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Cultura e turismo sono il petrolio di Genova e Liguria

(...) giudizio estetico sull’eccesso di cemento nella scala che porta verso il mare, è stato recentemente arricchito dal mausoleo che ricorda i Mille. Qualcosa di davvero notevole. Soprattutto, in questi giorni, quando - anche senza le scritte con i nomi dei garibaldini e le sculture in rilievo - la vista del mare davanti a Quarto è qualcosa che riempie il cuore. Un’immagine di una bellezza unica, straordinaria, che mozza il fiato. Un po’ come tutta Genova, ma in questi giorni ancora più forte.
Insomma - e non solo perchè c’è di mezzo una Fondazione che nasce da un’azienda petrolifera - stiamo raccontando di un vero e proprio giacimento. E pazienza se, anzichè di petrolio o di minerali, stiamo parlando di bellezza, di cultura, di turismo. Perchè questo è il petrolio di Genova e della Liguria, dalla straordinaria pista ciclabile Area 24, in riva al mare dell’estremo ponente, fino ai paesaggi da sogno della provincia spezzina.
Questo è il futuro, questa è la vocazione da coltivare. Così come la bellezza e la cultura sono il patrimonio, unico e inimitabile, dell’Italia. Proprio per questo non condivido i tagli alla cultura (non, si badi bene, gli sprechi per mantenere pochi privilegiati o per produrre spettacoli e film visti da poche decine di persone) e proprio per questo credo che la politica in questo settore debba cambiare radicalmente. Proprio per questo ho apprezzato il ripensamento di Giulio Tremonti dopo l’appello del maestro Muti. E proprio per questo credo che le fondazioni bancarie debbano puntare moltissimo sui teatri e soprattutto su quelli periferici. A Genova lo Stabile di Carlo Repetti dimostra quotidianamente di non limitarsi al compitino di mettere insieme una stagione; il Cargo di Laura Sicignano ha la forza di provarci a Voltri, ridando un senso al territorio; la Tosse è stata un presidio per i vicoli; il Politeama fa una ricca stagione senza chiedere un soldo allo Stato; il Verdi e il teatro della Gioventù offrono una programmazione alternativa; altre sale come il Garage o l’Akropolis coprono zone quali San Fruttuoso o Sestri; le piccole sale di quartiere, a partire dal Carignano o dagli Emiliani, riescono a portare vita in zone, magari bellissime, ma che rischiano di diventare incantevoli dormitori notturni. E, soprattutto, su tutti, l’Archivolto di Pina Rando e Giorgio Gallione, oltre a mettere in scena la stagione più interessante della città, è un grande segno di vita per Sampierdarena.
Insomma, se proprio non si vuole parlare di spettacolo e cultura, se proprio ci si tiene a insistere sul sociale - come ha fatto ad esempio la Fondazione Carige - si tenga conto che a Sampierdarena nessuno fa più spettacolo dell’Archivolto. E chissenefrega se nel parlamentino dello spettacolo sono dati vicini al Pd o a Burlando. Anche nel centrodestra, penso ad esempio a Giorgio Bornacin, c’è chi ha capito molto bene questo ruolo. E credo che amici e persone preparate come Pierluigi Vinai e Flavio Reptto non potranno che concordare su questa linea.
Lo ripeterei ogni riga. Cultura, turismo e spettacoli sono la ricchezza di Genova e della Liguria, qualcosa che non si può delocalizzare in alcun modo. E, fossi in Carlo Repetti, proverei in ogni maniera a ritirar fuori quel programma di «città del teatro» che, da ministro dei Beni Culturali, Francesco Rutelli bocciò per darla a Napoli, con logiche che - per stessa ammissione del ministero - prescindevano dalla qualità della proposta genovese, ritenuta ottima anch’essa.
Ma da lì bisogna ripartire, così come bisogna ripartire dalla capacità di un impresario privato come Vincenzo Spera di mettere insieme, da solo, senza la collaborazione delle istituzioni, quando non ostacolato dalle stesse, una stagione musicale di altissimo livello.
Il resto, è il Ducale di Luca Borzani, a cui abbiamo sempre dato tutti i meriti (e sono tanti) e tutte le colpe (e non sono tante) che ha. Così come ha innegabili meriti la Film commission di Andrea Rocco e una parte, non tutto, del lavoro della Regione, con l’assessore Angelo Berlangieri, e a volte anche Claudio Burlando direttamente, in prima fila. Un lavoro appoggiato anche da consiglieri regionali del Pdl che mettono l’interesse di tutti davanti a quello di partito, come hanno fatto sul turismo Roberto Bagnasco e lo stesso capogruppo Matteo Rosso. Pronti poi a riattaccare pesantemente su altre vicende, ma capaci di capire quando è il caso di remare tutti dalla stessa parte.
Insomma, basta uscire dal giro dei consulenti, degli assessori e dei superconsulenti di Palazzo Tursi e dal vuoto di idee e di nomi del Carlo Felice, sempre più avvitato su se stesso, e c’è in giro tanta bella roba. Basterebbe leggere la passione del nostro amico Luciano Ardoino, uno che ha scritto interi testi unici del turismo per Paesi che di turismo vivono, per scoprire un giacimento di idee, messe a disposizione gratuitamente, per di più. E, forse, il problema è proprio quello: che Ardoino lo fa per passione, non per il compenso pubblico. Scrive testi di turismo perchè ci crede, non perchè un ente lo paga. Bella differenza.
Dei giacimenti culturali fa parte certamente Euroflora. Stiamo combattendo una battaglia per pubblicizzarla adeguatamente, ma partendo da una constatazione ovvia: è un valore aggiunto di Genova, non certo un disvalore. Insomma, lo facciamo per tanto amore, non per poco amore.
Così come è dettato dall’amore tutto questo discorso. Il nostro petrolio, non pasoliniano, sta nella bellezza. Il nostro Petrolio, pasoliniano, è la lotta contro «il genocidio dell’Italia tradizionale, borghese e popolare», contro «chi non crede in nulla e governa la Nazione allineando tempeste di caseggiati, gore di lotti color bile o vomito, senza senso, nè di affanno, nè di pace», contro chi ragiona per schieramenti. E, anche stavolta, è Pasolini la nostra bussola: «Ci siamo comportati coi fascisti razzisticamente: li abbiamo subito accettati come rappresentanti inevitabili del male».

E invece basterebbe guardare avanti, non indietro, alle persone, non agli schieramenti, per trovare il bene o il male.
Una città che riparta, anche nella cultura, da queste tre idee di PPP è il nostro futuro. La bellezza è il nostro petrolio.

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