Baciami, stupido La scrittrice che ispirò Wilder

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P oco più di cinquant'anni fa esce al cinema una delle commedie più esilaranti di Billy Wilder, Kiss Me, Stupid , Baciami, stupido (1964), con Kim Novak e Dean Martin. Per fare la parte della escort, Polly, inghirlandata dalle musiche di George Gershwin, si erano fatte avanti in tante, da Marilyn Monroe a Brigitte Bardot. Sullo sfondo, però, appare, inquieta e titanica, la figura di un'altra femmina. Basta prestare un grammo di attenzione ai titoli di ingresso del film. Billy Wilder ricava la sceneggiatura di Kiss Me, Stupid da un testo teatrale, L'ora della fantasia , di Anna Bonacci (1892-1981), romana del bel mondo (il padre Teodorico è stato Ministro di Grazia e Giustizia del primo Gabinetto Giolitti), donna estrema, esagerata, elettrizzata da nevrosi ipocondriache, alterata, lo dice lei, da «sogni di grandezza - vanità - civetteria - sensualità - malinconia - desiderio di essere amata da tutti - ma sola». Figura radicale, quella della Bonacci, che rivive in una raffinata Biografia per immagini pubblicata dall'editore Raffaelli (pagg. 190, euro 35; www.raffaellieditore.com) per merito di Anna T. Ossani e Tiziana Mattioli. Autrice di favole, romanzi (sotto il velo dell'amico-amato Guglielmo Della Noce), ma soprattutto di una quindicina di pezzi teatrali. Di successo, se è vero che «dove l'opera di Anna viene messa in scena si registrano incassi da record». A Parigi, per dire, nel 1954, Teatro batte cinema , strilla un quotidiano sottolineando che la fatidica Ora della fantasia fa «295 repliche e ha incassato 160 milioni. Una cifra sorprendente e reale ... senza precedenti per un'opera italiana». Precipitando in una verticale vecchiaia, della Bonacci si perdono le tracce, intinte di feroce malinconia: ma ancora nel 1971 L'ora della fantasia viene messa in scena «nella libera riduzione di Maurizio Costanzo» con Pippo Baudo e Sandra Mondaini. Nel 1975 prende un premio a New York con A Strange Order . Nel testo vien fuori l'esistenza teatrale della Bonacci: tra gli ammiratori annovera Julius Evola, che le scrive sulla carta intestata di Ur , la Rivista di indirizzi per una scienza dell'io , «Le propongo di fare una piccola seduta. Poi, dopo cena, si uscirebbe».

Sapeva sedurli, forse, con marchingegni magici: in un suo taccuino è segnata la ricetta «per farsi amare». Tra i rimedi, «strapparsi tre peli dell'ascella destra, bruciarli in un ferro rovente, raccogliere le ceneri e metterle nel caffè della persona da cui si vuol essere amati». Dopo, baciami, stupido.

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