Pequod

Il "Mezzouomo" che ha sconfitto l'Inghilterra

Senza una gamba, un braccio e un occhio, Blas de Lezo è stato uno dei più grandi marinai della storia spagnola. E a Cartagena de las Indias inflisse una sconfitta durissima alla flotta britannica

Blas de Lezo, Il "Mezzouomo" che ha sconfitto l'Inghilterra

La sua storia inizia a Pasaja, un villaggio della provincia basca di Gipuzkoa, quella che in spagnolo è nota come Guipúzcoa. Un'insenatura sull'oceano, una comunità di pescatori e marinai, impegnato da quasi due secoli nel commercio con quelle che erano chiamate le Indie. Ed è qui, fra la salsedine, le storie di mare e quelle avventure raccontate nelle osterie basche da chi magari faceva fortuna con il contrabbando tra Francia e Spagna, che il 3 febbraio 1689 nasceva un uomo che avrebbe impresso il suo nome nella storia della Armada spagnola. E siccome il 3 febbraio si festeggiava, allora come oggi, San Biagio, i suoi genitori decisero di chiamarlo come il santo, o meglio Blas, Blas de Lezo y Olavarrieta. Un nome che per i nemici del regno di Spagna divenne presto sinonimo di sconfitta, o di morte.

Una vita votata al mare

La sua vita fu costellata di battaglie. Non un semplice comandante, ma un uomo che aveva fatto della guerra in mare la sua stessa esistenza. Tra le onde del Mediterraneo e dell'Oceano, sopra le tavole di legno dei suoi galeoni, Blas del Lezo sacrificò tutto, fino al suo stesso corpo. Un corpo che divenne presto talmente martirizzato da diventare l'immagine perfetta della carriera militare di quel basco, e che, parte dopo parte, venne persa dall'ammiraglio tra palle di canone e schegge volate via da navi e fortezze.

La prima grande battaglia combattuta da Blas fu quella di Vélez-Malaga, nel 1704. La più grande battaglia navale della guerra di successione spagnola. La flotta ispano-francese affrontava una squadra composta di navi inglesi e olandesi al largo della Spagna, non lontani da Gibilterra. La battaglia fu vinta in modo abbastanza incerto dalle marine di Francia e Spagna, ma Blas subì la prima terrificante perdita. Una palla di cannone gli strappò una gamba, costringendolo a una amputazione senza alcun tipo di anestesia all'altezza del ginocchio. Un dolore che però non era riuscito a piegare il futuro ammiraglio, a tal punto che gli stessi francesi, sorpresi dal suo coraggio, decisero di premiarlo, così come fece il re di Spagna.

La carriera di Blas de Lezo a quel punto diventò quella di un uomo di mare che a molti lettori potrebbe ricordare il capitano Achab di Moby Dick, il romanzo di Herman Melville. Come Achab, anche Blas inseguì e combatté (per ordine di Sua Maestà) chi gli aveva strappato una gamba. Ma invece di una terribile balena bianca, questo nemico aveva le fattezze ben più complesse e articolate della Marina inglese. Un impero che sarà sempre il vero nemico dell'uomo arrivato da Pasaja.

La caccia agli inglesi di Blas de Lezo

Da quella battaglia di Velez-Malaga, la sua vita fu una continua caccia agli inglesi, dal Mediterraneo alle coste dell'America Latina, e contro tutti i nemici della corona di Spagna. Combatté da Genova a Barcellona, da Palermo a Maiorca, da Orano, sulle coste algerine, fino al Perù (dove sposò Josefa Mónica Pacheco Bustios) e Cuba, dove era stato mandato per liberare i Mari del Sud dall'incubo dei pirati. Non vi era un luogo dell'universo ispanico in cui Blas de Lezo non aveva avuto modo di combattere, di dimostrare le sue qualità strategiche e le sue doti da marinaio e combattente.

La vita a quel punto divenne presto quella di una leggenda vivente. La sua figura - di uomo senza una gamba, poi senza avambraccio destro e infine senza un occhio, il sinistro, probabilmente perso nel Pacifico contro un comandante francese - trasformò quel nome in un essere quasi mitologico. Iniziarono presto a chiamarlo con soprannomi che oggi definiremmo certamente non "politically correct", da "Gamba di legno" a "Mezzouomo". Nomignoli che possono ritenersi feroci e offensivi, ma che a quel tempo servirono ad ammantare l'ammiraglio Blas de Lezo di un'essenza più romanzesca che reale. Nessuno poteva credere che un uomo così fosse in grado di combattere. Eppure la leggenda iniziò presto ad anticipare anche l'arrivo dello stesso comandante, spesso con una fama anche ben superiore rispetto alle reali - pur sorprendenti - qualità del personaggio. In tanti, tra gli storici, cercano oggi da un lato di recuperare una figura per molti decenni quasi dimenticata, dall'altro di depurarla da episodi non confermati o storie che nei secoli si sono sedimentate a tal punto da creare una vera e propria "vulgata" sul comandante basco.

