Cultura e Spettacoli

Conti in rosso e burocrazia Così Brera resterà "piccola"

La Pinacoteca milanese deve diventare Fondazione aperta ai privati oppure no? Una cosa è certa: l'attuale gestione le impedisce di competere con altre istituzioni

La Pinacoteca di Brera, a Milano, come caso esemplare del dibattito in corso sull'ingresso o meno dei privati nella gestione dei Beni culturali. Il decreto sullo sviluppo, all'articolo 8, prevede la creazione della Grande Brera «quale fondazione privata incaricata di gestire la Pinacoteca nazionale». La soluzione ha il fine di incentivare i privati a investire nel museo, ovviando così alla costante carenza di fondi statali. Il mondo della cultura, però, si è spaccato in due. Da una parte, c'è l'appello di personalità quali Salvatore Settis, Carlo Ginzburg, Alberto Asor Rosa, che contesta la decisione. D'altro canto c'è chi ha sottoscritto un appello per il motivo opposto, ovvero chiedere di velocizzare la trasformazione di Brera in Fondazione. Hanno firmato, tra gli altri, Alain Elkann, Carlo Fuortes, Sergio Chiamparino, Giordano Bruno Guerri.

Per la Pinacoteca di Brera, serve o non serve una fondazione? Ecco qual­che dato. Non è da oggi che Milano si interroga su Brera. La «questione pinacoteca» è una delle ombre irrisolte degli ultimi cin­quant’anni di gestione culturale cit­tadina. Vediamone la storia in bre­ve. Dopoessersirisollevatadallepe­santi distruzioni della guerra, Brera è stata riaperta al pubblico nel 1950, con una spesa di 50 milioni di lire, ovviamentefornitedalloStato(era­no altri tempi). Negli anni ’70 però la situazione era già drasticamente peggiorata. I soprintendenti Gian Alberto Dell’Acqua e Franco Russo­li denunciarono (a torto o a ragio­ne) l’inadeguatezza dei finanzia­menti erogati da Roma, l’assenza di aiuti per la manutenzione, le caren­ze di personale e, soprattutto, gli spazi angusti. Venne allora acqui­stato, nel 1972, per un miliardo e 148 milioni di lire Palazzo Citterio, a pochi metri dal Palazzo di Brera. Sembrava la soluzione ideale per un allargamento. Ne nacque inve­ceuntristevalzerburocratico. Risul­tato: il palazzo non è stato mai ade­guatamente utilizzato. Questa sto­ria, qui molto abbreviata, ha ovvia­mente influito negativamente sul museo. E sul numero di visitatori. Tra il 2005 e il 2008 si è andati di po­co sopra i 200mila visitatori l’anno. Solo in occasione del Bicentenario di Brera (2009) - quando si investì fortemente nelle mostre- il pubbli­co è aumentato del 50% arrivando a superare i trecentomila ingressi. Ma è stata una «resurrezione» breve. Appena le attività espositive, con relativo volano pubblicitario, si sono interrotte, le sale di Brera sono tornate a svuotarsi. Se il 2009 ha rag­giunto quota 336mila entrate; nel 2010 si era già scesi a 286mila. Nel 2011, stabili: 287mila visitatori. Nei primi sei mesi del 2012 si sarebbe re­gistrato un ulteriore ritocco verso il basso. Ma il dato, ovviamente, è in­completo. Va poi tenuto presente cheivisitatorinonsonotuttipagan­ti. A esempio, nel 2009, ci sono stati 336mila ingressi ma più di 150mila sono stati gratuiti. Da qui il disavan­zo crescente. Su cui si innesta an­che la burocrazia. Parliamo di nu­meri grezzi in possesso del Mibac (Brera infatti come la maggior parte dei musei non dispone di un bilan­cio autonomo). Nel 2009, anno del grande tentativo di rilancio, Brera ha incassato dai biglietti circa 1 mi­lione e 800mila euro, e dai servizi ag­giunti, come le audioguide, circa 156mila euro. Con un passivo, non impressionante, di circa 286mila euro (le rimesse del Mibac non so­no mancate). Nel 2010 Brera ha in­cassato dalla biglietteria 1 milione e 226mila euro e dai prodotti correla­ticomele­audioguideelemostrecir­ca altri 179mila euro. Rispetto ai co­sti questo ha portato ad un passivo di un 1 milione e 11mila euro. Nel 2011 gli incassi da biglietteria sono stati di circa 745mila euro, quelli dei prodotti correlati di 151mila euro. Nel frattempo il passivo totale sali­va a circa 1 milione e 570mila euro. Il bilancio del 2012 è ancora da defi­nire. In tempo di vacche magre, e col Mibac che non ripiana, il passi­vo rischia di superare i 2 milioni e 600mila euro, stando alle previsio­ni di Carla Camilla Cattaneo, Diret­toreamministrativodellaPinacote­ca.

Al di là delle cifre, stupisce il mec­canismo bizantino. I soldi non so­no gestiti da Brera, passano dalla concessionaria Ati-skirà (che trat­tiene un 10% per i servizi forniti) alMinistero delle Finanze e dal Mini­sterod­elleFinanzealMibaccheliri­gira a Brera. Insomma, nessun con­trollo diretto di bilancio. Per quan­to possa apparire strano, da tutto questo sono escluse le spese relati­ve al personale, che competono al Ministero delle Finanze. Si tratta di circa 6,3 milioni di cui 4,16 per la vi­gilanza, composta da 116 unità su 168 dipendenti. Queste spese sono pagate direttamente dal Ministero delle Finanze, non dal Mibac, ma escono comunque dalle tasche del­lo Stato.
Vi chiederete come sia possibile allora che la Pinacoteca vada a cor­to di liquidi, escludendo i costi del personale? Le note dolenti sono rappresentate proprio dai consumi dei servizi necessari (luce, riscalda­mento, acqua indispensabili per la climatizzazione dei dipinti), le cui utenze non possono essere econo­miz­zate e rappresentano nel bilan­cio la voce più pesante.

Tutto ciò im­mobilizza circa il 67% dei co­sti. Inoltrebisognaaggiunge­relamanutenzioneordina­ria degli impianti (di anno in anno più costosa per­ché iniziano a essere ob­soleti), che incide per 260mila euro, cui si ag­giunge il costo delle manutenzioni stra­ordinarie pari a 150mila euro cir­ca. Insomma co­me­spieganodal­l’amministra­zione le spese vive«ammon­tano a circa 2 milioni l’an­no »(altissi­me quel­le per la climati­zazione). E an­che per quanto riguarda il futuro le previsioni, si capisce par­lando sempre con Carla Camilla Cattaneo, restano fosche: «I costi delle utenze sono di circa 2 milioni l’anno. Con i soldi che abbiamo non possiamo investire, solo man­tenere l’esistente». Queste le cifre ma nei corridoic’è che si spinge un po’ più in là:«Siamo come uno stabi­limento periferico del Mibac, sia­mo l’ultima ruota del carro, ogni di­so­rganizzazione nasce là e poi ci ca­sca addosso ».Insomma,Brera se re­sta così com’è non può competere con nessuno dei maggiori musei stranieri e non solo quanto a introi­ti.

Ma anche per la semplice fruibili­tà: attualmente non è possibile esporre circa 700 dipinti che sono nei depositi climatizzati a vista.

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