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Così l'Italia si consegnò ai terroristi islamici

L'assalto al Tempio di Roma nel 1982 fu frutto di un pesante clima anti-israeliano

Così l'Italia si consegnò ai terroristi islamici

C'è stato un tempo peggiore di questo, in cui attacco terroristico e odio antisraeliano (e antisemita) si sono sposati giorno dopo giorno fino a pavimentare una strada larga e comoda per l'attacco alla sinagoga del 9 ottobre 1982. Alle 11,55 di mattina un commando palestinese assaltò il Tempio di Roma da cui uscivano soprattutto bambini per mano ai loro genitori, perché era il giorno di Shemini Atzeret, con la tradizionale benedizione dei ragazzini. Fu ucciso Stefano Gay Tachè, di due anni. Trentasette persone furono ferite, alcune molto gravemente.

Un libro edito da Viella, Attentato alla Sinagoga coi sottotitoli Roma, 9 ottobre 1982 e Il conflitto israelo palestinese e l'Italia scritto da Arturo Marzano e Guri Schwarz, ci riporta senza remissione verso quel giorno, e ci dimostra che non si sarebbe potuto evitare. Perché il carico di odio degli spari dei palestinesi godeva di una inverosimile supporto: gli israeliani e gli ebrei erano considerati da quasi tutta l'opinione pubblica italiana (e comunque dai media fuorché il Giornale, il Resto del Carlino e il Secolo d'Italia, scrivono gli autori) fascisti colonizzatori e neonazisti, e sempre di più via via dalla guerra del '67 fino a quella del Libano nell'82. I palestinesi invece venivano lodati come partigiani, fratelli dei cubani, dei vietnamiti, del movimento di liberazione antifascista in Italia.

Sullo sfondo, il volume fa balenare addirittura un accordo fra il governo italiano, il cosiddetto «Lodo Moro» che lasciava ai terroristi palestinesi campo libero contro i loro nemici ebrei israeliani (e poi anche ebrei italiani, come si è visto) col patto di non toccare gli italiani. L'attacco al Tempio, come dimostra il volume, non fu un'insorgenza sporadica, ma il frutto di una guerra ideologica che avvolse l'Italia e anche l'Europa di quegli anni fino ad afferrare Stefano nelle sue spire. Marzano e Schwarz raccontano come negli anni della crisi energetica, anche se non manca il terrorismo di origine etnica e religiosa (i baschi, i cattolici d'Irlanda) e politica (le Brigate Rosse, la Bader Meinhof, i vari gruppi neonazisti) prende già piede il terrorismo islamico, di cui quello palestinese è il primo motore. Increbile il numero degli attentati: l'oleodotto Siot, il giradischi esplosivo nella stiva di un aereo El Al, un attacco di missili all'aereoporto di Fiumicino schivato quasi per caso, un attentato sul nostro suolo patrio a Golda Meir in visita, un'autobomba in Piazza Barberini a Roma, le due spaventose stragi di Fiumicino, quella del 1973 e qualla dell'85, con decine di morti sempre per mano palestinese… e tanti altri.
In Europa era lo stesso, basta ricordare l'attacco agli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco dell'82, di cui peraltro il mondo si infischiò al punto che i giochi proseguirono. La logica per cui, nello stesso '85, gli assassini palestinesi che uccisero sulla nave Achille Lauro l'ebreo americano Klinghoffer sulla sedia a rotella gettandolo in mare, furono messi in salvo dal governo italiano, è scritta nelle pagine della guerra fredda. C'era una volta un mondo dei diseredati e oppressi, giustificati in ogni azione, anche la più perversa, dal ruolo di vittime, e dall'altra parte i colonialisti oppressori e imperialisti, gli americani e gli israeliani.

Ha qualcosa di simile alla perversione sessuale quello che si è scritto su Israele e sugli ebrei in quegli anni ancora vicini alla Shoah. L'Europa quando parla di ebrei perde la testa. Israele viene descritto dalla maggioranza degli articoli e dei testi politici come un serial killer, la formula del «nazisionismo» diventa comune sulla stampa e nelle manifestazioni, compresa quella della CGIL che depone una bara nera proprio davanti alla sinagoga prima dell'attentato. Per anni questa formula è stata universalmente accettata e riprodotta in vignette (anche di Forattini) e battute (anche di Dario Fo, premio Nobel). Giancarlo Pajetta, Rodinson, Avneri e tanti altri hanno creato la base teorica per la promozione dell'odio antisraeliano e antiebraico, fino all'omicidio. Il «lodo Moro» non funzionò, le stragi coinvolsero anche italiani: ma se ne spiegò la violazione dicendo che l'attacco a Fiumicino erano stato compiuto contro la linea aerea israeliana.

Se l'accordo con l'OLP lo strinse Aldo Moro, niente di più tragicamente ironico, dato che la sua fine fu scelta da quelle Brigate Rosse con cui scambiarono armi e consigli le organizzazioni palestinesi, libere, grazie al lodo, di scorazzare sul nostro territorio. È una triste parabola sul danno provocato dal credere di placare l'aggressore, aiutandolo a colpire la sua vittima.

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