Controcultura

La Bardot nell'arte da modella a divinità

Da Warhol a Rotella fino a Yasumasa Morimura che "veste" i suoi panni

La Bardot nell'arte da modella a divinità

Non avrà avuto lo stesso numero di riproduzioni di Marilyn Monroe, alla quale gli artisti visivi hanno reso una moltitudine di omaggi concentrati negli anni '60, eppure per impatto e personalità Brigitte Bardot se la gioca con la diva di Hollywood. A cominciare da Andy Warhol, che nel 1974 ricevette la commissione di un ritratto dell'attrice dal marito Gunther Sachs. Ritratto poi realizzato ispirandosi a una bellissima foto di Richard Avedon del 1959. All'epoca il ricco industriale tedesco aveva aperto una galleria ad Amburgo, invitando proprio Andy a esporre, ma la mostra andò malissimo, nessuna opera venduta, tranne appunto il ritratto di BB, acquistato a parziale risarcimento per il flop commerciale.
Un altro specialista in bellezze, Mimmo Rotella, ha lavorato su un'immagine piuttosto inconsueta, una delle meno sensuali eppure altrettanto maliziosa, prelevando un fermo immagine da Le novizie di Guy Casaril (1970), dove Brigitte è (poco) vestita da suora.
Letteralmente ossessionato dall'immagine della donna più bella del mondo è il giapponese Yasumasa Morimura. Performer prima ancora che fotografo, ha letteralmente vestito i panni e i volti dei miti del Novecento, nel bene e nel male, con un'operazione che si collega all'antica tradizione del teatro nipponico per esplodere nella nostra società dell'immagine, a partire dagli anni '90. Morimura è stato Hitler e Mao, Mishima e Che Guevara, Einstein e Lenin, ma dove ha dato il meglio di sé è nel doppio travestimento, l'uomo che diventa donna, l'orientale che si finge occidentale. Le sue interpretazioni di BB rivelano grande fascino, ma anche quell'inquietudine dell'apparire sovrapposto all'essere.
Morimura ne ha studiato pose, abbigliamento, acconciatura ed è diventato Bardot nella vasca da bagno, biker accanto all'Harley Davidson di Serge Gainsboroug, con il cappello di paglia e l'orsetto di pelouche in mano. Dice di sé: «ho impersonato almeno trecento volti. Ogni volta è come un atto di sospensione del proprio io o dell'individualità, diffondendo l'identità di qualcun altro».
Tra gli omaggi più recenti fatti a BB, spicca quello di Vik Muniz, artista brasiliano molto noto in Italia, che si diverte a comporre immagini attraverso materiali più disparati, fotografandone il risultato. Così la sua Bardot è fatta di polvere di diamanti, evidente metafora della volatilità della bellezza.
Equiparando la fotografia professionale all'arte, diversi specialisti si sono misurati con la debordante personalità dell'attrice francese, il già citato Avedon, l'inglese Terry O'Neill che ne è stato fotografo ufficiale, l'italiano Marcello Geppetti. E c'è persino un quadro astratto dello spagnolo Antonio Saura, dove il corpo resta un segno e l'accostamento realistico passa soltanto nel titolo.

È un'opera del 1959, anno in cui il ciclone Bardot investe il mondo del cinema per un inedito immaginario femminile intriso finalmente di modernità.

Commenti