Le carte ritrovate«Einaudi mi ha risposto! Accetta il libro»

Rina tesoro bello ciao,
finalmente una buona notizia: Einaudi mi ha scritto da Torino. Il libro è stato accettato e ho avuto un sacco e mezzo di complimenti da Vittorini: chi se l'aspettava, ormai. Così ci mancano ancora troppo cose, però.
Tu in testa a tutte. Tu non sei con me e io sono stanco di scriverti e di pensarti e di sentirti solo dentro, camminare sotto la pelle come un'erba che cresce. Ho solo voglia di vederti e baciarti e stare bene comodo pulito allegro e sano e forte (come non sono più) con te. Ti amo e vorrei avere speranze e forze ma non ne ho e tu nemmeno ne hai da darmi. Se ne avessi te le avrei già chieste e portate via, perciò non cercare di consolarmi inutilmente. Ciao bellezza, e non cercare di scapparmi mai, ma vienimi incontro. Non ti dico niente di Napoli per non farti morire da sola, e subito. È tiepida e lunga, per adesso. Poi ti scriverò, con più calore, se avrò voglia di scriverti di Napoli e non un sacco di inutili bellissime parole, invece.
Napoli, 6 ottobre 1951

Cara Rina,
sono solo in questo ufficio pieno di polvere, è domenica, cielo basso grigio con aeroplani, fuori in cortile c'è il quadrato delle truppe intorno al prete per la messa, ho finito di firmare un sacco di permessi al posto dell'ufficiale (firmai fino a mezzanotte, un giorno o l'altro vado dentro per questo, ma chi se ne frega) sono tranquillo e pesante, una tranquillità così idiota mai mi era successa.
Ti riporto la lettera di Einaudi arrivatami ieri: «Caro signor Arpino, siamo lieti di comunicarle che il suo romanzo Sei stato felice, Giovanni è molto piaciuto a Elio Vittorini. Riportiamo dagli appunti di Vittorini: “Neorealismo con parolacce, però con una vera città dentro e della vera gente (e dire che io dicevo di no, che non c'ero riuscito bene), mica roba tirata su aiutandosi coi ricordi del cinema. Il dialogo hemingwayano senza falsi pudori: se ne frega di lasciarlo vedere, e allora devi dire che fa bene. Mi sembra insomma un buon libro. Qualche difetto di monotonia (nei primi capitoli) e di compiacimento potrebbe essere eliminato. Per questo sarebbe bene parlare con l'autore”. Pensiamo perciò di combinare un incontro tra Vittorini e lei presso la nostra sede, la prima volta che Vittorini verrà a Torino. La salutiamo con viva cordialità, Giulio E.». Fine.
Non c'è male davvero. E dire che io non ci credevo poi troppo a questo libro. Il prossimo sarà migliore, se avrò te. Il tempo mi aiuterà a farlo insieme. Sento che sto perdendo il tempo come una tappa, ma che sto perdendo te è una vera tragedia.

Non ti ho mai, né di giorno né di notte, né nel buio né a mezzogiorno, né camminando né seduto. Ho troppo bisogno di toccarti e parlare con te, di ridere e star bene. Non scapparmi mai e vieni via con me appena puoi. Presto.
Napoli, 7 ottobre 1951

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