«Caro Coetzee», «Caro Auster» Che noia la vita attraverso i fax

La corrispondenza tra il premio Nobel sudafricano e lo scrittore di Newark suona retorica e banale. Sono più interessanti le false interviste di Debenedetti...

Io li ho sempre trovati noiosissimi entrambi, ma non pensavo fossero così amici, e soprattutto non pensavo fossero così. Insomma, più involontariamente comici di J.M. Coetzee e Paul Auster che si scrivono lettere credo ci siano solo gli epistolari su Repubblica tra Eugenio e Francesco. Il carteggio Qui e ora. Lettere 2008-2011 (Einaudi), inizia con una profondissima riflessione di Coetzee sull'amore: «Gli uomini si innamorano di donne che gli ricordano la madre o, piuttosto, che gli ricordano e non gli ricordano la loro madre. Vero? Forse sì e forse no. Interessante? Decisamente sì». Neppure Erri De Luca e Alessandro Baricco insieme arrivano a tanto. Dopodiché si dedica a sviscerare il concetto filosofico dell'amicizia: «Ora passiamo all'amicizia. Chi scelgono gli uomini come amici? Altri amici all'incirca della stessa età, con interessi analoghi, dicono i libri. Vero? Forse. Interessante? Decisamente no».

Uno pensa: se questo è un Nobel. Poi pensa: se questo è un uomo. Poi pensa meglio: se questo è un bambino normale, perché già un bambino di otto anni li prenderebbe per ritardati. Quell'altro poi, Auster, gli risponde tutto serio: «Caro John, è una questione sulla quale negli anni ho riflettuto molto. Non posso dire di essermi formato un'opinione stabile sull'amicizia, ma in risposta alla tua lettera che ha suscitato in me un turbine di pensieri e di ricordi ora è il momento di tentare».

È più forte di loro, qualsiasi cosa commentata da loro diventa ridicola, un dialogo tra Forrest Gump e Rain Man. Tipo, guardano una partita in tv e Coetzee scrive all'amico: «Caro Paul (...) lo sport è veramente come il peccato? Che si disapprova ma a cui si cede perché la carne è debole?». Tenete presente che siamo nel 2010 ma i due si inviano ancora i fax: «Caro John, torno da un viaggio e trovo ad aspettarmi il tuo nuovo fax».
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Vita attraverso le lettere”, si chiamava una celebre collana einaudiana, qui vita attraverso i fax con le mogli sempre al seguito, quella di Paul si chiama Dorothy, quella di Coetzee invece Siri, come l'assistente virtuale della Apple, anche se Coetzee l'iPhone non sa neppure cosa sia. Oltre alla mail non usa neppure il cellulare, così anche Paul si sente in colpa e si giustifica perché invece i personaggi dei suoi romanzi usano il cellulare: «La presenza/assenza dei telefoni cellulari nel nostro universo romanzesco diventerà, temo, questione di non poco conto». L'argomentazione convince John: «Caro Paul (...) sì, oggi tutti questi strumenti sono parte integrante della vita quotidiana, e gli scrittori non possono parlare del mondo contemporaneo senza riconoscere l'esistenza di tali invenzioni». Per cui da ora in poi forse nei romanzi di Coetzee, grazie a Paul, si potranno telefonare per mezzo di tali invenzioni.

Seguono discorsi su Israele, per dare un po' di pathos semitico al carteggio, e su Kafka, se seguisse o meno la dieta ebraica, e sull'India, dove c'è la povertà. Ma la vera chicca è su Philip Roth. Coetzee non l'ha mai letto, lo legge e non gli piace, «È un gran guazzabuglio». Paul Auster è un fan di Roth, ma si risente quando Coetzee gli dice che si muove nelle stesse acque di Roth: «Io nuoterei nelle stesse acque di Roth?». Subito si giustifica come un marito con la moglie: «Qualche volta le nostre strade si sono incrociate, abbiamo fatto un paio di cene con Don DeLillo e ci siamo scambiati qualche lettera. In altre parole è un mio conoscente, non un amico stretto». Si capisce che Paul ha pure il cellulare di Roth e DeLillo, ma ha paura della scenata di John.

Uno scoop: i due parlano perfino di Tommaso Debenedetti, il figlio di Antonio Debenedetti che falsificò diverse interviste di scrittori americani, tra cui le loro. «Sono confuso» scrive Paul a John.

«Perché mai uno dovrebbe sbattersi tanto per falsificare incontri con scrittori, che, come sappiamo, sono le persone meno importanti del mondo?». Come perché mai: dopo aver letto l'epistolario, dobbiamo rivalutare Debenedetti, e loro dovrebbero ringraziarlo, falsificarli era l'unico modo di farli sembrare intelligenti.

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