Cartagena de las Indias

Una vita che terminò in battaglia, in quella che probabilmente è ricordata come la sua più grande operazione bellica: la vittoria contro gli inglesi nell'assedio di Cartagena de las Indias, oggi in Colombia. A quell'epoca, la guerra commerciale tra Impero britannico e spagnolo coinvolgeva tutti i mari dei Caraibi. Corsari e flotte regolari si scontravano regolarmente, e al commercio legale si univa il contrabbando e la guerra per catturare più navi possibili al nemico. A scatenare definitivamente le ire di Londra fu un episodio in particolare, che coinvolse un certo Robert Jenckins, mercante e contrabbandiere britannico. La nave spagnola La Isabela, al comando di Juan de León Fandiño, catturò l'imbarcazione rivale e si decise per tagliare un orecchio all'inglese. Si racconta che il comandante spagnolo, guardando il sanguinante Jenckins, gli disse: "Vai a dire al tuo re che gli farò lo stesso se osa fare lo stesso". La leggenda narra che Jenckins andò davvero a Londra presentando il suo orecchio al parlamento britannico. Ma al netto di questa eventualità, quello che è certo è che la corona inglese inviò la sua flotta per colpire vari porti spagnoli dell'America.

Nel 1741 le squadre britanniche arrivarono anche a Cartagena de las Indias, al comando dell'ammiraglio Edward Vernon, che per un curioso caso della storia combatté contro Blas nella battaglia di Malaga. Vernon aveva con sé 186 navi e 30mila soldati. Lezo, insieme al viceré Sebastián de Eslava (figura spesso mitizzata, al contrario, come antagonista) poteva contare solo su poco più di 3500 soldati, tra cui centinaia di nativi poco equipaggiati, e su sei navi. Tutto sembrava far presagire una vittoria schiacciante delle forze inglesi, e invece Lezo mise in atto una serie di tattiche che annientarono gran parte del vantaggio britannico e che vennero accettate - pur suo malgrado - dal viceré e comandante in capo della roccaforte. L'ammiraglio, rafforzato il forte di San Felipe, decise di distruggere alcune navi per impedire il passaggio della flotta avversaria e per evitare che gli inglesi ne prendessero possesso. I passaggi lasciati liberi al nemico per assediare la roccaforte erano in aree acquitrinose infestate dalle zanzare, con la malaria che in pochi giorni iniziò a mietere le loro prime vittime. Si dice anche che Lezo utilizzò falsi informatori per dare notizie sbagliate a Vernon. Il forte, difeso da un fossato ampliato per evitare che potesse essere preso dall'esterno, divenne presto un baluardo fatto di cannoni e uomini armati di machete e fucili. E mentre gli spagnoli continuavano a martellare le navi inglesi, gli uomini che provavano a assediare la fortezza morivano per malattia o ferite.

Leggende e "damnatio"

La grande vittoria di Cartagena, arrivata con l'abbandono dell'ultima nave di Londra il 20 maggio 1741, fu anche l'ultima battaglia dell'ammiraglio. Durante le prime settimane dell'assedio, infatti, una scheggia di legno si infilò nella carne di Blas de Lezo, provocandogli la cancrena e una malattia che lo condusse alla morte dopo pochi mesi. Mai ricompensato per quella vittoria, che prolungò di qualche decennio il dominio ispanico sui Caraibi, fu così costretto a subire quasi una damnatio memoriae dai suoi nemici a corte. Le sue spoglie, come scrive il quotidiano spagnolo Abc, dovrebbero riposare nel convento di Santo Domingo de Cartagena de Indias, ma per molto tempo non si è saputo nemmeno dove fossero. Nei secoli, su quella battaglia sono sorte alcune leggende. C'è addirittura chi raccontava che in Inghilterra fosse stato vietato il solo parlare di quello scontro, mentre altri raccontavano la leggenda di una serie di monete commemorative fatte coniare prima che Vernon informasse sul risultato dell'assedio. Leggende che hanno continuato per secoli a unirsi alla storia, vera e spesso dimenticata, di un basco che difese ovunque la corona spagnola.

Un uomo votato al mare e che ha trovato la sua fine ma anche la sua eternità, nell'eterna lotta contro il suo nemico di sempre.

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