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Dalla carta al marmo: ecco l’iter creativo di Antonio Canova

Palazzo Braschi a Roma ospita una mostra che spiega attraverso disegni e dipinti come il maestro veneto ha superato (indenne) le turbolenze barocche per fondare l’estetica del gusto classicista

Dalla carta al marmo: ecco l’iter creativo di Antonio Canova
Dalla carta al marmo: ecco l’iter creativo di Antonio Canova

Antonio Canova «solea gittare in carta il suo pensiero con pochi e semplicissimi tratti, che più volte ritoccava e modificava»: nelle parole dello storico dell’arte Leopoldo Cicognara si misura l’urgenza della trasposizione del pensiero e dell’immagine sulla carta e la funzione personale e segreta di questi segni, indice di una modernità esistenziale e di prassi esecutiva che crea continuamente sorpresa e meraviglia in chi vi si accosta. Ecco che quindi assume un’importanza vitale il ricchissimo fondo del Museo civico di Bassano del Grappa ora «in trasferta» nella capitale. Per la mostra «Canova. Il segno della gloria. Disegni, dipinti e sculture» che si è aperta oggi e che chiuderà il prossimo 7 aprile, si è scelta la cornice «naturale» più logica: Palazzo Braschi. Quei disegni preparatori, quelle intuizioni su carta, possono più facilmente essere capite dagli ospiti del Museo romano per antonomasia. I 79 disegni sono stati selezionati tra i 1800 circa che costituiscono la raccolta bassanese (tra l’altro la più grande raccolta al mondo di disegni di un artista), donata a metà Ottocento all’appena inaugurato Museo Civico da Giambattista Sartori Canova, fratellastro dell’artista e suo erede universale. I disegni sono accompagnati da 15 acqueforti delle opere realizzate, 6 modelli originali in gesso, da quattro tempere, un dipinto ad olio, due terrecotte e due marmi che consentono di visualizzare il passaggio dalla fase ideativa alla realizzazione dell’opera. Una scelta che offre un quadro storico ineguagliabile dell’Europa tra Settecento e Ottocento, chiarendo il ruolo di Canova come primo artista della modernità. Una mostra che affronta per la prima volta lo studio del disegno di Canova da due punti di vista: quello stilistico, facendo luce sulle sue caratteristiche e sul rapporto con gli artisti contemporanei e quello di prima idea per l’opera poi realizzata. Una prima sezione della mostra seleziona dall’intera produzione grafica di Antonio Canova fogli che raccontano perfettamente la varietà del suo segno e dei metodi di progettazione. Partendo poi dal disegno, l’esposizione individua due principali percorsi di lettura dell’opera canoviana: il rapporto con la scultura antica delle collezioni romane e con i personaggi storici e della cultura del suo tempo. Qui sarà possibile ammirare i disegni per i monumenti e le sculture di Clemente XIV, Napoleone Bonaparte, Maria Luisa d’Asburgo, Maria Cristina d’Austria, Carlo III e Ferdinando I di Borbone, George Washington, Vittorio Alfieri, Orazio Nelson, e Paolina Borghese Bonaparte e opere commissionate da Giorgio IV re d’Inghilterra e Joséphine de Beauharnais Bonaparte. In questa sezione sono accostate le incisioni fatte eseguire da Canova per offrire l’immagine dell’opera realizzata e alcune opere, cinque bozzetti in gesso e in terracotta e due dipinti, parte integrante dell’iter della realizzazione. Completano e arricchiscono la mostra i disegni per tre importanti opere realizzate, la «Venere Italica», il «Creugante e Damosseno» per Pio VII e l’«Ercole e Lica» per il banchiere Torlonia. Nel 1858 il bassanese Gian Jacopo Ferrazzi, nel commemorare la donazione del lascito canoviano al Museo di Bassano e il ruolo che il disegno aveva avuto nell’iter realizzativo delle sue sculture, scrisse: «Noi siamo gli avventurati possessori della storia del suo pensiero». Ed è proprio l’identificazione del disegno con il pensiero che viene ripetutamente riproposta dalle fonti contemporanee. «Pensieri delineati a lapis», la sintetica ma efficace descrizione dei disegni dell’illustre fratello da parte di Giambattista Sartori, interpreta i tratti canoviani come la prima fase dell’«invenzione» e consente di seguire attraverso la loro lettura tutte le fasi della nascita delle opere. Il ruolo del disegno nella sua opera è segnalato dal suo biografo, Melchior Missirini (1824) come pari allo scalpello, quali «istrumenti che guidano all’immortalità».

Il disegno come «pensiero» dell’opera realizzata dunque, ma anche come «ricordo» di esperienze di vita, di studio e di lavoro che si trasformano nella mostra in strumento per comprendere la complessità della personalità e dell’opera di questo grande scultore veneto, che si formò nelle terre della sua nascita per affermarsi poi nella culla della scultura classica e barocca, a Roma, in un periodo storico di grandi cambiamenti che introduce all’Età moderna.

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