolo, che si impossessa del corpo di un uomo dopo che Padre Maurizio ha portato a termine un esorcismo. Chiara e ben mirata presa in giro ai film horror degli anni ’70, in special modo quello de L’esorcista, Benigni conferma ancora una volta le sue doti da mattatore. Girato tra Roma e Taormina, l’attore ha condiviso il set con Walter Matthau.

Johnny Stecchino

Arrivato nelle sale nel 1991, Johnny Stecchino è stato (forse) uno dei più grandi successi di pubblico per un giovane Benigni. Ha incassato ben 42 miliardi delle vecchie lire, tanto da arrivare ai primi posti della classifica di gradimento per la stagione 1991-1992. E, come quasi tutti i suoi lavori, anche Johnny Stecchino, nella sua comicità, vuole essere una satira sulla società dell’epoca e sull'incapacità di agire in modo onesto. Al centro del racconto c’era la storia (strampalata) di un boss della mafia che per sfuggire alla sua condanna, sfrutta la somiglianza con un povero sventurato. Oltre che satira sociale, il film è stato un omaggio a Totò a Parigi, film del 1958.

La vita è bella

Con questo film la carriera di Roberto Benigni ha avuto una svolta che nessuno si sarebbe mai aspettato. Premiato da ottime critiche e da incassi record, il regista è stato molto bravo nel raccontare la tragedia della deportazione degli ebrei durante il secondo conflitto mondiale con i toni di una dolce commedia familiare. Nei cinema dal 1996, La vita è bella non solo ha vinto ben tre premi Oscar, tra cui Miglior film straniero e Miglior attore protagonista, ma anche 9 David di Donatello, 5 Nastri d’argento e il Caèsar come miglior film straniero. Solo in Italia, il film ha incassato ben 92 miliardi di lire, diventando di fatto il film italiano più amato nel nostro Paese e nel resto del mondo. Con La vita è bella tutti si convincono -finalmente - del grande talento di Benigni.

La tigre e la neve

Con un ritrovato successo da parte della critica, Roberto si sente più rinvigorito e continua la sua sperimentazione in campo cinematografico, e nel 2005 arriva nelle sale La tigre e la neve. Visionario e onirico, il film racconta la storia di Attilio, poeta e conoscitore della letteratura italiana, che pur di inseguire l’amore e la donna che crede di amare (interpreta da Nicoletta Braschi, storica compagna del regista), l’uomo intraprende un viaggio fino ai confini estremi dell’Iraq, sfidando la sorte e persino la guerra.

Descritto come "una visione sulla potenza dell’amore" anche questo film riceve il plauso dal pubblico vincendo due Nastri d’argento.

Commenti