Anche il male di vivere può avere un "Lieto fine"

Il funerale della madre come rito mondano e rivincita di un figlio disperato. Così si chiude la saga dei "Melrose" di Edward St Aubyn

Anche il male di vivere può avere un "Lieto fine"

Che ridere lo sfacelo della nostra personalità. È come assistere a una commedia in cui siamo protagonisti assoluti e strappiamo a noi stessi sorrisetti sarcastici. Mentre la recita della vita prosegue ci scopriamo dipendenti da tutto. Dalla mamma, che abbiamo rinnegato prima di capire, magari a cinquant'anni, di averla inconsciamente cercata e trovata in tutte le donne che abbiamo amato. Dalle convenzioni, che abbiamo rinnegato prima di capire, magari a cinquant'anni, che la nostra ribellione era sterile al punto di rafforzarle. Dal nostro inutile, spossante, ripetitivo monologo interiore: un perpetuo interrogarsi sui nostri errori, per poi rifarli ogni volta uguali, e raccontarci, per l'ennesima volta, la solita balla: non poteva andare diversamente perché siamo fatti così. Da tutto ciò che sembra spegnere la voce petulante che ci parla dentro, impedendoci di vivere: la droga, l'alcol, i farmaci, il sesso, lo shopping. Dalla ironia, una scusa per essere sempre in due posti diversi, per non prendere mai decisioni nette, per rinviare l'incontro con la verità.

Può essere divertente un romanzo che ci sbatte in faccia tutto questo? Lieto fine (Neri Pozza, pagg. 208, euro 16; in libreria dal 21) di Edward St Aubyn riesce nell'impresa, concludendo in gloria la celebrata saga (semi)autobiografica dei Melrose. Cinque libri, i primi quattro pubblicati in un solo volume uscito pochi mesi fa (I Melrose, Neri Pozza, pagg. 730, euro 19), che seguono le peripezie di Patrick Melrose e della sua famiglia, appartenente alla aristocrazia inglese. Decaduta sì. Ma ancora al centro del «gran mondo», un ambiente ben distinto da quello delle celebrità televisive. Una cerchia ristretta in cui si entra per diritto di nascita o per estrazione sociale. Poche eccezioni sono ammesse. Può aspirare a entrare nel «cerchio magico» solo chi possiede doti come la bellezza o il talento nella conversazione: merce preziosa tra gentiluomini che hanno il timore di essere poco attraenti o noiosi. Patrick, l'alter ego di St Aubyn, ha avuto una infanzia tragica. È stato stuprato dal padre tirannico e brutale. Poi ha trascorso una giovinezza fuori controllo, da tossico perso. Si è fermato un passo prima dell'autodistruzione. Quindi, ottenuta una laurea in giurisprudenza, ha avuto una mezza età normale, e dunque normalmente mediocre. Il naufragio del matrimonio, il declino economico, la solitudine, l'angoscia, la resa definitiva alla bottiglia, il reparto aspiranti suicidi in clinica psichiatrica. Infine, la morte della madre, e con essa il crollo dell'ultima illusione. Patrick infatti scoprirà che la mite Eleanor, dedita alla beneficenza, affascinata dalla spiritualità, abbindolata da una setta new age, non era la semplice vittima ma anche la complice del marito violento. Patrick capisce di essere stato una estensione del masochismo di quella donna da cui cercava invano protezione.

Lieto fine dunque racconta il funerale di Eleanor Melrose come un rito mondano alle varie fasi del quale fanno da contrappunto esilaranti siparietti del «gran mondo» accorso intorno al feretro. Anche il lutto infatti è occasione per sfoggiare snobismo, cinismo (vero o finto), risentimento, invidia, pazzia (latente o conclamata) e soprattutto arguzia, quella versione degradata e degradante dell'intelligenza tanto ammirata dal «gran mondo». St Aubyn è un maestro nel riprodurre l'incessante, vacuo chiacchiericcio degli ospiti, con efficaci effetti satirici. Ma non è tutto qui. Lo scrittore inglese guarda oltre il quadro di costume. Ritrovarsi orfano, con un sospiro di sollievo, pare fornire a Patrick la ormai inattesa possibilità di liberarsi dal passato, che proietta la sua ombra su ogni cosa, e dunque di vivere con spontaneità.

Forse certi traumi non possono essere superati, possono solo essere sotterrati in fondo all'anima, dove rimangono intatti ma invisibili. Riemergeranno, torneranno a tormentarci? Probabile. Nel frattempo abbiamo l'opportunità di abbandonarci al presente. Questa pace priva di vera speranza è l'unico lieto fine che ci è concesso.

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