Un covo di pirati in Grecia: ecco dov'è la Tortuga europea

Grabusa, a nord-ovest dell'isola di Creta, fu un covo di pirati che presto divenne l'incubo non solo degli ottomani ma anche dei mercantili europei

Un covo di pirati in Grecia: ecco dov'è la Tortuga europea

Per molti di noi, i pirati sono solo un fenomeno lontano nel tempo e nello spazio, spesso riferiti a passati mitici o relegati agli angoli più remoti del mondo, dai Caraibi a Malacca. Ma i pirati sono stati anche un problema europeo. E oltre ai ben noti corsari barbareschi che per secoli hanno infestato il Mediterraneo, alcuni gruppi di pirati ci sono stati anche tra i cittadini europei e cristiani. E in un'epoca, quella del 1800, dove tutto ci si può aspettare meno che nel cuore del Mare Nostrum vi fosse una comunità di pirati che metteva in pericolo il commercio via mare.

Questa curiosa storia dimenticata dell'Ottocento ha come teatro la Grecia, e in particolare Creta, isola che ancora oggi è al centro della strategia di tutte le potenze coinvolte nel Mediterraneo orientale.

Nel 19esimo secolo, i greci erano impegnati in quella che passerà alla storia come la grande guerra di indipendenza contro l'Impero ottomano. Fu una guerra che vide eccidi, gesti eroici, interesse delle grandi potenze europee e l'arrivo di volontari da tutto il Vecchio Continente. Unbprimo laboratorio di guerra di civiltà contro un impero che per gli europei che arrivavano dal Secolo dei Lumi era solo un simbolo di oscurantismo e di prevaricazione.

Ma mentre la guerra invadeva tutto il territorio ellenico, in molte isole non c'era quel senso di ribellione romantica che pervadeva i comandanti più idealisti e i villaggi in rivolta. Alcune comunità iniziarono a organizzarsi come centri indipendenti da qualsiasi potere centrale e i pescatori dell'Egeo scelsero in molti casi la via della pirateria. Non una guerra da corsa come avveniva nell'Atlantico, ma una forma di guerriglia composta da pirati che, se prima colpivano solo gli ottomani, presto iniziarono a prendere di mira tutti i bastimenti che facevano rotta nel Mediterraneo orientale e nell'Egeo.

Una delle "capitali" di questo nuovo fenomeno dei pirati greci divenne Grabusa, un isolotto sulla punta nord-occidentale di Creta. Un'isola circondata dal mare cristallino e dalla laguna di Balos che già i veneziani avevano individuato come roccaforte per il proprio dominio su Creta. Battuta da venti feroci, circondata dalle rocce, e con un forte a più di cento metri a picco sul mare, Grabusa era praticamente perfetta per difendere la costa. E non è un caso che la Serenissima volle a ogni costo quel luogo.

Nel 1825, Grabusa era sotto il controllo di ribelli che si erano rifugiati lì per sfuggire al controllo del vicereame d'Egitto. I rivoltosi conoscevano perfettamente l'isola e sapevano di quella fortezza veneziana che la leggenda voleva inespugnabile. E così si riunirono lì in attesa di poter colpire nuovamente i turco-egiziani.

L'attesa però divenne presto un incubo. L'isola non aveva alcun tipo di materia prima né di fauna selvatica, coltivarla era impossibile e non c'era modo di allevare animali. E ai centinaia di fuggiaschi riparati nell'isolotto non rimase altro che darsi al mare e diventare pirati. Una scelta che li trasformò in pochissimo tempo nell'incubo di tutte le flotte mercantili del Mediterraneo. I grabusini, infatti, iniziarono a saccheggiare tutti i bastimenti che solcavano le acque di Creta.

Una comune di pirati che iniziò anche ad attrarre fuggitivi da tutta la Grecia, diventando una vera e propria città-Stato marinara. Come racconta Thomas Gordon, i pirati costruirono addirittura dei caffè, una scuola e una chiesa dedicata alla Panagia i Kleftrina, "patrona dei ladri". Un'organizzazione para-statale che a molti potrebbe ricordare la mitica Tortuga o Mompracem, e invece era proprio nel Mediterraneo orientale, a ovest di Creta.

La fine di questo sogno dei pirati greci arrivò con l'avvento delle forze britanniche, francesi e russe a sostegno dell'indipendenza ellenica. Ioannis Kapodistrias, presidente della nuova Grecia, comprese che quel covo di pirati era un problema per l'economia locale e per i suoi alleati, che avevano reso possibile la vittoria di Navarino con cui venne distrutta la flotta ottomana. E per questo si passò alle maniere forti.

Come racconta Aldo Antonicelli su Ocean4future, gli inglesi ordinarono alla fortezza di cessare ogni attività piratesca e di dedicarsi insieme agli altri cretesi a colpire solo gli ottomani. Ma a Grabusa prendevano tempo, visto che era impossibile capire se gli accordi sarebbero stati rispettati. I britannici, dopo estenuanti trattative con i grabusini - che ormai a migliaia controllavano la fortezza - riuscirono a entrare anche grazie all'aiuto dei greci. Il comandante britannico Staines, dopo aver requisito la flotta dei pirati e perso anche alcune navi nelle varie schermaglie con la fortezza, ordinò che l'isola fosse abbandonata e gli edifici distrutti. I greci, insieme a un centinaio di fanti di marina inglesi, trovarono di tutto: le merci di contrabbando erano ovunque e rappresentavano un tesoro enorme frutto di anni di saccheggi.

La cronaca narra che queste merci furono spedite a Malta, ma la leggenda vuole che il vero tesoro non sia mai stato trovato.

I miti locali raccontano di un vero e proprio Eldorado nascosto in chissà qualche grotta nascosta tra il mare cristallino che circonda quello scoglio battuto dalle correnti. E chissà che qualcosa non sia ancora veramente sepolto tra il forte veneziano e le rocce che affiorano dal blu profondo del mare di Creta.

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