Gli Stati Uniti sono un’icona prima che una nazione, un luogo simbolo. E come tutti i luoghi simbolici, che conquistano l’immaginario, difficili da descrivere. Soprattutto per gli storici. C’è una specie di «effetto Morgana» (quello che fa tremolare l’asfalto sotto il sole) che distorce la percezione di alcuni momenti epocali. E hanno un bel da fare gli specialisti nel cercare di cambiare le cose... Giusto per fare un esempio, la strategia missilistica nucleare degli Usa è stata fortemente sviluppata e resa flessibile da Kennedy (era anche un fan delle azioni delle forze speciali), il quale per tutti resterà sempre un presidente «colomba». Per fortuna però ci sono ricercatori e divulgatori che si ostinano ad andare contro corrente. Di uno di questi, Thomas E. Woods jr., è appena stata pubblicata in Italia Guida politicamente scorretta alla storia degli Stati Uniti d’America (D’Ettoris Editori, pagg. 346, euro 24,90, prefazione di Marco Respinti). Woods è docente di Storia presso il Ludwig von Mises Institute ed è uno dei più noti tra gli storici conservatori Usa. Il suo libro, che ha un preciso taglio politico e negli States ha sollevato un putiferio, è interessante proprio perché con piglio semplice e manualistico fa il tiro al piccione contro una serie di luoghi comuni, allineando tanti fatti e poca ideologia. Eccone alcuni tra i tantissimi e gustosissimi del libro.
COLONI E INDIANI
Nonostante la vulgata, i puritani nel fondare le prime colonie non rubarono la terra agli indiani. La ottennero con trattati e relazioni commerciali che per moltissimo tempo resero felici e soddisfatte entrambe le parti. E molto spesso i tribunali del New England nelle dispute, peraltro piuttosto rare, presero posizione a favore dei nativi. Gli scontri con gli indiani iniziarono molto dopo e non sono quindi un «peccato originale» nella nascita degli States...
RIVOLUZIONI A CONFRONTO
La rivolta fiscale delle tredici colonie e la conseguente Guerra di indipendenza (1775-1783) è stata molto spesso presentata come il modello della Rivoluzione francese (1788-1799). E contingenze politiche dell’epoca hanno in effetti fatto in modo che i due movimenti fossero interrelati e che fra i rivoluzionari (Thomas Jefferson stazionò a lungo a Parigi) ci fossero buoni rapporti, soprattutto in chiave anti inglese. Però le radici ideologiche delle due rivoluzioni erano completamente diverse. Gli americani avevano portato avanti una rivoluzione di stampo conservatore, non volevano trasformare la società delle colonie, ma soltanto tutelarla. I giacobini francesi invece volevano una renovatio totale del mondo.
SECESSIONE
È uno dei periodi su cui la costruzione mitologica è più forte. Peccato però che gli Stati del Sud avessero il diritto costituzionale di separarsi: già dalla nascita degli Stati Uniti molti Stati avevano elaborato clausole che consentivano il distacco dall’Unione se questa fosse diventata oppressiva. E gli stessi antischiavisti avevano chiesto a gran voce di separarsi dagli Stati del Sud. Quanto alle reali opinioni di Lincoln durante la sua carriera politica, molti storici fanno piazza pulita dei suoi discorsi da cui escono frasi come questa: «C’è una differenza biologica tra la razza bianca e quella nera che, credo, impedirà sempre alle due razze di vivere insieme sulla base di un’uguaglianza politica e sociale». Per i primi diciotto mesi di conflitto i Nordisti ebbero un solo obbiettivo: impedire il distacco del Sud, gli schiavi c’entravano poco.
PRIMA GUERRA MONDIALE
L’attacco al «Lusitania», cavalcato dalla stampa interventista americana, non fu portato dai tedeschi in modo proditorio. Avevano pubblicato annunci su tutti i quotidiani spiegando agli americani perché non imbarcarsi su navi inglesi. Woodrow Wilson usò due pesi e due misure favorendo gli inglesi e creando al tavolo della pace i presupposti della Seconda guerra mondiale.
NEW DEAL
Roosevelt è presentato solitamente come colui che ha tirato gli americani fuori dalla Grande Depressione. Woods però evidenzia anche valide opinioni contrarie.
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