Dallo scandalo Vatileaks è emersa una Chiesa devastata da intrighi e trame amministrativo-finanziarie. È quella «clericale», allergica ai cambiamenti e autoritaria nei modi, che si scontra con la Chiesa nata dal concilio Vaticano II ma la cui evoluzione riformatrice è stata poi bloccata. Gianfranco Svidercoschi, nel suo ultimo libro Il ritorno dei chierici. Emergenza Chiesa tra clericalismo e concilio (EDB), studia il difficile confronto tra queste due Chiese, convinto che da esso si deciderà il futuro del cattolicesimo.
Credente convinto, ma spietato nelle accuse e nell'analisi, l'ex vicedirettore dell'Osservatore romano mette a nudo una realtà scomoda. Quella dello strapotere della Curia romana, che dopo la scossa del ciclone Wojtyla cerca di allargarsi con Papa Ratzinger. Una struttura clericale gerarchica, pronta a pronunciarsi su politica, economia, scienza, ma poco convincente sulla fede. «Benedetto XVI - scrive Svidercoschi - si trova in una congiuntura peggiore di quella che ha affrontato il suo predecessore». Per «aggirare l'ostacolo» ha scelto il profilo del teologo, ma gli scandali sugli abusi sessuali dei preti, sulla corruzione, hanno impedito al suo disegno riformatore di decollare. E, per l'autore, hanno fatto muro errori e inadempienze della gerarchia che non ha collaborato, quando non ha remato contro. Contro il neoclericalismo, secondo Svidercoschi, ci vorrebbe una vera riforma della gestione del potere, cui naturalmente si oppongono i chierici che occupano le stanze dei bottoni.
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