Storia d'assalto

Giugno di fuoco nel Mediterraneo: la battaglia degli aerosiluranti italiani

La "Battaglia di mezzo giugno" fu il primo vero scontro aeronavale nel Mediterraneo e si concluse con una netta vittoria dell'Asse

Giugno di fuoco nel Mediterraneo: la battaglia degli aerosiluranti italiani

L'arma aerea, dal momento del suo apparire sui campi di battaglia, ha rapidamente rivoluzionato il concetto di guerra. Se la Prima Guerra Mondiale, da questo punto di vista, ha svolto il ruolo sperimentale, coi timidi approcci al bombardamento tattico e strategico, la Seconda ha costituito la palestra in cui è maturata l'aviazione militare. E se è ben noto il concetto di “superiorità aerea”, di bombardamento strategico e di appoggio ravvicinato, non va dimenticato che fu importantissimo – e ancora lo è – il connubio tra aereo e siluro.

Nasce il primo reparto

L'Italia, colpevolmente, capì tardi l'importanza dei reparti aerosiluranti: il 25 luglio del 1940, quindi dopo più di un mese di guerra, a Gorizia venne costituito il Reparto Speciale Aerosiluranti il cui primo nucleo di addestramento venne ufficialmente inaugurato il 28 ottobre dello stesso anno, sotto il comando del tenente colonnello Carlo Unia.

La notte di Taranto era distante solo pochi mesi da quel giorno di luglio, ma gli inglesi già sapevano padroneggiare una specialità che si rivelerà cruciale per le battaglie sui mari al pari del bombardamento in picchiata. A tal proposito ricordiamo, oltre a quella maledetta notte del 12 novembre in cui i biplani Swordfish misero fuori combattimento tre nostre corazzate, che fu un unico siluro, sganciato sempre dal medesimo tipo di velivolo decollato dalla portaerei Ark Royal, che a maggio del 1941 azzoppò la corazzata tedesca Bismark in Oceano Atlantico permettendo così alle navi della Royal Navy di completare l'opera e colarla a picco.

La Regia Aeronautica, vista soprattutto l'inefficacia dei bombardamenti effettuati contro bersagli navali, che venivano condotti in quota e in volo livellato come quelli terrestri, cercò quindi, frettolosamente, di mettersi “in pari”, e ci riuscì grazie alla volontà e al genio del colonnello Unia e di un altro personaggio quasi mitologico: il maggiore Carlo Emanuele Buscaglia, che terminerà il conflitto con al suo attivo oltre 100mila tonnellate di naviglio nemico affondate.

Il nuovo reparto, così rapidamente creato, venne subito messo alla prova: la sera del 15 agosto cinque Sm-79 armati di siluri decollarono per il porto di Alessandria d'Egitto dove cercarono, fallendo, di colpire le unità inglesi alla fonda. Tra di essi anche Buscaglia.

Obiettivo degli inglesi: rifornire Malta

La storia che andiamo a raccontarvi, però, avvenne all'inizio del terzo anni di guerra e più precisamente tra il 13 e il 16 giugno del 1942 che rappresenta, forse, una delle più cruente battaglie a cui i nostri aerosiluranti hanno partecipato: la Battaglia di mezzo giugno.

Il piano inglese prevedeva il rifornimento della piazzaforte di Malta tramite due convogli distinti che avrebbero preso il mare contemporaneamente: l'operazione Harpoon da Gibilterra e la Vigorous da Alessandria.

Il dispositivo aeronavale britannico per quella che sarebbe stata la Battaglia di mezzo giugno era imponente. E l'Ammiragliato pensava che le forze italotedesche non fossero in grado di parare questo “uno/due” sul mare. Per dare un'idea delle forze inglesi in campo nella Battaglia di mezzo giugno, ricordiamo che da Gibilterra partirono, nella Forza T, una vecchia corazzata, la Malaya, due portaerei (Argus e Eagle), tre incrociatori (Kenya, Charybdis e Liverpool) e 8 cacciatorpediniere; nella Forza X, quella adibita alla scorta sino a Malta, c'erano un incrociatore leggero contraereo (Cairo) e nove cacciatorpediniere oltre a undici unità minori, mentre da Alessandria salparono otto incrociatori (sei pesanti il Cleopatra, Dido, Hermione, Euryalus, Arethusa e Coventry e due leggeri il Birmingham e il Newcastle) e 25 cacciatorpediniere.

I nostri aerosiluranti vengono chiamati in causa per contrastare i convogli inglesi quasi da subito: la sera del 13, su ordine di Superaereo (il comando della Regia Aeronautica di Roma), decollano dalla Sardegna sette Sm-79 per la massima distanza, ma non trovando i bersagli rientrano alla base.

Il giorno successivo il comando organizza operazioni in massa: sono disponibili in Sardegna 63 aerosiluranti con 48 siluri mentre in Sicilia 14 con 18 siluri. In totale, insieme agli altri velivoli da bombardamento, nelle basi delle nostre isole ci sono 347 aerei pronti per la battaglia che diventerà famosa come la Battaglia di mezzo giugno.

