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Mussolini voleva una moschea: ​il retroscena nascosto sul duce

Benito Mussolini era favorevole alla costruzione di una moschea in Italia, ma il Vaticano si oppose. Ecco cos'è spuntato tra le carteggi dell'epoca

Mussolini voleva una moschea: ​il retroscena nascosto sul duce

L'apertura degli archivi segreti del Vaticano su Pio XII consentono di apprendere informazioni sul rapporto tra la Santa Sede ed il fascismo, ma anche su come il regime gestiva gli "affari religiosi". Se non altro per via della contemporaneità di certi documenti. Quelli che peraltro dimostrano come Mussolini non fosse affatto contrario ad una moschea.

Papa Francesco non ha avuto paura della storia. Mentre emergono dettagli rilevanti sui tentativi messi in campo da Hitler per ostacolare l'azione del pontefice nato Pacelli, un particolare rischia di far discutere storici, politologi ed analisti. Benito Mussolini - come si deduce dalle carte - avrebbe voluto istituire una moschea in Italia. Meglio, il capo del fascismo sosteneva che una moschea fosse necessaria per soddisfare le esigenze spirituali di tutte le persone di fede islamica che dimoravano all'epoca nel Belpaese.

Al netto della propaganda sulla "spada dell'islam" e delle posizioni geopolitiche assunte dal regime durante il ventennio, Benito Mussolini sentiva la necessità di edificare qualcosa che assomigliasse ai templi che venivano costruiti per i cristiani non cattolici. Il duce non supponeva l'esistenza di pericoli. Lo sappiamo - come ripercorso dall'edizione odierna d'Italia Oggi - per via del carteggio tra il nunzio apostolico Francesco Borgongini, che tuttavia si oppose all'idea.

La Santa Sede, a differenza del vertice esecutivo italiano, non era così convinta della bontà di predisporre dei luoghi di culto per i musulmani. Il duca e nunzio apostolico, appresa la volontà del duce, si affrettò a parlarne con il ministro degli Esteri Galeazzo Ciano, che poi darà vita all'ordine del giorno del 25 luglio per cui tra l'altro verrà fucilato a Verona. Borgongini espresse ferma contrarietà, sottolineando cosa la moschea avrebbe rappresentato a suo parere, e cioè "una ferita al sentimento cristiano e cattolico da noi e in tutto il mondo". Tempi molto diversi rispetto a quelli odierni, in cui Santa Sede ed autorità islamiche dialogano al punto di sottoscrivere in maniera comune dichiarazioni sulla fratellanza universale.

Il Concilio Vaticano II contribuirà, poi, a modificare l'atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti della altre confessioni religiose. Prima di allora, i canali aperti con le autorità islamiche erano piuttosto limitati. Sarà fondamentale, in questo senso, la pubblicazione del documento conciliare Nostra Aetate. Chi si stupisce delle posizioni assunte da Mussolini in merito alla moschea, può per esempio prendere nota delle radici "atee e materialiste" del pensiero mussoliniano, che è stato circoscritto in "Dio non esiste", un libro curato dal professor Francesco Agnoli. Mussolini, in buona sostanza, non fondava il suo pensiero sulla dottrina cristiano-cattolica, anzi. E la ricerca del consenso, compreso quello dei cittadini di fede musulmana, sembra costituire, pure in questo caso, la ratio alla base della favorevolezza ad una moschea. I documenti però raccontano anche altro.

La Santa Sede, oltre al "no" alla moschea, aveva avanzato qualche perplessità anche in merito alla nomina di Benedetto Croce come presidente dell'Accademia d'Italia. L'illuminismo dei liberali non era digerito con facilità dai contesti ecclesiastici, che addirittura evidenziarono la natura di possibile "offesa" ai cattolici in relazione a quella scelta. E ancora un virgolettato di Pio XII che può contribuire a spiegare il perché la Chiesa cattolica non abbia tuonato in modo fermo contro le persecuzioni subite dagli ebrei all'interno dei campi di concentramento: "Gli italiani sanno sicuramente le orribili cose che avvengono in Polonia. Noi dovremmo dire parole di fuoco contro simili cose, e solo ci trattiene dal farlo il sapere che renderemmo la condizione di quegli infelici, se parlassimo, ancora più dura".

Il Papa temeva che i suoi moniti comportassero effetti peggiori di quelli già esistenti. Com'è noto, l'apporto di Pio XII per la salvezza degli ebrei, in specie di quelli di Roma, è molto discusso.

Poi, scorrendo tra le pagine, emergono il principio della parabola politica di Giulio Andreotti e il sentimento oppositivo di Alcide De Gasperi nei confronti di un summit tenutosi tra un cardinale palermitatono ed un gruppo di appartenenti al Movimento Sociale Italiano.

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