Armi, acciaio e malattie: ecco cosa decide la storia dei popoli

"Armi, acciaio e malattie" è un sorprendente saggio di Jared Diamond che mostra le determinanti più importanti nell'ascesa e nel declino delle civiltà nella storia umana.

Armi, acciaio e malattie: ecco cosa decide la storia dei popoli

L'evoluzione delle civiltà? Viene dettato dagli equilibri politici e militari; si plasma sulla scia della capacità dei popoli di accedere a materie prime e risorse; soprattutto, si informa sulla scia della resistenza dei popoli ai cambiamenti sistemici dettati dalla natura.

La concentrazione dell'influenza delle varie aree del mondo nella storia è, a detta dello studioso, etologo e sociologo Jared Diamond, combinato disposto tra tre fattori: la capacità tecnica di padroneggiare le armi economiche, industriali e militari per creare e preservare lo sviluppo; l'accesso a materie prime funzionali ad alimentare tale tecnica, con i metalli e l'acciaio capaci per molto tempo di fare la differenza; la resistenza ai patogeni e la capacità di utilizzare le malattie, volutamente o meno, per colpire i popoli ostili. Questa la traccia di Armi, acciaio, malattie, saggio vincitore del Premio Pulitzer nel 1998 con cui Diamond ha presentato una teoria evolutiva della specie umana sulla base di queste precise determinanti.

Diamond, nel libro, parte da una domanda ambiziosa. "Tutti sappiamo che i popoli delle varie parti del mondo hanno avuto storie assai diverse. Nei 13.000 anni trascorsi dalla fine dell’ultima glaciazione, in alcuni casi sono sorte società industriali vere e proprie, in altri società agricole prive di cultura scritta, mentre in altri ancora ci si è fermati a tribù di cacciatori-raccoglitori dotate di soli utensili di pietra". "Tali disuguaglianze hanno avuto un’importanza fondamentale nelle vicende del pianeta, per il semplice fatto che i popoli industrializzati in possesso di una cultura scritta hanno conquistato o sterminato tutti gli altri" continua, "queste diversità sono la base più evidente dell’intera storia del mondo, ma le loro cause rimangono tutt'altro che chiare. Come si sono originate, dunque?".

La risposta sta, per l'autore, nel trittico armi-acciaio-malattie a partire dalla prima determinazione storica del progresso umano: la rivoluzione agricola e dell'allevamento che, nelle grandi masse continentali, portò alla fine del Neolitico allo stanziamento progressivo dei popoli nelle aree fertili dell'Anatolia, della Mesopotamia, dell'India, dell'Egitto, della Cina, delle Americhe.

La geografia e l'ambiente hanno plasmato la velocità di diffusione dell'agricoltura e, assieme ad essa, l'avvicinamento tra animali e uomo: "Solo un numero sorprendentemente piccolo di mammiferi erbivori terrestri sono stati addomesticati nella storia dell’uomo", nota Diamond. Per l’esattezza, quattordici: "Cinque si sono diffusi in tutto il mondo (pecore, capre, buoi, maiali, e cavalli) e nove hanno raggiunto una certa importanza solo nella zona d’origine", dai cammelli ai lama. L’era dei grandi mammiferi domestici "iniziò con pecore, capre e maiali 8000 anni fa e terminò con i cammelli 2500 anni fa, poi più nulla. Quasi tutti i successi in questo campo si sono concentrati nel continente eurasiatico, e questo ha rappresentato un fatto di importanza capitale nella storia dell’umanità". L'agricoltura e l'allevamento hanno trainato le prime comunità, hanno aiutato le comunità umane nei secoli a gestire i processi di zoonosi, cioè la trasmissione virale di patogeni dall'animale all'uomo, rendendo i popoli europei mediamente più resistenti rispetto a quelli latinoamericani.

La geografia ha giocato un ruolo determinante anche nella diffusione della conoscenza tecnologica. Va sottolineato che i popoli del mondo possono ricevere le invenzioni dei vicini con maggiore o minore facilità in maniera direttamente proporzionale al loro collegamento terrestre con essi. Le società agricole stanziali diedero origine alle prime comunità organizzate. La complessità degli Stati nacque proprio a partire dalla necessità di organizzare gli output produttivi e si evolse fino a creare istituzioni, obiettivi strategici, prospettive espansionistiche.

Diamond dà alla geografia il ruolo chiave nel determinare i processi storici. "Perché in Australia non si produssero attrezzi di metallo, non arrivò la scrittura e non si giunse a società complesse?", si chiede per esempio nel saggio. "Fondamentalmente perché questi progressi sono riservati a poche popolazioni numerose di agricoltori, mentre gli aborigeni rimasero sempre cacciatori-raccoglitori" non avendo trovato spazio per sviluppare una cultura agricola in una terra ove "l’aridità, la sterilità e l’incertezza climatica limitarono il numero degli abitanti a poche centinaia di migliaia, in contrasto con le decine di milioni presenti ad esempio in Cina". Il caso più estremo fu rappresentato dai tasmaniani che, nota Diamond, furono isolati per 10mila anni dall'innalzamento del Mare di Bass dopo la glaciazione: "Quando arrivarono gli europei nel 1642, i tasmaniani erano in possesso della cultura materiale più elementare del mondo", privi di tecnologia, pressoché inadatti all'uso delle armi e esposti ai patogeni europei. La popolazione si estinse al primo contatto coi morbi dei colonizzatori.

La miscela di armi-acciaio-malattie, ovvero la somma tra superiorità militare, maggiore efficienza tecnologica e massima capacità di resistere ai patogeni fu per Diamond la chiave di volta per l'espansione coloniale degli europei tra XV e XIX secolo. Anzi, a questi tre elementi Diamond dà un'importanza crescente indicando nelle malattie il vero game-changer: "Morbillo, vaiolo, influenza, tifo, peste e altre malattie decimarono i popoli di interi continenti e furono potenti alleati degli europei", spiega l'autore. Non solo nelle Americhe, perché anche i boscimani del Sudafrica subirono le conseguenze terribile di un'epidemia di vaiolo nel Settecento e lo stesso destino toccò ad alcune popolazioni del Pacifico o di isole dell'Oceania.

Questo significa che il determinismo geografico e le sue conseguenze governano il mondo lasciando poco spazio alle mosse politiche? Tutt'altro, dice Diamond. Imperi come quello di Roma seppero gestire al meglio il rapporto tra spazio, dimensione del potere e gestione delle risorse; altre civiltà, come quella cinese, scelsero di condannarsi all'isolamento perdendo, a cavallo tra il XV e il XVII secolo, importanti vantaggi tecnologici.

Diamond non costruisce una teoria che ha la pretesa di valere erga omnes in ogni periodo della storia, ma prova a tracciare delle rotte ideali nel quadro del contesto storico che ha portato l'umanità al suo percorso attuale. Il merito dell'opera sta soprattutto nella scelta di sottolineare la forza dei contatti e dei conflitti umani nell'essere motori di sviluppo e crescita per le collettività in un contesto in cui sfide, progressi e, molto spesso, anche grandi tragedie storiche si possono inquadrare nel contesto di un viaggio agitato della specie umana, unica nella storia del mondo a spingersi in ogni punto del pianeta per colonizzarlo.

E diffusasi nella sua diversità e nella sua complessità convivendo e spesso utilizzando come arma di scontro il trittico armi-acciaio-malattie. Senza che alcuno spazio sia lasciato a qualsiasi pretesa di superiorità morale, culturale o etnica da parte di un singolo popolo. A cui nel libro di Diamond è precluso ogni spazio.

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