Cultura e Spettacoli

Le confessioni di un apolide in cerca di mutamenti radicaliIl libro

Alla fine di ottobre 1933, Emil Cioran si sposta in Germania. Ha appena finito di scrivere il suo primo libro, Al culmine della disperazione, e ha vinto una borsa di studio presso la prestigiosa Fondazione Humboldt. Si stabilirà prima a Berlino, dove seguirà le lezioni di Nicolai Hartmann e di Ludwig Klages, iscrivendosi anche a un corso di psichiatria. Quindi a Monaco, fino all'anno successivo. Il 4 settembre 1933 anticipa il suo viaggio all'amico Arsavir Acterian in una lettera adesso tradotta in italiano, con altre ventidue scritte da Cioran in anni giovanili. Si intitola Lettere al culmine della disperazione (1930-1934), ed esce oggi, il volume edito da Mimesis curato da Giovanni Rotiroti, con traduzioni di Marisa Salzillo e con una postfazione di Antonio Di Gennaro, che raccoglie queste lettere spedite dal filosofo di Rãsinari a Bucur Tincu, Arsavir Acterian, Petre Comarnescu, Mircea Eliade e Nicolae Tatu. A Berlino, Cioran deciderà di seguire il buddhismo e tanta buona musica. Un rimedio contro il nazionalsocialismo, dirà. Ma una medicina invero poco efficace, come si evince da altre missive. Berlino è luogo tutt'altro che insignificante. E in Germania come in Romania sarebbe auspicabile qualcosa di nuovo. Come una dittatura. Scriverà a Eliade, è «difficile trovare uomini illustri: tutti hanno un'ampia cultura, ma pochi oltrepassano la storia che è il virus della cultura tedesca.

Comunque sto bene a Berlino e mi entusiasma il suo ordine politico»; e poi a Tatu: «Berlino è una città che ha troppo stile, troppa storia, troppe tradizioni; la sua architettura rigida e triste mi fa sentire veramente a disagio».

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