I nostri velivoli martellano la flotta inglese a ondate successive: la prima azione avviene alle 9 del mattino, ma infruttuosa, poi arriva il grosso delle forze composto da Sm-79 e Sm-84 (questi ultimi del 36esimo stormo) che tra il mattino ed il pomeriggio non dà tregua ai marinai inglesi. Il valore dei nostri equipaggi, però, non viene ripagato: scarso è il bottino di questo primo giorno di Battaglia di mezzo giugno con un incrociatore gravemente danneggiato (il Liverpool) ed un mercantile colpito poi affondato dai bombardieri Cant-Z 1007 Bis (il Tanimbar).

Verso le 20:30 del 14, buona parte della scorta inglese, più o meno all'altezza del Golfo di Tunisi, inverte la rotta per tornare a Gibilterra. Resta la Forza X che finirà sotto i cannoni della Regia Marina in quello che viene definito come lo scontro di Pantelleria. La VII Divisione Navale, infatti, aveva preso il mare per intercettare il convoglio britannico e alle 5:30 del mattino, avvistatolo, apre subito il fuoco dagli incrociatori Eugenio di Savoia e Montecuccoli che colpiscono immediatamente i cacciatorpediniere Bedouin e Partridge.

Lo scontro navale durerà circa 10 ore, con diverse fasi e intervalli, a cui partecipano anche aerosiluranti e bombardieri italotedeschi. Gli Sm-79, Sm-84 e Stuka martellano i piroscafi tanto che, a sera, solo due risulteranno indenni: il Troilus e l'Orari.

La storia di Martino Aichner

In questa giornata avviene una storia molto particolare e forse unica nel suo genere: tre Sm-79, di cui uno pilotato da Buscaglia che silura un piroscafo già in avaria, incappano nel cacciatorpediniere Bedouin, danneggiato il giorno precedente e preso a rimorchio da un'altra unità. Ai comandi di un Gobbo Maledetto c'è l'ufficiale pilota di complemento Martino Aichner che, visto il caccia in difficoltà, si getta a pelo d'acqua per attaccarlo. Lasciamo la parola allo stesso Aichner per ricordare quel singolare episodio. “Mi metto in rotta d'attacco e mi abbasso, ma quello spara con tutte le armi di bordo. Lancio a circa 600 metri e quasi nello stesso tempo mi colpiscono a un motore. Sono troppo sotto e non riesco più a fare la virata di scampo. Non mi rimane che passare sopra l'unità inglese e incasso altri colpi. Sono costretto ad ammarare a due miglia dalla mia vittima”.

Il Bedouin, colpito dal siluro di Aichner, dopo essere sbandato sulla sinistra, affonda verso le 13, mentre il pilota ed il suo equipaggio vengono raccolti vero le 20 da un nostro idrovolante di soccorso. Forse è il primo e unico caso in cui un pilota dà il colpo di grazie a un'unità nemica ed assiste al suo affondamento dal battellino di salvataggio dopo essere stato abbattuto dalla stessa unità che ha silurato. Intanto la nostra squadra navale, al comando dell'ammiraglio Da Zara rientra in porto a Napoli ma gli attacchi aerei non si fermano e a fine giornata solo due piroscafi del convoglio partito da Gibilterra riescono ad arrivare a Malta.

Dietro-front in mare

Il convoglio da Alessandria non conobbe sorte migliore. Gli aerei italotedeschi si alternano in ondate successive, a volte senza successo, ma gli attacchi sono così violenti e coordinati che bombe e siluri vanno a segno menomando la flotta britannica. Nel pomeriggio del 15, mentre la nostra Squadra Navale esce da Taranto con una corazzata e quattro incrociatori, un gruppo di 10 aerosiluranti decollati da basi diverse, per puro caso si ritrovano contemporaneamente sui loro obiettivi: un piroscafo va a picco e vengono colpiti due incrociatori anche se i rapporti inglesi negano.

È a questo punto che l'ufficiale comandante il convoglio, l'ammiraglio Phillip Vian, dà l'ordine definitivo di fare dietro-front temendo anche di entrare in contatto con la squadra navale italiana uscita in mare. Se non l'avesse fatto le sue navi sarebbero finite sotto i 381 della corazzata Littorio.

Complessivamente, nella Battaglia di mezzo giugno vengono affondati un incrociatore, cinque cacciatorpediniere e sei mercantili, e vengono danneggiati gravemente cinque incrociatori, tre caccia, una corvetta, un dragamine e tre mercantili. Le perdite da parte italotedesca ammontano a 28 velivoli abbattuti ed un numero imprecisato di danneggiati, ma la nostra flotta perde l'incrociatore Trento, e la corazzata Littorio ha danni a bordo per una bomba e un siluro, mentre il caccia Vivaldi e gli incrociatori Eugenio di Savoia e Montecuccoli sono leggermente danneggiati dal tiro navale britannico.

La Battaglia di mezzo giugno si conclude, così, con una netta vittoria delle forze dell'Asse che dimostrano, per la prima volta – e tardivamente – di essere in grado di effettuare una battaglia aeronavale, se pur ancora con qualche pecca dal punto di vista del coordinamento tra le forze aeree e quelle navali.

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